29 novembre. Da: I Quaderni del 1943 di Maria Valtorta

29 novembre 1943. Daniele Cap. 9° v. 20‑27

 Dice Gesù:

«Sempre dal cominciare della preghiera la grazia del Signore scende su voi. Parlo della preghiera santa, non della stolta richiesta di cose inutili, o da Dio e dalla morale retta riprovate. L’Eterno che veglia su voi dai Cieli non ha cuore di bronzo simile al vostro che siete duri ai fratelli e ingrati a Dio. Egli subito si piega su voi quando con cuore umile, amoroso e fidente, quando con sacrificio e costanza, chiedete a Dio pietà.

Pane e conforto, scienza e guida vi dà Dio quando a Lui vi rivolgete. E se non sempre siete esauditi, non pensate di rimanere senza risposta al vostro pregare. Per un che, negato da una Intelligenza che tutto conosce, voi ricevete altri doni che non sempre subito apprezzate e dei quali non siete subito riconoscenti. Ma prima o poi dovete riconoscere questa  Bontà intelligente che vi cura. E se qui non lo conoscete, sarà certamente oltre la vita della terra che conoscerete quanto fu grande e buono con voi il Signore.

A Daniele che ancora pregava ‑ e la preghiera di lui potreste dirla anche ora ‑ il mio angelo parlò.

Il Consolatore, che è anche l’Annunziatore, non è mai disgiunto da ciò che mi riguarda. Messaggero di Dio, spirito ubbidiente e amoroso, fece sempre suo gaudio portare i voleri di Dio agli uomini e consolare coloro che soffrono. Non lasciò rapido il Cielo unicamente per l’annunzio beato, per consolare Giuseppe, per confortare la mia tremenda agonia. Già ai profeti era andato a portare la parola e a disvelare il futuro che mi concerne come Messia. Spirito infiammato d’amore, ai desiderosi di Dio aleggia da presso e porta i sospiri degli amanti a Dio e le luci di Dio ai suoi amanti.

 Uno solo poteva levare prevaricazione, peccato e ingiustizia dalla Terra, che era meritevole di un nuovo diluvio e che fu unicamente sommersa e mondata da un Sangue divino e innocente. Io, Dio vero fatto carne per voi. Corruzione, peccato, ingiustizia e guerra fra l’uomo e Dio, avrebbero avuto termine quando non di regale unzione ma di unzione funebre sarebbe stato unto il Santo dei santi, l’Innocente ucciso per amore degli uomini.

Sospiro dei Patriarchi e di tutto il popolo di Dio, il Messia doveva sorgere per creare la Gerusalemme nuova che non muore in eterno. La Chiesa che vive e vivrà fino alla fine dei secoli e che continuerà a vivere nei suoi santi oltre il giorno di questa Terra. E a Daniele viene dato a conoscere il numero dei giorni che separavano i viventi dal tempo del Signore e le conseguenze della nequizia del popolo che al prodigio di Dio risponde  con una condanna.

La condanna del Cristo segna la condanna del popolo.

Sempre un delitto attira una punizione. E dato che nessun delitto è più grande di quello[1] di infierire sugli innocenti e calunniare gli incolpevoli, quale punizione poteva esser serbata a chi aveva ucciso l’Innocente, che non fosse distruzione totale del luogo dove l’anonimo s’era installato?

Inutili ormai i sacrifici quando la misura è sorpassata. Dio è longanime[2], ma non è ingiusto. E perdonare la pertinacia nel peccare dopo aver dato tutti i mezzi per conoscere l’errore ed uscirne, e per tornare a Dio, sarebbe da parte di Dio ingiustizia verso i giusti e verso coloro che i malvagi hanno torturato.

Le settantadue settimane potrebbero essere, ora, anche di secoli, o figlia, e al termine di esse venire la desolazione sulla Terra e l’abominio là dove tutto dovrebbe essere santo. Già vi siete incamminati.

 Troppo sgretolare di umana scienza rode come una carie i cuori dei miei ministri che non sanno esser di Dio ma del mondo, e che assorbono lo spirito del mondo e dànno al mondo il loro alito non più di Cielo. È il grande dolore del Cristo. Troppe plaghe senza chiese. Troppe chiese senza sacerdoti. Troppi fedeli senza guida. Troppi cuori senza amore.

Se Gabriele tornasse non troverebbe che ben difficilmente cuori che sapessero orare come Daniele e che accogliessero la sua parola senza vivisezionarla fino ad ucciderla per studiarla e per giungere a negarla. E non è già questo un abominio nella casa di Dio, là, dove almeno i ministri di essa, quelli almeno, dovrebbero essere luce alle turbe?

Cristo lo state uccidendo una seconda  volta. Nel vostro spirito lo uccidete. E fra poco non sarete più popolo suo, ma tribù di idolatri. Non vi lamentate perciò se il Cielo è chiuso, sul vostro fermentare di abominio.

In verità vi dico che se non vi convertite al Signore Iddio vostro, la desolazione durerà fino alla fine


[1] di quello è aggiunto da noi.

[2] longanime è nostra correzione da longamine

 

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