Berlusconi scrive, Introvigne risponde

  27-10-2014 

di Massimo Introvigne 

 

Caro Presidente,

anch'io come molti italiani ho ricevuto ieri una Sua mail dove dopo un cordiale saluto mi scrive: «Voglio chiarirti le tante inesattezze riportate sulle mie intenzioni e sulle proprietà di Forza Italia». Ci siamo incontrati personalmente solo un paio di volte e non sapevo ci dessimo del tu, ma visto che si tratta di una mail standard e dà del tu a tutti gli italiani non starò a sottilizzare. Come non sottilizzo né ironizzo sul riferimento alle «proprietà di Forza Italia». Immagino che chi ha scritto la mail per Lei volesse parlare delle posizioni politiche di Forza Italia e non delle proprietà del partito: meno che meno delle Sue personali, di cui sappiamo fin troppo grazie a giornalisti e giudici maliziosi.

Trascuro i Suoi riferimenti all'immigrazione e alla vigorosa opposizione che Lei starebbe conducendo alle politiche del governo Renzi, «che non affronta i problemi» e «riversa centinaia di migliaia di clandestini sulle nostre coste». Per essere equanimi, i clandestini si riversano sulle nostre coste per colpe di molti, che vanno da chi non si oppose all'improvvida guerra voluta da Sarkozy e da Obama contro Gheddafi in Libia – Lei più di tutti aveva le informazioni e gli strumenti per opporsi, ma è vero che qualcuno provvide a «distrarLa» con l'incriminazione per il caso Ruby proprio in quei giorni – fino all'Unione Europea, ma certo c'entra anche il governo Renzi. È strano che della sua opposizione così vigorosa Renzi non sembri accorgersi, ma forse anche lui si è distratto.

Le confesso che mi sta più a cuore la posizione Sua e del Suo partito sulle unioni fra persone dello stesso sesso. Lei ci scrive che «la politica ha troppo spesso girato la testa da un'altra parte, ma Forza Italia dev'essere un movimento coraggioso che non ha paura di affrontare temi come le unioni civili, cui in molti Paesi come Germania e Gran Bretagna, i partiti conservatori hanno guardato con serietà». Può darsi che molti destinatari del Suo mailing di massa conoscano poco le vicende inglesi e tedesche. I lettori della nostra testata Le conoscono un po' meglio. Tra i conservatori inglesi si annoverano alcuni dei più fanatici promotori su scala europea del «matrimonio» omosessuale, che – caduta la foglia di fico del nome «civil union» – in Inghilterra si chiama così dal 2013. Lei vuole seguire il loro esempio? Quanto ai cristiano-democratici tedeschi, hanno subito più che promosso le «partnership di vita» tra omosessuali, ma i paletti che pensavano di aver messo sono stati in gran parte travolti dai giudici. Lei che conosce così bene i giudici non pensa che succederebbe lo stesso anche in Italia?

Mi rassicura leggere, financo in grassetto, che «la famiglia tradizionale resta alla base della nostra società e dei nostri valori. Niente potrà sostituirla». Nonostante la Sua fidanzata e Luxuria, Lei non vuole ancora «sostituire» la famiglia tradizionale con le unioni omosessuali. Meno male. Tuttavia per lasciarla alla base della nostra società non basta dirlo. Papa Francesco, che Lei non ha tempo di seguire sempre e che qualche volta i Suoi frettolosi collaboratori Le fanno citare a sproposito, ha detto il 25 ottobre che «c’è una crisi della famiglia, crisi perché la bastonano da tutte le parti e la lasciano molto ferita», e che le ferite derivano dal fatto che oggi sono proposte «nuove forme, totalmente distruttive e limitative della grandezza dell’amore del matrimonio». Ogni tanto Lei afferma di stare con «i vescovi», ma il presidente della Cei, il cardinale Bagnasco, continua ad affermare che «la famiglia non può essere umiliata e indebolita da rappresentazioni similari che in modo felpato costituiscono un vulnus progressivo alla sua specifica identità, e che non sono necessarie per tutelare diritti individuali in larga misura già garantiti dell'ordinamento».

Proponendo una «legge sulle unioni civili ben fatta», Lei scrive che «ragionare di allargare i diritti ad altre persone non può essere vissuto come qualcosa di sconveniente o come l'allontanarsi dai nostri principi». Tutto questo sarebbe molto vago, se non fosse che Lei ha precisato in più di una pubblica intervista che Le va bene il «modello tedesco» proposto da Renzi. Se questo giornale figura in qualche Sua rassegna stampa, saprà che noi non corrispondiamo allo stereotipo degli «omofobi» trinariciuti. Ricordiamo sempre il «Catechismo della Chiesa Cattolica», che invita ad accogliere le persone omosessuali «con rispetto, compassione e delicatezza», senza giudicare le persone in quanto persone, come ci ricorda Papa Francesco. Lo stesso Pontefice ha spesso distinto fra il dovere di non giudicare le persone e quello, non meno grave, di giudicare le leggi compiendo il proprio dovere di buoni cittadini.

