Giovanni XXIII e Togliatti, tra fatti e ideologie

29/04/2014   
 
 
Giovanni XXIII

(©LaPresse)

(©LAPRESSE) GIOVANNI XXIII

Un commento del teologo Gennari

GIANNI GENNARI
ROMA

Alcuni giorni orsono ho letto, su un’Agenzia di stampa “cattolica” doc, una nota su Giovanni XXIII e Palmiro Togliatti, “uomo di buona volontà”, secondo la quale “nel contesto storico della Guerra Fredda si assiste all’apertura di un dialogo tra la Chiesa cattolica e i movimenti socialisti”, mentre “oggi, la deriva ‘radical nichilista’ della sinistra europea rende difficile riallacciare quei fili”.

Due affermazioni di diverso valore. Sulla seconda avrei poco da dire, ma forse è troppo comprensiva, e mette tutta la “Sinistra europea” in un solo sacco, con qualche ingiustizia precisa proprio nei confronti di tanti cristiani e cattolici che anche oggi, e anche da noi in Italia, pensano che la giustizia sociale sia da perseguire in posizioni non di destra o di centrodestra….

Invece la prima affermazione è fondamentalmente equivoca, dal momento che si basa su questa affermazione: “in campagna elettorale, il 20 marzo del 1963, Palmiro Togliatti tiene un discorso a Bergamo, dal titolo Il destino dell’uomo”, da cui “sgorga l’intento di costruire un ponte con quel mondo cattolico che vive sotto il Pontificato di Giovanni XXIII una svolta riformatrice”. Segue anche altro, però: “Pochi giorni dopo, l’11 aprile, il Santo Padre promulga l’Enciclica “Pacem in Terris” nella quale si rivolge ‘a tutti gli uomini di buona volontà e li richiama a uno sforzo comune al fine di attuare il valore supremo della pace”. Si aggiunge che quella Enciclica “riceve anche l’apprezzamento di Pietro Nenni, leader del Partito Socialista Italiano”. Un fatto vero, anzi due, seguiti tuttavia da una spiegazione attuale del noto “sociologo Paolo Sorbi”, definito “marxista ratzingeriano” – come tale una contraddizione in termini, che però è diventata di moda per indicare “ex sessantottini ed ex marxisti” poi convertiti e ora credenti – il quale mette in guardia dalle “confusioni” nella interpretazione del fatto stesso e perciò ricorda “il grande ottimismo diffuso in quegli anni”, che determina “l’avvicinamento tra Santa Sede e mondo della sinistra”.

Sorbi insiste su questo punto richiamando “la riflessione sulla pace e sui destini dell’uomo” allora diffusa, e scrive che questa ebbe nella figura di Don Giuseppe De Luca, “il prete più colto di tutto lo scorso secolo, un elemento di mediazione fondamentale…” Tuttavia per lui in quella vicenda non ci fu alcuna strumentalizzazione, perché “il comune umanesimo tra i due ‘avversari’ (Roncalli e Togliatti) eliminava a priori” quel rischio….

A parte il fatto che parlare di “comune umanesimo” tra “i due”, è per lo meno approssimativo, vista la realtà del pensiero dell’Uno – oggi santo – e dell’altro, si legge anche che sempre per Sorbi la convergenza poi è diventata impensabile perché “in entrambi gli schieramenti” – la sinistra italiana, ma anche la Chiesa! Ndr – tutto cambia. La sinistra attuale per lui ha subito una deriva radicaloide e nichilista e – testuale! – nella Chiesa cattolica “vengono abbandonati i riferimenti formativi come Montini e Maritain per rincorrere un estremismo senza scopo”, dando spazio ad “una eterogenesi dei fini in seno alla Chiesa uscita dal Concilio Vaticano II”.

Ci sono i fatti, ma per chi li ha vissuti o conosciuti a fondo non sono tutti, e soprattutto la loro interpretazione appare molto di parte, e fondamentalmente equivoca…Infatti una qualche strumentalizzazione, da parte di Togliatti, ci fu veramente. Nella realtà la vicenda storica del discorso di Bergamo ha una spiegazione semplice e sufficiente: qualche giorno prima del discorso di Bergamo Palmiro Togliatti si incontrò a casa di Franco Rodano, pensatore e uomo di teoria politica, fondatore del movimento detto dei “Cattolici-comunisti”, con Don Giuseppe De Luca, amico e collega fino dalla gioventù di Giovanni XXIII, che aveva visto il Papa anche durante la preparazione della Pacem in Terris, e ne conosceva i contenuti, tra i quali fondamentale la distinzione “giovannea” tra “errore ed errante” e l’affermazione che i movimenti storici non sono immutabili nella loro evoluzione, anche quando prendono origine in dottrine filosofiche errate, e può succedere che la cosa dia spazio ad incontri nuovi magari ritenuti impensabili…Ovviamente in quella occasione Don Giuseppe De Luca parlò tranquillamente e alcuni temi della “Pacem in Terris” gli tornarono sulle labbra….

La sagacia di Togliatti fu tale che, in vista delle elezioni seguenti, poche settimane dopo, egli utilizzò anche quei temi giovannei nel suo discorso di Bergamo, e la cosa ebbe grande risonanza, pro e contro, anche dentro la Chiesa stessa. Va ricordato che ci fu, anche in ambienti vaticani, chi accusò il Papa di aver regalato, prima con l’udienza dell’autunno precedente al genero di Krusciov, e poi col cedimento di quella Enciclica rivolta per di più – scandalo allora, per tanti! – “a tutti gli uomini di buona volontà”, qualche milione di voti ai comunisti!

