30 novembre. Da: I Quaderni del 1943 di Maria Valtorta

30 novembre 1943.

Michea cap. 5° v. 1-5

Dice Gesù:

«Ti fu detta[1] la ragione per cui Betlemme fu la predestinata fra tutte le città di Giuda ad esser quella che avrebbe ricevuto il Salvatore. Grande non tanto per la morte di Rachele e per lo scettro ad essa venuto con la stirpe di Giuda[2], ma quanto per avere accolto il vero Re al quale tutte le genti, sino alla fine del tempo, o con amore senza limiti o con odio ugualmente sconfinato, guarderanno.

L’Aspettato delle genti, il cui scettro è una croce, la cui legge sono l’amore e il perdono, la cui opera è la redenzione, là dove Rachele era morta dando alla luce il figlio del suo dolore e dando a Giacobbe il figlio caro come la mano destra a un uomo, doveva venire alla luce da Quella, ben più grande di Rachele nei meriti e nel dolore, la quale non da opera carnale fu fatta madre, ma per opera di Spirito Santo e per volere dell’Eterno partorì il suo Unigenito contro il suo pensiero umano.

Alla Vergine che mai pensava conoscere la maternità fu dato il Figlio. Il pane dell’ubbidienza fu spezzato da Maria prima che fosse spezzato da Gesù, il quale, come il Padre, non forza i suoi ad ubbidirlo, ma chiede da essi adesione d’amore per darsi ad essi. Maria dette dunque alla luce il Messia, il Padrone del mondo, il quale starà nella sua terra (Palestina) sinché la terra colpevole non lo rigetterà fuor dal suo seno, facendo tinta alle sue vesti non col sangue dell’uva ma col suo Sangue divino.

Risalirà poi al Cielo il Figlio dell’uomo uscendo fuor dal sepolcro come pietra scagliata da arco. Ma guai a quel luogo che lo avrà rigettato, e guai a quei cuori omicidi! Per tutte le desolazioni inflitte al Santo saranno desolati e con nome di deicidio passeranno nei secoli alla storia.

Generato come Figlio di Dio dai giorni d’eternità, generato come figlio dell’uomo, dal tempo segnato da Dio, Egli dominerà non con veste e corona di umano dominio. Ma se nella terra di Giuda non ha regnato e se la terra di Giuda lo ha trattato da malfattore, il suo regno, Io ve lo giuro, verrà anche su quella.

Nella sua destra riunirò tutte le stirpi, ché tutte le ha redente il Figlio mio, scegliendo da esse coloro che hanno in sé sete di Verità. Re il cui regno non avrà fine, dominerà nell’eternità e in tutto quanto è, che Io ho messo sgabello ai suoi piedi trafitti, con la sua forza d’amore.

E beati quelli che all’amore di Lui si convertiranno o a Lui rimarranno fedeli sino alla fine. Costoro erediteranno seco Lui la Terra, e la Pace di cui Egli è il Fattore sarà il loro retaggio nei secoli dei secoli.»

 

Anche qui[3] mi accorgo, leggendo lo scritto, che parla il Padre Nostro.

Sono le 9 di mattina. L’altro brano, quello del 29, l’ho scritto di sera, fra sofferenze atroci che era tutto il giorno che mi torturavano sino a culminare in una crisi asfittica alle 18.

Era dalle prime ore della notte che Gesù mi teneva in suo potere: da quando mi aveva detto: “Cerca il punto delle 70 settimane”. E le assicuro che avevo sofferto anche per questo durante il giorno. Ero come trasognata. Se ne accorsero anche gli altri. E non vedevo l’ora che fosse notte, perché sentivo che Gesù aspettava quell’ora per parlare. Ma ero così stanca che le confesso come in confessione che ho scritto unicamente per forza datami parola per parola da Gesù. Dormivo in piedi, gli occhi mi si chiudevano. Appena finito, ho chiuso il quaderno senza occuparmi d’altro, e soltanto stamane ho capito il senso di quanto avevo scritto macchinalmente.

Buon Gesù! Che segretaria intontita che devo essere stata! Ma se Lui è contento…

Però noti anche lei: non ci sono cancellature né parole omesse, tolta una nella seconda e una nella terza pagina e alla quarta. Segno che, se tutto era sfinito, anche lo spirito, al punto di non godere delle parole di Gesù, la sua forza guidava la mia mano.

 

 

 


[1] fu detta il 26 novembre; predestinata in Michea 5, 1-5 cui rimanda l'annotazione della scrittrice accanto alla data; la morte di Rachele di cui si parla in Genesi 35, 19-20.

 

 

[2] Giuda potrebbe anche leggersi Davide, poiché la scrittrice ha sovrapposto i due nomi. Betlemme apparteneva alla tribù di Giuda e fu patria di Davide.

 

 

[3] Anche qui, come il 24 novembre.

 

 

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