Conclave, attaccano Mahony per punire la Chiesa

di Massimo Introvigne

20-02-2013

Il padre di una vittima

 

Uno tsunami di sciocchezze. Sono quelle che si leggono – incredibilmente, anche su organi di stampa cattolici – a proposito del cardinale Roger Mahony, arcivescovo emerito di Los Angeles, cui si chiede di non partecipare al Conclave perché è tuttora coinvolto in processi in cui lo si accusa di avere protetto preti pedofili. 

Il lettore a questo punto si chiederà: ma quello dei preti pedofili non è un dramma denunciato con toni tanto accorati da Benedetto XVI? Lo è, certamente. Non è, allora, un po’ forte parlare di sciocchezze? Non lo è, per due ragioni. La prima è che partecipare al Conclave non è un premio o una vacanza. È un compito molto gravoso, un dovere prima ancora di un diritto. Il diritto canonico non prevede l’esclusione dal Conclave per ragioni morali o disciplinari. Certamente a tutti i Conclavi della storia hanno partecipato cardinali che avevano qualche scheletro nell’armadio dal punto di vista personale, morale, politico o peggio ancora dottrinale. Questa circostanza ci ricorda che la Chiesa è fatta di santi e di peccatori. Non dobbiamo scandalizzarcene. Se qualche cardinale in difficoltà ritenesse liberamente di non partecipare al conclave si tratterebbe di un gesto nobile. Ma questi gesti si ammirano, non s’impongono, neppure a colpi di sondaggi come quello che ha proposto «Famiglia Cristiana» a lettori che certamente non hanno letto le carte delle complesse cause civili statunitensi relative a Mahony, e hanno «votato» per escluderlo dal Conclave sull’onda di una facile reazione emotiva.

La seconda ragione è che il cardinale Mahony non è al momento soggetto a nessuna sanzione canonica. Il suo successore a Los Angeles, l’arcivescovo José Gomez, ha preso carta e penna per spiegarlo ai suoi preti. Nella lettera si legge che «continua a esserci confusione in diversi media a proposito del cardinale Mahony. Ho già chiarito in una dichiarazione precedente che, benché il cardinale Mahony, in qualità di arcivescovo emerito, non abbia specifici compiti amministrativi, rimane un vescovo in piena comunione con l’Arcidiocesi di Los Angeles. Ha il pieno diritto di celebrare tutti i Sacramenti della Chiesa e di esercitare il suo ministero presso i fedeli senza alcuna restrizione. Promosso alla dignità di cardinale, il cardinale Mahony ha anche tutte le prerogative, i diritti e i doveri di un cardinale di Santa Romana Chiesa». L’arcivescovo Gomez va anche oltre, e illustra la sua convinzione che «i risultati che ha ottenuto e l’esperienza del cardinale Mahony saranno utili al collegio dei cardinali» riunito in Conclave. 

Si potrebbe sperare che la lettera dell’arcivescovo Gomez faccia chiarezza, e che i media smettano di scrivere d’inesistenti sanzioni canoniche comminate da Gomez al suo predecessore. Ma non succederà, perché per molti il cardinale Mahony è un falso scopo per attaccare la Chiesa e Benedetto XVI. Per quanto Benedetto XVI abbia preso misure di straordinaria e inaudita severità nei confronti dei preti pedofili, per quanto queste misure siano state in gran parte efficaci – i processi che si celebrano oggi riguardano quasi sempre avvenimenti di molti anni fa, e gli episodi recenti sono sempre più rari – nessuna misura sarà mai sufficiente per chi si serve della tragedia dei preti pedofili come di una clava da calare sulla Chiesa per contestare il suo insegnamento morale e la sua intransigente difesa della vita, della famiglia e della libertà religiosa.

Ma, alla fine, di che cosa è accusato il cardinale Mahony?  Il cardinale è stato vescovo di Stockton dal 1980 al 1985 e arcivescovo di Los Angeles dal 1985 al 2011. Le controversie riguardano sia il periodo di Stockton sia quello di Los Angeles. Cominciamo da Stockton. Chi continua a guardare su Internet lo screditato documentario della BBC «Sex Crimes and the Vatican», a suo tempo proposto in Italia da Michele Santoro, rimane subito colpito dalla sinistra figura dell’ex prete Oliver O’Grady. Il documentario si apre e si chiude con l’ex sacerdote irlandese, che ha vissuto negli Stati Uniti dal 1971 al 2000, ripreso mentre descrive in termini piuttosto espliciti come adescava le sue vittime, quali tipi di ragazzini gli piacevano e come sia stato protetto dall’allora vescovo Mahony.

Non si tratta però di un’intervista originale della BBC ma di sequenze tratte dal film del 2006 «Deliver Us from Evil» (“Liberaci dal male”) della regista Amy Berg. Un film dove la collaborazione di O’Grady non è stata gratuita. È la conseguenza di un accordo con gli avvocati delle sue vittime che – dopo che O’Grady era stato condannato nel 1993 a quattordici anni di reclusione – hanno citato per danni in sede civile la diocesi di Stockton. O’Grady si è prestato alle video-interviste degli avvocati – e di Amy Berg – e in cambio essi non si sono opposti al suo rilascio dal carcere dopo sette anni, accompagnato dall’espulsione dagli Stati Uniti verso la natia Irlanda, dove il pedofilo è rimasto a lungo in libertà fino ad essere nuovamente condannato nel 2012 a tre anni di carcere per possesso di materiale pornografico con immagini di bambini. Dunque, le dichiarazioni di O’Grady s’inquadrano in un accordo con avvocati che avevano bisogno soprattutto di sentirsi dire che il sacerdote pedofilo era stato protetto da Mahony e dalla diocesi, cui si preparavano a spillare qualche milione di dollari.

