15 novembre. Da: I Quaderni del 1943 di Maria Valtorta

15 novembre 1943

 Dice Gesù:

«Il Padre ti guarda. Come un uccellino sta caldo a sicuro sotto le vigili cure dei genitori, così sta’ tu sotto l’occhio di Dio che ti guarda con amore. Pensa che sei covata, scaldata, nutrita dall’Amore.

Dio Eterno, Padre nostro, ti sta sopra. Vedi e senti questa forza che dilaga su te dal sommo dei cieli, questo riso che ti empie di soprannaturale letizia, questa luce che ti scalda e ti conduce. Hai bisogno di vederla con l’occhio della mente per potertene oggi fare il tuo pane.

Altro cibo ti verrà dato. E bene amaro. Ma questo nutrirà talmente lo spirito tuo da rendere quell’amaro incapace di uccidere.»

     Mentre correggevo i fogli dattilografati, ebbi improvvisamente questa comunicazione. La ebbi in momenti in cui leggevo fogli tutt’altro che lieti e miei personali. Erano dettati di una severità generale e tremenda. E contemporaneamente ebbi la vista intellettuale dell’ “amore del Padre”.

Dico “amore del Padre” perché non potrei dire di avere visto l’Eterno Padre così come vedo il Figlio: umanamente. Ma pure l’ho visto. E se parlando a suo tempo di Maria Ss.[1] ho detto che ho visto il corpo spiritualizzato di Maria come una emanazione di luce nella luce, ma sempre in forma di corpo, ora potrei dire che ho visto una immensa Luce, di una letizia incomparabile, dalla quale traspariva un’idea di volto. Dico: idea, perché era come se l’immensa luce lo velasse di strati e strati di splendore per potermene rendere capace di vederlo col mio povero occhio umano.

Un volto proteso su me e due braccia  tese come per proteggermi o abbracciarmi. Null’altro. Quel che, che intravvidi, era di incomparabile bellezza. Lo sguardo vivo di una perenne giovinezza e pure infuso di una dignità di età matura e di una bontà di sguardo di vecchio. Ugualmente il viso era maestoso, ma senza segni di vecchiezza o di eccessiva gioventù. Un volto perfetto di età e di forma.

Povere parole mie, come mi fate pietà per la vostra insufficienza a descrivere!

Quello poi che è assolutamente indescrivibile è ciò che il mio Gesù dice “il riso” del Padre. È un moto che non ha voce, ma ha in sé tutte le più confortanti parole. Ed io, proprio come un uccellino fino a quel momento tremante di solitudine e paura, di freddo e di languore, me ne sento penetrare, scaldare, rendere sicura.

Sia benedetto l’Altissimo che mi permette  di comprendere la sua santissima paternità per una povera creatura quale sono.

 


[1] Nello scritto del 12 settembre.

 

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