Non basta ancora, perché nella nota suddetta si arriva ai nostri giorni, e non mi convincono altre due cose che pure sono esplicite.

 

La prima è quello che appare un preciso e tagliente giudizio sul Concilio, come se da esso sia venuta solo una “eterogenesi dei fini”, ed esso abbia prodotto una catastrofe dottrinale cui poi due Papi avrebbero dovuto innanzitutto porre rimedio. Questo giudizio non è esplicitato nelle affermazioni riportate del sociologo detto “marxista ratzingeriano”, ma con tutto il rispetto per lui, dietro esse si può lecitamente intravedere una posizione ben conosciuta e diffusa soprattutto in ambienti socialmente conservatori che trovano ampie simpatie anche in uomini di Chiesa e di Curia dei decenni passati, e fino ad oggi, un giudizio per lo meno problematico sul Concilio Vaticano II come tale. E non si tratta solo dei movimenti scismatici e lefebvriani, per i quali il Concilio fu “il fumo di Satana” infiltratosi nella Chiesa. Questi arrivano ad accusare di “eresia” formale sia il Concilio sia tutti – tutti i Papi seguiti ad esso, fino a Benedetto e, ovviamente, oggi Francesco. Per provarlo un solo esempio: basterà cercare in rete l’opuscolo di Don Patrick de La Roque, “Immanenza, incarnazione e redenzione in Giovanni Paolo II, o il modernismo di un Papa”, con prefazione del “vescovo” Fellay, oggi alla testa della Fraternità San Pio X, secondo il quale il neo Santo, in compagnia di tutti i Papi dal Concilio in poi, fu esplicitamente “eretico”, immanentista, negatore della Signoria di Cristo e della Chiesa su tutti i poteri del mondo e della immutabilità del dogma cattolico. Accuse simili, ed anche peggiori, nel corso degli ultimi 50 anni gli stessi ambienti le hanno rivolte anche a Paolo VI, e continuano a rivolgerle a tutti i vescovi di Roma dopo il Vaticano II, nessuno escluso e fino ad oggi….

 

Credo e spero, ovviamente, che il giudizio di Sorbi sul Concilio non arrivi a questi eccessi, ma “dal mattino si vede il buongiorno”, anche se talora non se ne è del tutto avvertiti….

 

La seconda cosa che non mi convince riguarda proprio la posizione di Togliatti verso la religione e la Chiesa. Parlare di “vera apertura” ai temi religiosi, per Togliatti, non ha alcun senso. Altro che “comune umanesimo”! Dopo quel discorso di Bergamo Togliatti continuò a pensare all’inconciliabilità assoluta tra la sua visione, che era fino allora quella unanime del Partito, e la fede cristiana e cattolica. In questo egli restò profondamente “gramsciano”, e lo disse apertamente fino al 1964, anno della sua morte, anche nel celebre “Memoriale di Yalta”, suo Testamento politico e ideologico: la religione va conosciuta bene, ma al fine ultimo di superarla. E’ per la storia la stessa posizione di Antonio Gramsci: la Chiesa resta sempre un nemico della classe operaia, ostacolo alla liberazione totale, e la filosofia del Partito resta quella della dottrina materialista del marxismo ideologico, immanentista e del tutto atea….

 

Ecco la conclusione: Sorbi, e con lui molti, a mio parere troppi, e lo scrivo proprio pensando a Franco Rodano, al suo pensiero ed alla sua azione, dimenticano che solo con Enrico Berlinguer, negli anni tra il 1973 e il 1984, si ebbe nel Pci il superamento ideologico dell’ateismo marxista e dell’obbligo, esplicito sulla carta fino negli Statuti del partito, di seguire la filosofia del marx-leninismo. E la mancanza di memoria giusta porta a giudizi ingiusti: è avvenuto e avviene sia nella nostra Sinistra politica, dalla morte di Berlinguer ad oggi, che nella realtà della vita della comunità cristiana. E così si parla con sufficienza e ironia, o con disprezzo integralista di parte cattolicista, di “cattocomunismo”, diventato un insulto e una parodia….

In realtà proprio Franco Rodano, a casa del quale nella primavera del 1963 c’era stato quell’incontro tra Togliatti e Papa Giovanni nella persona di Don Giuseppe De Luca, negli anni successivi, proprio in tema di rapporti tra politica e fede cattolica, portò Enrico Berlinguer a quel passo teorico e in potenza anche politico che fu espresso nella “Lettera al vescovo Bettazzi”, nella quale il Segretario del Pci si impegnava a volere un partito e uno Stato “non teista, non ateista e non antiteista”. Una posizione chiara, ben oltre le affermazioni di Antonio Gramsci e le furbizie dialettiche di Palmiro Togliatti, che aprì le porte del cosiddetto “Compromesso Storico”, che poi svanì sia per la sordità del Partito, da Longo in poi, forse fino ad oggi, che per la non accoglienza da parte di uomini di Chiesa, e soprattutto poi per l’uccisione di Aldo Moro (1978) e per la morte improvvisa dello stesso Berlinguer (1984)…

Ecco: con questo completamento e questi elementi non proprio marginali, anche la nota dalla quale sono partito appare più comprensibile teoricamente, e più vera storicamente.

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