26 febbraio. Da: I Quaderni del 1944 di Maria Valtorta

26 febbraio 1944

Commentando il Salmo 93°.

Dice Gesù:

«Quante volte l’uomo, specie in questi momenti, non dice: “Ma, Signore, perché non intervieni a punire? Da’ ai superbi, ai cattivi, quanto si meritano. Se sei giusto, come puoi lasciare che i malvagi trionfino e i tuoi fedeli soffrano?”.

Figli, vi ricordo una parola del Vangelo: “Prima di levare la pagliuzza all’occhio del fratello, levate la trave dal vostro”.[1]

È vero che siete tormentati dai “grandi peccatori”. Ma non siete neppure voi senza peccato. I vostri peccati, molto minori rispetto a quelli enormi dei corruttori del mondo, si sono andati accumulando continuamente fino a che hanno provocato lo sdegno di Dio.

Dovete pensare che Dio, Perfezione e Giustizia, giudica i grandi ed i piccini, ed è ripugnato del peccato grande del grande e del peccato minore del piccolo. Se dunque dovesse intervenire a punire i grandi, come invocate, perché non gli è lecito punirvi dei vostri ripetuti e numerosi peccati?

Sono peccati di nazioni intere. I cittadini di esse hanno dimenticato, sostituito Dio con infiniti altri dèi, che vanno da un “uomo” fra loro ad un’idea, da un’idea a un complesso di abitudini morali, ossia amorali, delle quali non ve ne è una che sia da Dio approvata.

Che è avvenuto, perciò? Quello che avviene di una frana di rena. Vi sono posti sulla terra nei quali, per una speciale configurazione del suolo e per una sua speciale composizione, si accumulano sabbie trasportate lentamente ma continuamente dai venti in quel dato posto. Ci vogliono dei secoli, ma viene il momento che l’accumulo è tale che non può più essere sopportato da quella ruga della terra, ed essa lo scrolla da sé provocando catastrofi che inghiottono paesi e talora città intere.

Se l’uomo fosse attento, provvederebbe a bilanciare l’opera dei venti con l’opera sua e spazzerebbe questi accumuli con tenacia pari a quella degli elementi. Invece non fa attenzione, ma anzi si rallegra che questi portino strati di terra dove prima era roccia o insabbino un estuario aumentando l’area coltivabile; e sfrutta il pseudo-dono del vento infido e della subdola corrente facendone fonte di lucro per godere e trionfare di più, magari a detrimento del vicino paese.

Guardare a quel granello di polvere? Ma no! Cosa può fare di male? Tanto male nella sua piccolezza, che diviene grande per la cooperazione di infinite altre piccolezze, da provocare una catastrofe. Nulla di più piccino di un granello di rena. Ma mettetene milioni e miliardi insieme e poi fateli precipitare, e vedete che orribile morte vi provocano.

Cosa è quel difetto? Quell’abitudine amorale? Niente: una piccolezza. Peccato grave? Ma no! Peccato veniale? Neanche! Una sola imperfezione dovuta alla fretta della vita di oggi, alle imposizioni di un complesso di circostanze. Vi dite: “Non siamo più nel medioevo. Bisogna essere all’altezza dei tempi. Vedute più larghe. Non pensare che Dio è sempre lì con foglio e penna a segnare le mie omissioni, le mie soddisfazioni, le mie transazioni. Oggi ho preferito trattare un affare che andare alla messa domenicale, o anche avere quel dieci minuti di colloquio con Dio che è la preghiera mattinale o serale. Ma se non approfittavo di stamane, quel cliente, quel professionista, non lo trovavo più; ma se perdevo quei dieci minuti, perdevo la possibilità di giungere in tempo. Domani…”.

Dieci minuti! Siete stati mezz’ora a crogiolarvi nel letto, un’altra mezz’ora a questionare con la moglie ed i domestici, quasi un’ora a lisciarvi come degli effeminati. E poi non trovate dieci minuti per il vostro Dio. Avete sei giorni per trattare gli affari e ciondolate senza concludere nulla. Solo la mattina di domenica trovate che è urgentemente necessario fare quella cosa. Ma quel professionista, quel cliente, è libero solo alla domenica! Perché? Se nessuno si facesse trovare per i suoi malvezzi, egli dovrebbe decidersi a dedicarsi ai suoi affari negli altri sei giorni.

Siete amorali l’uno e l’altro e non vi curate di Dio. Ecco tutto.

E così: cosa è di male la mia piccola calunnia? Non è neanche calunnia, è mormorazione. Neppure: è una barzelletta detta alle spalle di Tizio e Caio, per ridere, per farsi vedere bene informati, per entrare nelle grazie dei superiori e dei potenti. Ma in fondo quella persona la stimate. Si sa… I superiori bisogna accarezzarli per carpire loro protezione e posti buoni. Si sa… morte tua vita mia, e se al tuo posto ci vado io, che ho famiglia piena di esigenze, meglio. Tanto tu, collega, sai vivere più modestamente.