Non siamo tra quelli che vogliono impedire agli omosessuali di visitare il loro convivente in carcere o in ospedale o di subentrare nel contratto di affitto quando il loro convivente muore. Questi diritti in Italia ci sono già. Elencarli, risolvendo piccoli problemi che qua è là ancora rimanessero, in una carta dei diritti e doveri dei conviventi, uno statuto o un testo unico non sarebbe in effetti «qualcosa di sconveniente». Se parlando di «unioni civili» Lei avesse in mente un bel testo unico riassuntivo dei diritti e doveri individuali che derivano da ogni convivenza, userebbe un'espressione giuridicamente discutibile e politicamente pericolosa – perché «unioni civili» all'estero significa un'altra cosa -, ma la proposta non sarebbe «sconveniente».

Però le unioni civili «alla tedesca» che vuole Renzi, e che Lei dice di appoggiare, non sono questo. Sono uguali al matrimonio, tranne che per due aspetti. Primo: non si chiamano matrimonio. Le parole sono importanti ma non bastano. I suoi colleghi inglesi, al cui esempio si propone d'ispirarsi, dopo qualche anno si sono resi conto che chiamare «unione civile» qualcosa che era identico al matrimonio era ipocrita, e ora le chiamano «matrimoni». Per citare ancora Papa Francesco, le famiglie bastonate trarranno scarso sollievo da una riforma linguistica che chiami le bastonate «carezze». La sostanza non cambia.

Seconda differenza: all'inizio le unioni civili tedesche avevano limiti molto restrittivi alle adozioni. Lei ci dice che si batterà perché la legge di Renzi «rispetti i diritti dei bambini». In teoria, dichiara di volerli rispettare anche Renzi, adottando il testo originario della legge tedesca. Però sia Lei sia Renzi sapete benissimo com'è andata a finire in Germania. Una volta creato un simil-matrimonio è intervenuta la Corte Costituzionale che, in nome del principio di uguaglianza, ha allargato continuamente l'area delle adozioni e ancora la sta allargando. Se le unioni civili fra omosessuali sono uguali al matrimonio tranne che nel nome, perché mai non dovrebbero avere accesso all'adozione dei bambini? Lo so anch'io che ci sarebbero delle risposte, ma ho imparato da Lei negli anni a non fidarmi della Corte Costituzionale. Quella tedesca è un po' meno politicizzata della nostra. Lei crede che i nostri giudici costituzionali, sollecitati dalle lobby Lgbt e dalla stampa, non si comporterebbero come quelli tedeschi?

Sono idee mie, obiezioni capziose di oppositori dei diritti degli omosessuali? Ma no, lo dice chi si occupa di omosessuali per conto di Renzi, il sottosegretario Ivan Scalfarotto, il quale intervistato da Repubblica lo scorso 16 ottobre, ha dichiarato: «L’unione civile non è un matrimonio più basso, ma la stessa cosa. Con un altro nome per una questione di realpolitik». Pensi che qualche commentatore malizioso ha persino insinuato che per «questione di realpolitik» Scalfarotto intendesse la possibilità per Lei e per Forza Italia di votare le unioni civili senza perdere troppi voti.

Il Suo ultimo commento è tecnicamente stupefacente. Lei ci scrive che «se la società cambia deve cambiare anche la politica», e lascia intendere che si deve tenere conto del parere della maggioranza degli italiani. Lei mi insegna che i sondaggi si manipolano abbastanza facilmente, ma ammettiamo per un attimo che la maggioranza degli italiani sia in favore delle unioni omosessuali. Dobbiamo seguire la maggioranza? Non sempre, e non senza accertarci che abbia capito la domanda e il problema. Forse riesco a spiegarmi meglio con un esempio. Per una coincidenza stranissima – ma che fa piacere a chi, come me, ritiene che Lei sia stato oggetto di una lunga persecuzione giudiziaria dettata in gran parte da motivi politici – ogni volta che Lei si schiera in favore dei diritti, veri o presunti, degli omosessuali le Sue vicende giudiziarie conoscono qualche sviluppo positivo: una volta La assolvono, un'altra Le riducono la durata dei servizi sociali per buona condotta. Provvedimenti meritati, ci mancherebbe altro, e senza dubbio si tratta solo di coincidenze. Però non la pensano così i lettori di Repubblica e del Fatto. Ogni volta questi giornali sfornano un sondaggio da cui risulta che “la maggioranza” vorrebbe che Lei andasse in prigione e ci rimanesse il più a lungo possibile. Anche in questo caso si dovrebbe seguire l'opinione della maggioranza?

Ci pensi, Presidente. Parafrasando Nanni Moretti, su questi temi dica qualcosa di centro-destra e di diverso da Renzi. I Suoi elettori gliene saranno grati. Nel frattempo, un caro saluto a Lei, alle Sue numerose famiglie – anche se noi preferiamo le famiglie numerose – e naturalmente anche al cane Dudù.

 

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