Famiglia: dopo le «guerre» preventive, la parola al Sinodo

16/09/2014 
Il Sinodo straordinario dal 5 al 19 ottobre

IL SINODO STRAORDINARIO DAL 5 AL 19 OTTOBRE

Pamphlet, libri, interviste hanno focalizzato l'attenzione solo sulla comunione ai divorziati risposati. Ma sono tante le questioni aperte su cui i padri sinodali si confronteranno

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

La lettura della lista completa dei membri del prossimo Sinodo straordinario sulla famiglia, pubblicata la scorsa settimana, ha provocato le reazioni più disparate: c'è chi ha fatto puntigliosamente notare che mancava questo o quel prelato che si erano distinti per le loro pubbliche battaglie pro-famiglia e chi, da Oltreoceano, non ha trattenuto il suo sconforto per la consistente rappresentanza di invitati papali contrari a qualsiasi apertura sulla comunione ai divorziati risposati.

In realtà si può supporre che Papa Francesco, con l'inserimento tra i partecipanti di cardinali e vescovi con diverse sensibilità e posizioni, non abbia soltanto rispettato la varietà presente nel collegio episcopale, ma abbia voluto anche indicare che la sede del confronto è il Sinodo e non sono – o non dovrebbero essere – le «guerre preventive» combattute a livello mediatico.

Com'è noto, per volere del Papa, durante il concistoro dello scorso febbraio, a proporre ai cardinali una riflessione sulla famiglia era stato il cardinale Walter Kasper. Il capitolo finale della relazione del porporato tedesco poneva alcune domande circa la possibilità di rivedere la disciplina ecclesiastica sulle nullità matrimoniali (via più volte indicata anche da Benedetto XVI) e anche la possibilità di concedere – dopo un cammino penitenziale, a determinate e strette condizioni sempre vagliate caso per caso dai pastori – la riammissione all'eucaristia di persone divorziate che abbiano contratto un nuovo matrimonio civile.

Kasper non aveva inteso mettere in dubbio l'indissolubilità del matrimonio sacramentale, che per la Chiesa era e rimane il primo validamente contratto, né aveva proposto forme pubbliche di riconoscimento della seconda unione, come sono in vigore da lungo tempo nella prassi delle Chiese ortodosse. Si può essere d'accordo o meno con le vie suggerite dal cardinale tedesco: non c'è dubbio che i diretti interessati sarebbero un numero esiguo, composto da persone che già vivono un'esperienza di fede convinta, che talvolta hanno riscoperto la fede dopo il fallimento del primo matrimonio, che hanno un doloroso vissuto alle spalle e che soffrono nel vedersi perpetuamente esclusi dalla partecipazione all'eucaristia.

È noto che in diversi casi particolari, nonostante il divieto, nel dialogo con il confessore talvolta i divorziati risposati vengono ammessi all'eucaristia. E persino alcuni pastori riconosciuti come difensori della dottrina tradizionale su questa materia, in qualche caso sono stati disposti a concedere deroghe di fronte al racconto di persone da loro conosciute.

Quello che tutti giustamente ripetono, ormai alla vigilia dell'apertura del Sinodo straordinario di ottobre al quale seguirà un anno di lavoro e quindi un secondo Sinodo nel 2015, è che non bisogna focalizzare tutta l'attenzione sul tema della comunione ai divorziati risposati, quasi che questo fosse l'unico nodo sul quale i padri sinodali sono chiamati a confrontarsi e discutere. Giustissimo. Ma viene da chiedersi se a convogliare proprio su questo punto tutta l'attenzione non siano stati anche i reiterati interventi pubblici di porporati che hanno tentato di dichiarare inammissibile la stessa discussione, attraverso pamphlet, libri-intervista, articoli.

Insomma, quella partita che si è giocata negli ultimi sette mesi e che ha visto la discesa in campo di cardinali illustri, alcuni dei quali, a motivo degli incarichi ricoperti in Curia, avrebbero forse potuto tenere un atteggiamento pubblico meno esposto, per non dare l'idea di essere loro – invece del Papa e della stessa assemblea sinodale – a predeterminare ciò di cui si sarebbe potuto discutere e in quali termini, anche quando intervenivano soltanto a titolo personale.

È noto come, da certi settori ecclesiali, siano state rivolte critiche per lo più sotterranee all'innovativo metodo di lavoro voluto da Francesco per questa assemblea. Un Sinodo che non discuterà avendo sotto gli occhi analisi sociologiche ma una fotografia reale della situazione, dei problemi concreti, delle aspettative, del vissuto delle famiglie che partecipano alla vita della Chiesa. Ben sapendo che il Vangelo va proposto agli uomini e alle donne così come sono, non così come vorremmo che fossero o come dovrebbero essere secondo il Codice di diritto canonico e le riflessioni di certi circoli teologici autoreferenziali.

I problemi sono tanti, tante sono le domande e le questioni aperte. Negli ultimi decenni la realtà delle famiglie è notevolmente mutata, come ha ben presente chi vive immerso nella quotidianità delle società contemporanee. È certamente riduttivo focalizzarsi soltanto su uno dei problemi, come pure invocare soluzioni preconfezionate prima che il confronto abbia inizio, dando per certi cambiamenti o, al contrario, negandone l'ammissibilità, o ancora proponendo vaticini sulla probabilità di questi stessi cambiamenti, come sono sembrati fare alcuni vescovi «indovini». Il fine ultimo di qualsiasi dibattito, di qualsiasi riforma, di qualsiasi decisione dovrebbe essere soltanto quella «salvezza delle anime» alla quale fece riferimento il cardinale Bergoglio nel suo intervento alle congregazioni pre-conclave. Dopo le «guerre preventive», è il tempo dell'ascolto e del «camminare insieme» proprio del Sinodo.

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