Cei:”Stop ai giochi di ruolo o la nave affonda”

29/03/2013
 
GIACOMO GALEAZZI
VATICANISTA DE LA STAMPA

Grido d'allarme della Cei. Stop ai «giuochi di ruolo»: serve «una soluzione politica», anche «provvisoria», capace di «far uscire il Paese dalle secche», o c'é il rischio che «la nave vada a picco».

Mentre proseguono le consultazioni in una situazione politica convulsa, arriva dalla Cei, attraverso il segretario generale monsignor Mariano Crociata, un nuovo appello a deporre, per il bene del Paese, gli interessi di parte e a predisporre una via d'uscita.

Il numero due dei vescovi italiani prende la parola attraverso il Sir, l'agenzia di stampa della Conferenza episcopale, e in una lunga intervista prende le mosse dall'elezione di papa Francesco per indicare le sfide che il nuovo pontefice pone al mondo e al nostro paese.

«Con questo Papa – osserva Crociata – tutto il mondo è arrivato a casa nostra; il mondo intero, con le sue periferie, irrompe nella nostra esistenza e ci dice che non è più tempo di tardare, di crogiolarsi. È tempo di svegliarsi».

Le periferie di cui parla Bergoglio, sono «periferie esistenziali» e periferie reali, luoghi di marginalità e povertà che impongono di riscoprire il Vangelo, sottolinea Crociata.

«L'elezione di Papa Francesco – afferma il segretario della Cei – ci ricorda che questo nostro Occidente, questa nostra Italia (pur ancora popolarmente cattolica), rischiano di perdere vitalità e fervore. Il Papa che viene dalla periferia del mondo ci riporta al bisogno di ravvivare la fede».

 Poi lo sguardo si sposta sull'Italia e sui suoi problemi. Quei problemi che in un messaggio di auguri per Pasqua inviato proprio al Papa, lo stesso Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, riconosce senza mezzi termini, parlando di «fase cruciale di ricambio democratico ai vertici delle istituzioni». «I problemi che l'Italia vive – sottolinea Crociata – assumono un carattere drammatico».

E il pensiero va «a coloro che perdono il lavoro», ai giovani che non riescono a trovarlo. Sono queste le «periferie» dell'Italia che attendono risposte: non c'è più tempo da perdere, dice Crociata, e attraverso la Chiesa «giunga alle classi dirigenti e al Paese tutto l'esigenza di smetterla con i giuochi di ruolo.

Ognuno – secondo il proprio interesse e il proprio punto di vista – si sforzi, soprattutto in questo momento, di cercare il bene di tutti. Perché non succeda che, per difendere l'interesse di una parte – è l'avvertimento che arriva dalla Cei – la nave vada a picco o, comunque, incontri ulteriori e gravissime difficoltà. Bisogna fra l'altro trovare una soluzione politica – provvisoria per quanto si voglia – capace di far uscire il Paese dalle secche e dai pericoli che stiamo vivendo».

Abbandonare «le categorie del mondo che inquinano il nostro modo di pensare» per «arrendersi all'amore di Dio»: questa l'esortazione dell'arcivescovo di Genova e presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco, nell' omelia pronunciata oggi nella Cattedrale di San Lorenzo a Genova, in occasione della Liturgia del Venerdì Santo. Il porporato ha infatti affermato che «credere in Gesù non è fare qualcosa per lui, ma lasciarsi fare da lui. È deporre le armi delle nostre presunzioni, delle categorie del mondo che inquinano continuamente il nostro modo di pensare e di agire. Deporre gioiosamente le armi e arrendersi a Dio, al suo amore, alla sua grazia – ha aggiunto il cardinale Bagnasco -. È fidarsi di lui anche quando le cose non vanno come ci sembra che dovrebbero andare, anche quando secondo noi il nostro bene sta dalla parte opposta a quella dove lui ci conduce».

«Ci sono illusioni che fanno male», stigmatizza  il quotidiano cattolico Avvenire in un articolo dal titolo «Coppie di fatto, anche Genova si adegua al peggio», commenta l'istituzione nel capoluogo ligure del registro delle unioni. «I registri delle cosiddette unioni civili appartengono a questa categoria, quella di iniziative demagogiche che hanno un prezzo insostenibile», attacca il giornale dei vescovi in un «Secondo noi», corsivo non firmato che esprime la linea della direzione. «Costano economicamente perché sottraggono risorse preziose alle famiglie fondate sul matrimonio e aperte alla vita – sottolinea Avvenire -. Costano culturalmente, perché diffondono la falsa convinzione che il `per sempre´ del matrimonio possa essere posto sullo stesso piano di chi si registra in Comune con un impegno a tempo determinato». «Costano sul piano della morale pubblica – aggiunge il quotidiano della Cei -, perché mascherando scelte negative con una patina positiva creano confusione e disorientamento, utile soltanto a coloro che vogliono sfruttare l'onda di una deriva etica per deprecabili obiettivi propagandistici». 

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