Con Francesco in preghiera per i disoccupati e gli immigrati

18/04/2014 
 
La Via Crucis

LA VIA CRUCIS

A condividere con il Pontefice la preghiera comunitaria del Venerdì Santo una folla immensa di romani e pellegrini

GIACOMO GALEAZZI
CITTA' DEL VATICANO

Ingiustizie, precariato, disoccupazione: in processione con gli ultimi del mondo, con «i nuovi crocifissi». Per Francesco ogni stazione della  Via Crucis al Colosseo corrisponde ad una ferita contemporanea:  il peso della crisi,  gli immigrati, i malati terminali, le vittime dell’inquinamento nella Terra dei fuochi. Ma anche l’esperienza del carcere, della tortura, della solitudine.

A condividere con il Pontefice la preghiera comunitaria del Venerdì Santo una folla immensa di romani e pellegrini. Le conseguenze della crisi economica, precarietà disoccupazione, i suicidi degli imprenditori la delocalizzazione, l'emarginazione di chi finisce in carcere ed è sbattuto in prima pagina dai giornali, le problematiche e i mali del Sud d'Italia. Operai, imprenditori, stranieri, ospiti di Comunità di recupero, senza fissa dimora, ex carcerati, donne, malati, bambini e anziani. Sono i crocifissi di oggi, a testimoniare quanta fragilità vi fosse nel Cristo, e quanta ne troviamo nei «piccoli» di oggi vittime di tante violenze: la droga e l'alcool, i rifiuti tossici, l'assenza di un futuro e, in alcuni paesi, la guerra che arruola anche i «bambini-soldato».

Per Bergoglio è  stata la seconda Via Crucis dall’inizio del pontificato. Le meditazioni per le 14 stazioni sono state composte dall’arcivescovo  Giancarlo Bregantini e lette in diretta tv dall’attrice Virna Lisi.  A portare la croce, oltre al cardinale vicario Agostino Vallini, operai e imprenditori, immigrati, ospiti di comunità di recupero, senzatetto, detenuti, donne, malati, bambini, anziani.  Maxischermi nell’area dei Fori Imperiali e 50 paesi collegati. Benedizione papale dalla terrazza della chiesa di Santa Francesca Romana.

Nelle prime stazioni della processione, presieduta da Francesco, le meditazioni si soffermano sule «facili accuse», i «giudizi superficiali tra la gente, le «insinuazioni e i preconcetti che chiudono il cuore e si fanno cultura razzista, di esclusione e di "scarto", con le lettere anonime e le orribili calunnie». «Accusati – denuncia la meditazione -, si è subito sbattuti in prima pagina; scagionati si finisce in ultima!». Quindi si punta il dito verso «il peso di tutte le ingiustizie che hanno prodotto la crisi economica, con le sue gravi conseguenze sociali: precarietà, disoccupazione, licenziamenti, un denaro che governa invece di servire, la speculazione finanziaria, i suicidi degli imprenditori, la corruzione e l'usura, con le aziende che lasciano il proprio paese». Questa è "la croce pesante del mondo del lavoro, l'ingiustizia posta sulle spalle dei lavoratori». «Lottiamo insieme per il lavoro in reciprocità, vincendo la paura e l'isolamento, ricuperando la stima per la politica, che è uscire insieme dai problemi».

Inoltre è accorato l'appello ad «accogliere la fragilità degli altri; a non infierire su chi è caduto, a non essere indifferenti verso chi cade». Quindi a «non chiudere la porta a chi bussa alle nostre case, chiedendo asilo, dignità e patria». «Consapevoli della nostra fragilità, accoglieremo tra noi la fragilità degli immigrato, perché trovino sicurezza e speranza». I testi si soffermano anche sui dolori «di ogni mamma per i figli lontani, per i giovani condannati a morte, trucidati o partiti per la guerra, specie i bambini-soldato», per i figli «morenti a causa dei tumori prodotti dagli incendi di rifiuti tossici». Oppure per quelli «travolti dalla precarietà o inghiottiti dalla droga e dall'alcol, specie il sabato notte!».

Nonostante il vento freddo che ha costretto Francesco ad indossare il cappotto bianco, sono stati circa 15mila i fedeli presenti all'appuntamento. Gremiti i settori predisposti davanti all'Arco di Traiano. Numerosi anche i fedeli che non sono riusciti a raggiungerli e ora seguono le immagini della Rai dai maxischermi posizionati nell'area. In Cristo che porta la sua croce si ritrova «l'amara esperienza dei detenuti di ogni carcere, con tutte le sue disumane contraddizioni».  «Il carcere, oggi, è ancora troppo tenuto lontano, dimenticato, ripudiato dalla società civile», afferma. Ci sono inoltre «le assurdità della burocrazia, i suicidi frequenti, le lentezze della giustizia. Doppia pena è poi il sovraffollamento: è un dolore aggravato, un'ingiusta oppressione, che consuma la carne e le ossa». «E anche quando un nostro fratello esce, lo consideriamo ancora un "ex-detenuto", chiudendogli così le porte del riscatto sociale e lavorativo». Più grave, comunque, «è la pratica della tortura, purtroppo ancora diffusa in varie parti della terra, in molteplici modi». «In ogni carcere, accanto ad ogni torturato, c'è sempre Lui, il Cristo sofferente, carcerato e torturato», sottolineano le meditazioni.

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