25 ottobre. Da: I Quaderni del 1943 di Maria Valtorta

25 ottobre 1943

Dice Gesù:
«L’uomo si crede potere sindacare Iddio e le sue opere.
Perché fa questo? Per irriflessione soltanto? No, sempre per superbia. È sempre il veleno, uno dei tre veleni di Lucifero, che agisce in lui. Nella sua superbia non valuta la differenza fra lui e Dio, e lo tratta alla pari.
È vero che Dio vi chiama suoi figli, fatti a sua immagine e somiglianza, ma ditemi, o uomini, nei rapporti fra padre e figlio, che seguano anche unicamente la legge di una coscienza retta, un figlio tratta alla pari col padre suo? No. L’amore del padre non esime il figlio dall’essere rispettoso verso il padre. E il grande amore del figlio, anche per il più buono dei padri, è sempre infuso di riverenza come quello del padre di autorità. Sarà autorità fatta di sorrisi e parole buone, ma sarà sempre autorità che consiglia e regola.
E dovrebbe essere diverso per il Padre santo? Ma se un padre della terra merita il vostro riverente, riconoscente amore perché col suo lavoro vi nutre e veste, se merita il vostro rispetto perché la sua esperienza vi guida, se merita la vostra ubbidienza perché egli è la più grande autorità che abbiate come singoli – e tale fu da Adamo in poi – Dio, il Padre che vi ha creato, che vi ha amato, che ha provveduto ai vostri bisogni, che vi ha salvato attraverso il suo Figlio nella parte che non muore, il Padre che regola tutto l’Universo – pensate: tutto l’Universo – perché sia servo all’uomo e gli dia piogge e rugiade, gli dia luce e calore, gli dia guida e cammino, gli dia cibo e vesti, gli dia voce e conforti, gli dia fuoco e bevanda attraverso il corso dei venti e gli evaporamenti delle acque che formano le nubi che irrorano la terra, attraverso il sole che l’asciuga e feconda e coi suoi torrenti di luce sterilizza dai morbi e consola la vita, attraverso gli astri che simili a eterni orologi e a bussole senza difetto vi segnano l’ora e la direzione del vostro cammino per terre e deserti, per monti e oceani, attraverso le messi, i frutti gli animali e le erbe, attraverso i canti e i linguaggi degli animali a voi servi, attraverso le piante vive o sepolte da millenni e le sorgenti che non solo dissetano ma curano i vostri mali perché in esse ha disciolto elementi salutari, non deve essere amato, rispettato, ubbidito, servito, questo Dio Padre vostro? Servito non perché siete servi, ma perché è dolce e giusto dare, a chi fa tanto per voi, quel poco che potete dare nella vostra pochezza.
E voi, figli di Dio e fratelli del Cristo che vi parla per insegnarvi ad amare, non avete che dare al Padre nostro, santo e mirabile – poiché Egli di nulla abbisogna, Signore come è dell’Universo che a Lui ubbidisce come voi non sapete e non volete – non avete che dare amore poiché Egli vuol questo amore da voi come io, Dio come Egli e Figlio suo santissimo, gli ho dato e gli do.
Questo il dovere vostro. E come questo dovere si esplichi, ve l’ho già mostrato. Amatelo ubbidendolo e farete il dovere vostro. E, dopo averlo amato con l’ubbidienza alle sue voci d’amore, non arrogatevi il diritto di lamento se Egli non ve ne compensa ad usura.
Quale diritto ne avete? Ditevelo sempre: “Non abbiamo fatto che il nostro dovere”. Ditevelo sempre: “Dio lo ha fatto prima di noi”. Ditevelo sempre: “L’apparente mancanza di premio non è che per i sensi. Dio non lascia senza premio chi lo ama e ubbidisce”.
Sapete voi, polvere spersa al suolo, i segreti dell’Altissimo? Potete voi dire di leggere i decreti di Dio, scritti nei libri del divino amore? Voi vedete il momento presente. Ma che sapete voi del minuto che segue? Non riflettete che ciò che vi può parere un bene nell’attimo presente è un male nel futuro, e che se Dio non ve lo concede è per evitarvi un dolore, una fatica superiore a quella che vivete? Ma se anche fosse, se anche fosse, vi è lecito imporvi a Dio? Che avete fatto di più di quanto dovevate? Non pensate che non voi ma Dio è sempre in credito verso di voi, perché Egli vi dà infinitamente di più di quanto voi gli date?
O Giustizia che sei Bontà! O Giustizia sublime e santa che sei giusta verso Te sola e sei misericorde verso i tuoi figli! O Giustizia, fiume che non straripa per punire ma per effondere le sue onde fatte dal Sangue santo delle mie vene, fluito sino all’ultima stilla, fatto delle lacrime di Maria, fatto dell’eroismo dei martiri e dei sacrifici dei santi, fiume la cui corrente è Pietà e che preferisci tornare alla sorgente con un miracolo di potenza, perché la Misericordia è il tuo argine ed è più forte del tuo sdegno, e l’Amore è l’altra diga, ed è amore di un Dio che di Se stesso ha fatto baluardo per riparare l’uomo dal castigo e conquistarlo alla Vita!
Amatela questa Giustizia che si duole di punirvi, amatelo questo Padre il quale compie il suo dovere di padre ed è benigno a non chiedervi l’esattezza nel compiere il dover vostro.
L’ho detto e lo ripeto: Per un atto vero di amore, Dio ferma anche il moto degli astri, revoca il decreto del Cielo. Se la fede può smuovere alberi e montagne, l’amore vince Iddio. Ogni atto di amore vero fa balenare di centuplicati fulgori il divino vortice di fuoco e luce in cui viviamo amandoci, fa trascolorare i Cieli di gioia per la gioia del Dio Uno e Trino, e come da celeste nube fa scendere grazie e perdono anche su chi non sa amare per pietà di chi sa amare.
Amate e benedite il Signore. Come sapete chiedere e come esigete d’essere ascoltati, sappiate ringraziare. Troppe volte ve ne dimenticate. La grazia di Dio si ritira anche perché siete terre sterili che non sanno esprimere un fiore di riconoscenza per il Padre che vi cura.
A coloro che sanno ricordarsi d’esser figli anche nella gioia io dico benedicendoli: “Andate in pace. La vostra fede amorosa vi salva ora e sempre”.»

