Il Ministro Profumo e l’ora di Religione. Non sottovalutiamo l’insidia nascosta nel buonismo ufficiale.

di Paolo Deotto

Nihil sub sole novum. Va a finire che uno apprezza il sano, rude, rapinatore, che ti dice, puntandoti la pistola: “O la borsa o la vita”. Almeno è chiaro: se non mi dai i tuoi soldi, ti ammazzo. Al giorno d’oggi invece tutto è mieloso, vellutato, con una dolcezza da causare il diabete a un ipoglicemico. Il sig. Francesco Profumo, che nel singolare governo che ci tocca sopportare è responsabile, nientemeno, della Pubblica Istruzione, si preoccupa del fatto che nelle scuole italiane sono sempre più numerosi gli studenti stranieri, spesso di religione non cattolica. Anzi, con parole più belle e un tantino ricercate “l'Italia è polo d'attrazione per molti extracomunitari che non professano la religione cattolica”. Che fare? Opprimere queste giovani schiere con l’insegnamento della religione cattolica? Ma vi pare giusto? Ecco la brillante pensata: "Credo che l'insegnamento della religione nelle scuole così come è concepito oggi non abbia più molto senso… sarebbe meglio adattare l'ora di religione trasformandola in un corso di storia delle religioni o di etica".

Sorvoliamo sul fatto che in un governo serio (?) i ministri non dovrebbero parlare a ruota libera, e sorvoliamo anche sul fatto, che forse il sullodato ministro ignora, che l’insegnamento della religione cattolica è previsto dagli accordi tra lo Stato italiano e la Santa Sede, accordi che non possono essere derogati su iniziativa di un ministro. Non si può però tacere su alcuni punti.

Un corso di storia delle religioni. Bello e senza dubbio molto interessante. Ma è un’altra cosa, non c’entra nulla con l’insegnamento della religione cattolica. Con la stessa logica possiamo proporre di abolire i corsi di chimica e sostituirli con un corso di taglio e cucito. E poi, signor Profumo, cosa sarebbero i corsi di “etica”? Quale etica, scusi? Forse quella di cui ha bofonchiato in questi giorni quel vecchio signore che insistiamo a stipendiare al Quirinale, parlando – in occasione dell’inizio delle scuole – di necessità di insegnare ai giovani la “legalità”? Cosa propone quindi? L’etica del relativismo? La legalità infatti è relativa, perché altro non è che un rispetto delle forme (è legale tutto ciò che è conforme alla legge, a prescindere dal giudizio sul contenuto della legge stessa). Ma se i corsi di “etica” dovessero invece insegnare la Giustizia (di cui, guarda caso, nessuno parla più), che è un valore assoluto, dove andrebbero a prendere questo valore assoluto? Nella morale laica, che per sua natura è relativista?

Insomma, come vede, sig. Profumo, il suo discorso si accartoccia su sé stesso.

Precedente “Ti ho tanto amata che ho persino accontentato i tuoi capricci...” Successivo CATECHISMO ESSENZIALE della Chiesa Cattolica (di S. Pio X)