Don Ciotti: «Se Riina ci minaccia significa che siamo incisivi»

 1.9.2014

L'abbraccio tra Francesco e don Ciotti (21 marzo)

(©Ansa)

(©ANSA) L'ABBRACCIO TRA FRANCESCO E DON CIOTTI (21 MARZO)

L'attacco un anno fa nel carcere milanese di Opera. Il leader di Libera: “Resteremo con chi sceglie l’onestà”

RICCARDO ARENA
PALERMO

«Putissimu pure ammazzarlo», dice Totò Riina nel carcere milanese di Opera, quasi un anno fa, il 14 settembre 2013: e stavolta il destinatario della rabbia del capo di Cosa nostra, nelle sue conversazioni con il suo ex compagno di socialità Alberto Lorusso, è don Luigi Ciotti. Il sacerdote antimafia, «anima» di Libera, è odiato da Riina non solo perché dà tanto filo da torcere ai boss, con iniziative e interventi pubblici e con l’intensissima attività della sua associazione nel campo della gestione dei beni confiscati, ma anche per un incontro mai avvenuto in carcere tra il detenuto e il prete.

Dichiarazioni minacciose, pesanti, con cui Riina mette don Ciotti sullo stesso piano di padre Pino Puglisi, il parroco di Brancaccio, oggi Beato, che fu assassinato il 15 settembre 1993 su ordine dei fratelli-boss Filippo e Giuseppe Graviano («Quei ragazzi, quei bravi ragazzi», li definisce il superboss, ai quali don Pino voleva «scippare» il quartiere). E per Ciotti «Salvatore Riina – dice il capomafia parlando di sé in terza persona – uscendo è sempre un pericolo, per lui specialmente».

Don Ciotti affida a un comunicato la sua replica: «Queste minacce – scrive – sono la prova che questo impegno è incisivo, graffiante, gli toglie la terra da sotto i piedi. Siamo al fianco dei familiari delle vittime, di chi attende giustizia e verità, ma anche di chi, caduto nelle reti criminali, vuole voltare pagina, collaborare con la giustizia, scegliere la via dell’onestà e della dignità».

L’aspetto che rende inviso il prete antimafia a Riina è legato all’attivismo contro Cosa nostra, che fu già di don Puglisi: e, come spesso è accaduto, a spingere il capo corleonese a minacciare di morte qualcuno, nelle conversazioni intercettate su ordine della Procura di Palermo, è ancora una volta Lorusso, piccolo capetto della Sacra Corona Unita pugliese. È la ex «dama di compagnia» di Riina a Opera a ricordare che don Ciotti «fa industria, fa agricoltura», che è «un parrino con la scorta… ci specula, questo signore». Riina ha poi un motivo personale per avercela con il presidente di Libera, un incontro mai avvenuto, dapprima sollecitato dalla moglie, Ninetta Bagarella, e rifiutato proprio dal detenuto, che successivamente cambiò idea. L’udienza col prete torinese saltò e il probabile equivoco spinge il capo di Cosa nostra a riempire di improperi il «parrinu».

Le misure di vigilanza nei confronti del sacerdote sono state rafforzate, ma Ciotti ha una tutela affidata sempre a due poliziotti: «Per me – dice ancora il diretto interessato – l’impegno contro la mafia è da sempre un atto di fedeltà al Vangelo, alla sua denuncia delle ingiustizie, delle violenze, al suo stare dalla parte delle vittime, dei poveri, degli esclusi». Riguardo don Puglisi, il sacerdote dice di riconoscersi nella sua Chiesa «che “interferisce”, che non smette di ritornare al Vangelo e alla sua intransigenza etica».

Solidarietà al prete minacciato è arrivata dal presidente del Senato ed ex procuratore nazionale antimafia: «Ti conosco da anni e so che non ti sei lasciato intimorire nemmeno per un attimo», scrive Piero Grasso su Facebook. Solidale anche il presidente della Camera, Laura Boldrini («Minacce che preoccupano ma non sorprendono»), mentre il successore di Grasso alla guida della Dna, Franco Roberti, dice di non volere commentare: «Non voglio fare da cassa di risonanza a Totò Riina».

 
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