Francesco e la bioetica: nihil novi sub sole.

Nuovo articolo su Radio Spada

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di Massimo Micaletti

 

Nei giorni scorsi Papa Francesco ha lanciato un formidabile uno-due alla cultura della morte e del relativismo in bioetica e più in generale sulla famiglia, nel discorso ai Medici cattolici[1]e nel Colloquio internazionale sulla complementarietà tra uomo e donna, promosso dalla Congregazione per la Dottrina della Fede[2].

Con chiarezza, il 15 novembre il Pontefice ha ricordato che “alla luce della fede e della retta ragione, la vita umana è sempre sacra e sempre «di qualità». Non esiste una vita umana più sacra di un’altra: ogni vita umana è sacra!”. Col richiamo alla retta ragione, Francesco si è rivolto anche alle coscienze di chi non crede, richiamandole senza giri di parole ad un'evidenza oggettiva che può essere colta anche solo razionalmente: ogni vita ha un valore, nessuna vita merita di essere cancellata.

Due giorni dopo, il Pontefice ha ribadito che i bambini hanno bisogno di un padre e di una madre e che la famiglia non può essere piegata alle ideologie, dando parecchi dispiaceri a quelli che volevano un Bergoglio pro gay nel senso comune del termine.

Le parole del Papa hanno spiazzato sia coloro che in fretta e furia volevano arruolarlo nelle file della “revolucion”, sia quelli che davano ormai il Vaticano per latitante su temi tanto cruciali. Ora, a sommesso parere di chi scrive la sorpresa a ben vedere non è poi così giustificata, per una serie di ragioni: facciamo cenno ad alcune.

La prima, più elementare, è che Francesco è Pontefice della Chiesa cattolica, perciò non dovrebbe destare alcuna meraviglia che si scagli contro l'aborto, l'eutanasia, la fecondazione artificiale, centrando perfettamente il problema della “falsa compassione”, ossia della risposta errata a problemi veri ed umanissimi. Un Pontefice ha tutti gli strumenti per comprendere certe problematiche e leggerle alla luce del Magistero, sebbene Bergoglio stesso abbia affermato di non essere un esperto di bioetica.

La seconda ragione – ipotesi – è che il Papa volesse dare una minima governata alla “nave senza timone[3] facendo il punto su temi focali dopo le pirotecniche uscite (di alcuni) dei Padri sinodali. Le fughe in avanti sono perniciose innanzitutto per chi “avanti” vuole andare, onde il disorientamento suscitato, ad esempio, dalla relazione Erdo e dalle sortite del Cardinal Kasper o del Cardinal Marx andava in qualche modo sedato.

La terza ragione è che Francesco è della scuola di Martini, quindi di Rahner, e Rahner non è Kung né Barth. Negli scritti di Rahner raramente si rinviene un attacco diretto alla Dottrina bimillenaria della Chiesa: Rahner – come del resto il Concilio – non gioca sul terreno della Dottrina, almeno non apertamente, ma su quello della pastorale. Già nel creare questa dicotomia egli crea le premesse per quel che ne segue, ossia incidere sul Magistero non cambiandone i principi ma la loro applicazione e la prassi. In quest'ottica, è perfettamente plausibile dire che una donna  divorziata, risposata e con un aborto alle spalle sia “serena” ed affermare poi che l'aborto è un omicidio e contro Dio: il punto non è nel precetto morale, ma nella misericordiosa elusione della sanzione. Così, dinanzi al caso della “donna che ha avuto alle spalle un matrimonio fallito nel quale ha pure abortito”, che ”si è risposata e adesso è serena con cinque figli” ed alla quale l'aborto “pesa enormemente” ed “è sinceramente pentita” e “vorrebbe andare avanti nella vita cristiana” , si può ribadire la dottrina sulla famiglia e sulla vita e chiedersi, per contro “Che cosa fa il confessore?”[4]. Parimenti, si può sostenere che nessun valore è negoziabile per poi asserire che sulle unioni civili è necessaria una valutazione caso per caso[5]La contraddizione c'è solo se si concepisce – come è stato per duemila anni – il Magistero come un continuum non solo nel tempo ma anche in se stesso, in cui non è possibile scindere il precetto dalla sua applicazione, o quantomeno non è ravvisabile alcuna antinomia; nell'ottica rahneriana, postconciliare, invece, Dottrina e pastorale sono due dimensioni comunicanti ma distinte e sta all'uomo di Chiesa calare la norma nella realtà anche, se del caso, adeguandola al contesto, perdonando quanto più si può e forse oltre.

In conclusione? In conclusione le parole di Papa Francesco sono una boccata d'aria buona e ricordano al mondo cosa la Chiesa offre sulla vita e sulla famiglia, offrendo qualche buona arma a quelli che ogni santo giorno devono confrontarsi con chi pensa che Bergoglio “apra” ora a questo ora a quello; ma da qui ad attendersi un cambio di rotta ce ne corre, non è questo l'orizzonte.

Kasper, Erdo, Forte, Marx, Paglia ed assimilati continueranno indisturbati a dire quel che hanno sempre detto ed a lavorare perché il Magistero vi si conformi, come peraltro avveniva con Benedetto XVI e prima ancora con Giovanni Paolo II; Scola potrà nuovamente chiedere scusa, se del caso; militanti pro gay e pro aborto potranno serenamente essere ricevuti in Vaticano o cantare al concerto di Natale; tutto questo, anche dopo il forte richiamo alla Dottrina della Chiesa che viene riproposta immutata per poi essere gettata in pasto alla pastorale affinché venga opportunamente… modulata. Insomma, che nulla cambi perché nulla sia più come prima.

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