Dice ancora Gesù:
«Bisogna che il granello muoia per diventare cibo di vita. Quando non sarai più di questa terra, allora verranno a sfamarsi del pane della Parola che io ti ho dato per i fratelli.
L’uomo è tal essere che solo davanti all’olocausto si arrende. Io ho ottenuto dopo la morte. Tu non sei di più del tuo Gesù. Non temere. Ciò che ora pare cadere su pietra impenetrabile, germinerà quando tu sarai divenuta spiga nel mio Regno. Ma prima viene il lavoro della vita e il buio della morte.
Ogni missione per riuscire ha bisogno di lacrime, sofferenza, derisione, sacrificio. Lascia che deridano. Poiché non vogliono vedere e udire, quelli che più ne hanno bisogno, accumulerò su loro tenebre e silenzio. Né potranno meco rammaricarsene, perché loro, e loro soli, hanno voluto questo con la loro pertinacia all’accidia dello spirito, alla superbia dello spirito, alla negazione del potere dello Spirito Santo.
Che ho detto per chi pecca contro lo Spirito Santo? E non sanno che nel Cristo è il Padre e lo Spirito? E non ricordano che ho detto che il Consolatore sarebbe venuto a portare la Luce? Ma il Consolatore, lo Spirito di Vita, è Uno con la Parola del Padre e col Padre. Negando Me e la Parola che io sono, si nega il Padre che permette alla Parola di effondersi ancora, si nega lo Spirito che muove la Parola.
Non rinnegateci. Ma guai a voi se negate lo Spirito che scende con le sue luci a far di una creatura una luce e a purificare col suo Fuoco una carne perché possa trasmettervi le parole della Sapienza. Se lo strumento è vile, Noi che l’abitiamo lo facciamo divenire degno d’essere accettato, esso e ciò che esso vi dice di dovervi dare a nostro nome. Non sta a voi giudicare. Io prendo i poveri e i pargoli per farne i dignitari del Cristo Re.
“Essi” sono già giudicati, Maria, per la loro pervicacia intrisa di umanità, di quella sola. Lascia che i “morti” si seppelliscano da se stessi. Tu resta nella Vita e procedi. Quando sarai in Essa completamente, verrà la glorificazione e l’amore senza più ostacoli.»

 

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