E così commettete un furto di reputazione e di posto. Siete dei ladri, o ipocriti, per soddisfare alle esigenze, ai capricci dell’epicureismo familiare, della vanità sociale o femminile.

E così: cosa è di male fare un poco di corte a quella signora e questa farsela fare? È levare alla vita la monotonia. Dopo torniamo semplici amici come prima. Cose senza conseguenze. Non bisogna essere dei puritani.

Siete degli adulteri, o ipocriti. E lo siete talora sotto gli occhi dei vostri figli che sembra non vedano, ma vedono tutto, e che scandalizzate e obbligate a giudicarvi.

Cosa è di male emanciparsi dai genitori, dal marito, essere indipendenti, farsi la propria vita come più ci piace? Cosa è fare del matrimonio un utile di avere una infermiera e una serva nella moglie o uno che fatica nel marito per i nostri bisogni e capricci, ma non una missione di procreazione e di allevamento? i figli è bene non vengano o vengano poco numerosi. Sono crucci, sono spese, sono ragioni di rancori fra i parenti A o B, fra i figli stessi che li hanno preceduti. Niente più figli dopo quell’uno o due che, non si sa come, hanno proprio voluto nascere. E nati che siano, niente logorarsi per essi. Nutrice, bambinaie, istitutrice, collegio. Dite così voi.

Siete degli assassini, o ipocriti. Sopprimete delle vite o delle anime. Perché, sappiatelo, per quanto un collegio sia buono e perfetta una istitutrice, non è mai la mamma, il padre, la famiglia. Quei figli, che sono stati di tutti fuorché vostri, come vi possono amare di quell’amore grande che continua a stare unito al vostro interno come avesse radici in voi? Come possono quei figli capirvi se voi siete degli estranei a loro e viceversa? Che società deve venire da popoli in cui la prima forma della società: la famiglia, è cosa arida, morta, scissa? Un’anarchia in cui ognuno pensa a sé, se pure non pensa a nuocere agli altri?

E quelle monete che risparmiate negando ad un figlio di nascere, cosa credete che siano nel vostro portafoglio? Tarlo che distrugge la sostanza, perché ciò che non spendete per un figlio, spendete tre volte aumentato per divertimenti e lussi inutili e nocivi. E perché vi sposate allora se non volete avere dei figli? A cosa riducete il talamo? il rispetto per il mio “portavoce” mi fa tacere la risposta. Ditevela da voi, indegni. Sono tante piccole cose, se confrontate ai delitti dei grandi peccatori. Ma provocano la valanga. Quella che vi sommerge.

L’ho già detto[2]: Se i grandi avessero avuto di fronte – non dico contro, dico di fronte – un popolo moralmente, cristianamente sano, compatto nell’ubbidienza alla legge di Dio e della morale anche umana, non avrebbero potuto giungere ai loro delitti. Il loro satanismo si sarebbe spezzato come spada di vetro contro un blocco di granito, si sarebbe polverizzato. E Dio vi avrebbe benedetti e protetti.

Voi invece avete ammirato i delinquenti maggiori, nei quali vedevate quella perfezione di delinquenza che non potevate raggiungere voi, quella perfezione di amoralità che vi piaceva perché giustificava la vostra. Dicevate: “Se così fa lui che ammiriamo, posso fare così io pure”. Dicevate: “Se Dio protegge lui che è così, proteggerà anche me che sono molto meno”.

O stolti! Ma credete realmente che Io protegga chi, per trionfare e giungere a farsi di un altro un complice per trionfare con qualunque mezzo, “ha trucidato la vedova e l’ospite e assassinato gli orfani”? (v. 6-15-21 del salmo 94). Chi ha tradito la fiducia altrui? Chi ha mentito a popoli interi? Chi non si è peritato di spingere al macello intere nazioni? Ma Io vedo e sento e noto. Ed è il mio dolore non potere intervenire, perché quando intervengo voi mi frustrate l’intervento con la vostra malvagità. Siete tanto avvelenati che del bene ne fate un male.

Ora Io parlo a voi come foste retti di cuore, tutti, anche quelli che retti non sono. Vi voglio invitare ancora una volta.

Popolo mio, vieni al Signore. Io, il Signore, non rigetterò il popolo che viene a Me e, se mi starà vicino, provvederò ad esso “finché la giustizia non diventi giudizio, ossia finché il tempo non avrà termine e comincerà l’eternità” (v.15). Aprirò le mie braccia a far scudo a chi in Me crede e mi invoca con cuore contrito e fiducioso della mia misericordia, e “li difenderò da coloro che vanno a caccia del giusto e condannano il sangue innocente” (v. 21). Poco ve ne è sulla terra, ma per quel poco darò ancora la grazia.

Ma, ed è il vostro Dio che ve ne scongiura, ma tornate a Me. Vogliate tornare a Me. Liberatevi singolarmente dalle vostre colpe, di non fede, di disubbidienza morale, di vizio settemplice, e poi Io libererò la collettività dai suoi flagelli.»


[1] Matteo 7, 3-5; Luca 6, 41-42.

[2] Il 28 luglio 1943, ne «i quaderni del 1943»

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