Atlanta, nuovo caso Limburg: bufera sulla residenza del vescovo

1/04/2014 
Wilton Gregory

WILTON GREGORY

L’arcivescovo Gregory chiede perdono pubblicamente alla diocesi per la sua nuova casa non in linea con uno stile semplice. E annuncia che la metterà in vendita

GIORGIO BERNARDELLI

 

Dopo quello del vescovo di Limburg Franz-Peter Tebartz-Van Els, un’altra diocesi finisce sotto i riflettori per una vicenda legata alle spese per la nuova residenza del vescovo. Succede negli Stati Uniti dove l’arcivescovo di Atlanta Wilton Gregory ha pubblicato sul settimanale diocesano una lettera aperta in cui chiede perdono ai fedeli dopo che negli ultimi giorni erano cominciate a montare sulla stampa locale le polemiche sulle spese immobiliari della diocesi. Nell’occhio del ciclone, in particolare, era finita proprio la nuova residenza del vescovo, una villa donata alla diocesi da Joseph Mitchell – il nipote della scrittrice Margareth, l’autrice di «Via col vento» – e ristrutturata con  una spesa di 2,2 milioni di dollari.

Già vescovo ausiliare di Chicago a fianco del cardinale Joseph Bernardin, Gregory è una personalità in vista nella Chiesa cattolica degli Stati Uniti:  è stato infatti presidente della Conferenza episcopale Usa dal 2001 al 2004 (ed è stato anche il primo presule afro americano a venire eletto a questo ruolo).

Nella lettera aperta (http://www.georgiabulletin.org/commentary/2014/03/the-archbishop-responds/) l’arcivescovo spiega che il suo trasferimento è dovuto a un’esigenza della parrocchia della cattedrale di Atlanta, che aveva bisogno di nuovi spazi per le attività pastorali. Di qui la decisione di lasciare libera la vecchia residenza dell’arcivescovo, cogliendo l’opportunità offerta dalla donazione di Mitchell. Ma la scelta di un nuovo edificio di rappresentanza e non di una casa semplice per il proprio pastore ha fatto comunque storcere il naso a parecchi fedeli della diocesi.

«Siamo disturbati e delusi nel vedere le guide della nostra Chiesa non dare l’esempio di vita semplice che ci chiede Papa Francesco – si legge in un messaggio che mons. Gregory stesso cita nella sua lettera – . Come possiamo insegnarlo ai nostri figli se vedono l’arcivescovo vivere in maniera dispendiosa?».

Mons. Gregory risponde dicendosi colpito dalla sincerità di queste critiche. «Abbiamo pensato a ricostruire nella residenza tutto ciò che avevamo – spiega – senza capire che il mondo e la Chiesa sono cambiati. Anche prima di quel fenomeno che abbiamo imparato a conoscere con l’elezione di Papa Francesco alla Cattedra di Pietro, noi vescovi della Chiesa eravamo richiamati dai nostri fallimenti e dalle nostre fragilità all’esigenza di vivere in maniera più semplice, più umile e più a immagine di Gesù Cristo ».

Di qui la richiesta pubblica di perdono: «Come pastore di questa Chiesa locale, responsabilità che mi è cara più di qualunque altra e certamente più di qualsiasi configurazione di calce e mattoni – scrive l’arcivescovo di Atlanta -, sono deluso dal fatto che con i miei consiglieri sono stato capace di giustificare il progetto dal punto di vista fiscale, logistico e pratico, ma ho personalmente fallito nel valutare il costo nei termini della mia integrità personale e credibilità pastorale davanti al popolo di Dio della Georgia settentrionale e centrale».

Gregory annuncia infine che ora sottoporrà la questione al Consiglio presbiterale e al Consiglio pastorale diocesano per concordare le strade più opportune per mettere in vendita la nuova residenza e spostarsi in un’altra casa più consona allo stile richiesto oggi al vescovo.

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