17 dicembre. Da: I Quaderni di Maria Valtorta

17 dicembre 1943

Dice Gesù:

«L’incredulità[1] è una delle piaghe maggiori di questo vostro tempo di sventura.

Alle parole della Fede non credete o ci credete nel modo che piace a voi: relativo e accomodato al vostro metodo di vita.

A Dio non ci credete con semplicità e fermezza. Discutete, cavillate, misurate con le vostre misure su ciò che è infinito e ottenete di giungere a negare perché non sapete spiegare.

La potenza di Dio la negate in pieno poiché non ammettete che Dio può suscitare santi anche dalle pietre e dar parola alle anime mute. Dio fa quanto vuole, e a confondere i superbi prende i piccoli e li fa grandi poiché entra in loro e diviene il loro “tutto”.

Voi negate il miracolo. Ossia ammettete quei miracoli che vi fanno comodo. Gli altri, e non sono meno grandi, per il fatto d’esser spirituali, dite che non possono esser possibili. E che? Mi mettereste delle limitazioni? Vi ho forse chiesto consiglio e approvazione per agire? Vi ho chiesto aiuto? No. La buona volontà dei miei servi mi basta per suscitare il miracolo, che voi negate, di fare di un nulla un mio servo. La vostra cooperazione, o farisei negatori, non ve la chiedo e non mi occorre.

Ricordatevelo e siate meno increduli e superbi. Abbassate la vostra testa orgogliosa e permettete così al vostro spirito di salire. Dio, vedendo che credete in Lui, umilmente e tenacemente vi concederà il miracolo della trasformazione del vostro cuore, pieno di umani impacci, in quella di un cuore che la Fede riconsacra.

Non abbiate mai paura di chi vi è Padre. Amatelo e beneditelo sempre, perché Egli non ha per voi che un amore infinito il quale tutto compatisce e perdona sol che veda in voi la retta intenzione.

Ma è questa che vi manca. Le vostre azioni portano tutte un germe non retto. Rare come perle nere sono quelle creature le cui intenzioni hanno un solo fine: la gloria di Dio senza preoccupazione di stima umana. È per questo che Io non ascolto le vostre parole, rendendovi, con uguale misura, ciò che voi fate a Me col non ascoltare le mie parole.

E finché rimarrete la generazione perversa che siete, nemica a Dio e allo spirito e amica della carne e del sangue e dell’Aizzatore della carne e del sangue, non godrete della vera pace. Vera: non illusoria come la stasi di un male cronico che altro non è che segreta raccolta di nuove tossine destinate a traboccare poi nel sangue per dare aggravamento sempre più forte al male che uccide.

Le vostre paci sono uguali. Non sono che raccolte di forze e di mezzi per future più demoniache guerre. Ve l’avevo detto[2] e fatto dire dalla santa Madre mia, da miei servi a cui era svelato il futuro. Ma voi negate il miracolo, voi negate la rivelazione, voi negate Dio.

Cosa non negate voi? Tutto quello che non è frutto della vostra superbia negate, e agite non secondo le luci che vengono dall’alto ma secondo i fumi che escono dal vostro essere acceso dalla superbia, aizzato dalla prepotenza, insatanassato dalla triplice lussuria.

Ed Io che sono curvo come un Padre, che sono Amore per chi m’è fedele, non posso benedire i vostri disegni ed essere reggitore delle vostre imprese. E, ricordatelo, chi non ha Dio con sé perisce


A complemento di tutto il mio soffrire vedo, distintamente, Maria Ss. tutta vestita di nero. Tutta: velo, abito, manto, la quale va con volto d’infinita tristezza come per un giardino. Dico giardino perché ci sono dei fiori, ma non vedo aiuole vere e proprie. Vi sono dei fiori e dei sentieri. Non vedo altro.

La Madonna si curva a cogliere i fiori. Aggiungo, per spiegare meglio, che sembra che un uragano si sia abbattuto su quel luogo, perché erbe e fiori sono parte spezzati, parte piegati nel fango del sentiero. Maria raccoglie quelli spezzati e li bacia, scansa col piede quelli piegati nel fango, ma non li coglie. E piange.

Ad una mia intellettuale domanda risponde:

              

 

«Sono anime sacerdotali sulle quali il mondo e Satana si sono accaniti e si accaniscono particolarmente in questi tempi.

Quelli spezzati sono gli uccisi dall’odio del mondo: i martiri di questo secolo. Li raccolgo e li porto al Cielo perché sono la Madre del Sacerdozio e porto i miei figli fuor dall’orrore nella Luce che si sono meritata. Li raccolgo nel mio manto per versare questa santa fiorita ai piedi del trono di Dio.

Gli altri sono i sacerdoti che si sono lasciati curvare, per utilità umana e per quietismo, quando non per ribollire di orgoglio, da eventi o dottrine che li spogliano dalla loro armatura preservatrice. Hanno perso la tempera che ha loro infuso il carattere sacerdotale e sono divenuti pieghevoli ai venti umani fino a macchiare la loro seta fiorita col fango della terra.

Piango sul dolore dei primi e sull’errore dei secondi. Ma il mio pianto sui primi si tramuta in perle eterne destinate alla loro corona. Sui secondi non è che dolore che vorrebbe salvarli e non può se prima non sono loro quelli che piangono su se stessi.

È il dolore più grande dei miei dolori di Madre universale per i suoi figli che offendono il mio Primogenito morto per dare la vita a tutti i miei figli. In questi giorni in cui si rinnova il mio gaudio di Madre di Dio, il mondo trova modo di cangiare la mia veste di candida gioia in veste di lutto, uccidendo i miei sacerdoti o le anime – doppia morte e senza speranza – di essi.

Prega e soffri per aiutare i martiri e per salvare i colpevoli.»

 

 

 


[1] L'incredulità è il tema del brano biblico cui appartengono i versetti del rinvio che la scrittrice mette accanto alla data: Deuteronomio 1, 26.29.35.43 (ma sbaglia scrivendo Cap. II).

[2] l'avevo detto, per esempio il 15 agosto.

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