I capi delle Chiese di Gerusalemme: «Il processo di pace continui»

16/04/2014 

 

Gerusalemme

GERUSALEMME

Nel messaggio pasquale dei leader cristiani un appello sul negoziato israelo-palestinese. Intanto la tensione è salita dopo l'uccisione di un comandante della polizia a Hebron

GIORGIO BERNARDELLI
ROMA

«Nonostante le gravi difficoltà non si lasci cadere quest'opportunità storica per la pace». Colgono l'occasione dell'augurio di Pasqua i capi delle Chiese di Gerusalemme per lanciare un nuovo invito a israeliani e palestinesi a non rinunciare al negoziato di pace. E sono parole che assomigliano molto  a un estremo appello se si tiene conto del profondo pessimismo calato nelle ultime settimane intorno ai colloqui di pace mediati dal segretario di Stato americano  John Kerry.

C'è rassegnazione a Gerusalemme sull'ennesimo nulla di fatto. Ed è il clima più incline alle fiammate di violenza: proprio lunedì sera, mentre si recava con la famiglia al seder – la cena rituale della Pasqua ebraica – è stato colpito a morte a Hebron l'alto funzionario della polizia israeliana Baruch Mizrahi. E dopo le discussioni sulla mancata liberazione dei prigionieri palestinesi – uno dei punti su cui si era arenata la trattativa tra israeliani e palestinesi – sulla stampa ebraica ora monta la polemica: la vedova dell'ultima vittima si è rivolta apertamente al premier Netanyahu, dicendo che non ci può essere «alcuna liberazione di terroristi mentre nuove famiglie vengono colpite».

È dentro a tutto questo clima, dunque, che i capi delle Chiese – tra cui il patriarca latino Foud Twal, quello greco-ortodosso Teofilo III, quello armeno Norhan Manougian e il custode di Terra Santa padre Pierbattista Pizzaballa – rivolgono il loro appello a non fermare il negoziato. Al contrario, chiedono di andare oltre le discussioni sterili per affrontare il tema delle ingiustizie che stanno alla base di questo conflitto apparentemente infinito. «Chiediamo a tutti i cristiani, ma anche ai credenti delle altre religioni e a tutti gli uomini di buona volontà – scrivono i patriarchi e gli altri vescovi – di pregare con fervore per un esito positivo del processo di pace attualmente in corso in Terra Santa; un esito che sia conforme al diritto internazionale in modo che la pace possa finalmente regnare nel nostro mondo ferito. Nonostante le gravi difficoltà di oggi esortiamo tutte le parti a non lasciar cadere questa opportunità storica per la pace. Se non si cerca di superare le discriminazioni tra le diverse comunità non può esserci pace vera per tutti. Perché la pace sia vera, deve abbracciare la giustizia e la volontà di riconciliazione. Quella riconciliazione tra Dio e l'umanità e tra i popoli contrapposti che sgorga dalla Croce ed è resa manifesta dalla Resurrezione».

Un messaggio – dunque – specificamente collegato al mistero della Pasqua che – per la coincidenza tra il calendario gregoriano e quello giuliano – tutti i cristiani si apprestano a celebrare insieme quest'anno a Gerusalemme. «Qui, nella Città Santa – scrivono ancora i capi delle Chiese – è per noi una tradizione, un privilegio e un preciso compito annunciare la Buona Notizia del Signore risorto a tutta la famiglia umana, e in particolare a quanti vivono nell'oppressione, nella violenza, lontani da casa, nell'occupazione, nell'ingiustizia e in qualsiasi altra forma di sofferenza umana. Preghiamo affinché la potenza della Resurrezione possa spazzare via tutte le sofferenze umane e la luce che brilla dalla Tomba vuota possa infondere coraggio, perseveranza e speranza in una vittoria vicina».

Questa mattina, intanto, a Gerusalemme c'è stata tensione anche alla spianata delle Moschee, dove vi sono stati scontri tra la polizia e decine di dimostranti palestinesi, con alcuni feriti. Un ulteriore indicatore del clima tornato incandescente nella Città Santa che papa Francesco tra un mese si appresta a visitare.

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