Uno sguardo ai documenti del processo civile di secondo grado mostra che O’Grady non l’aveva raccontata del tutto giusta. Egli affermava – con evidente gioia degli avvocati – che Mahony sapeva che era un pedofilo e, nonostante questo, lo aveva mantenuto nel ministero sacerdotale. Le carte raccontano un’altra storia. Mahony diventa vescovo di Stockton nel 1980. Tra il 1980 e il 1984 deve occuparsi di tre casi di preti accusati di abusi sessuali su minori. Fa qualche cosa che stupirà i lettori di «Repubblica» e magari anche quelli di «Famiglia Cristiana»: non solo indaga, ma fa segnalare i sacerdoti alla polizia. In due casi la polizia conferma che, dietro al fumo, c’è del fuoco: e i sacerdoti sono sospesi a divinis, cioè esclusi dal ministero sacerdotale. Nel terzo caso, quello di O’Grady, la polizia nel 1984 archivia il caso e dichiara il sacerdote innocente. Mahony si limita a trasferirlo, dopo che due diversi psicologi che lo hanno esaminato per conto della diocesi hanno dichiarato che non è pericoloso. Tutti sbagliavano: O’Grady era molto pericoloso. 

Ricostruzioni alternative dei tre casi di Stockton imputati a Mahony sono state proposte dal quotidiano – ostilissimo alla Chiesa Cattolica – «Los Angeles Times» e da vari giornalisti e blogger, anche italiani, ma non hanno retto allo scrutinio dei tribunali americani, non certo teneri con la Chiesa nei casi di abusi. Mahony a Stockton trent’anni fa sbagliò. Ma sbagliò non perché non si rivolse alla polizia. Lo fece. Il suo errore fu prendere per buone le conclusioni della polizia e degli psicologi, che nel caso di O’Grady erano clamorosamente sbagliate.

Passiamo a Los Angeles. Mahony è promosso alla guida di una delle più importanti diocesi del mondo nel 1985, mentre infuria la crisi dei preti pedofili, perché si ritiene che abbia dato buona prova a Stockton e sia in grado di gestirla. Los Angeles sarà – per vicende in parte avvenute prima dell’arrivo di Mahony – la diocesi degli Stati Uniti e del mondo che pagherà il più alto indennizzo alle vittime degli abusi: 660 milioni di dollari. La transazione del 2007 con gli studi legali specializzati nel rappresentare le vittime dei sacerdoti pedofili doveva essere, o così gli avvocati la presentarono a Mahony, «tombale». Ma l’appetito viene mangiando, e gli stessi studi legali – che (pochi lo sanno in Italia) di solito trattengono per sé la parte più grande del maltolto – hanno avviato una nuova causa – sempre civile – chiedendo altri soldi e persuadendo un giudice a lasciare loro frugare, a partire dal 2012, nei documenti interni della diocesi, compresi semplici promemoria riservati. 

Da questi documenti è emerso che Mahony – almeno negli anni precedenti alla decisione dei vescovi degli Stati Uniti di riferire sempre e comunque tutti i casi alla polizia – in diverse vicende dubbie si limitò a rimandare nelle diocesi di origine, di cui informò i vescovi, sacerdoti messicani o spagnoli che svolgevano il loro ministero a Los Angeles, e si fidò eccessivamente dei «centri di riabilitazione» che affermavano di poter curare i sacerdoti pedofili dalla loro malattia rimettendoli in condizione di poter riprendere senza rischi il ministero. Purtroppo non era vero, e paradossalmente monsignor Richard Loomis, consulente del cardinale per questa materia e sacerdote che sembrava al di sopra di ogni sospetto, finì accusato anche lui di abusi. Si deve però anche aggiungere che in diversi casi di sacerdoti che gli apparivano come certamente pericolosi e irriformabili Mahony si dimostrò invece inflessibile.  

Mahony ha commesso degli errori? Certamente. Gravi? Sì. È stato vittima di teorie terapeutiche fallaci sulla presunta infallibilità dei centri di riabilitazione? Lo si può affermare. È un complice dei pedofili, che ha consapevolmente rimesso preti che secondo ogni ragionevole previsione sarebbero ricaduti nel loro vizio in contatto con parrocchie e bambini?  No, questa conclusione non è supportata dai documenti, e del resto Mahony non ha mai subito condanne penali, i risarcimenti derivano da cause civili. 

Il cardinale sbagliò, ma sbagliò in buona fede, credendo che i suoi sistemi per affrontare la questione dei preti pedofili fossero efficienti e avanzati. Non lo erano, e quanto ho scritto non ha affatto lo scopo di proporre una sua difesa d’ufficio. Trasformare un vescovo che ha commesso errori in un criminale manca però gravemente non solo alla carità ma anche alle regole del buon giornalismo.

 

 

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