Il Papa è «progressista»? Un’intervista del «Foglio» a Massimo Introvigne

Venerdì 15 marzo 2013 alle ore 6.36

                                               

I territori del Diavolo

Che cosa pensa Bergoglio di vita, famiglia, matrimoni gay. Appunti per progressisti conformisti 

Roma. C’è un equivoco di fondo, in certi articoli e commenti letti e ascoltati nelle poche ore successive all’elezione di Jorge Mario Bergoglio a nuovo Pontefice. Ed è il considerare l’ex vescovo di Buenos Aires un progressista stereotipato, o comunque un finto conservatore, come se il suo essere attento ai poveri bastasse a iscriverlo alla chiesa che piace ai Küng e ai Mancuso, in contrapposizione con gli ultimi due Papi, Benedetto XVI e Giovanni Paolo II. Proprio i due teologi citati, Hans Küng e Vito Mancuso, ieri su Repubblica cercavano di arruolarlo tra le proprie file. Più sottile il direttore Ezio Mauro, che in un editoriale benevolo lasciava intendere che se Francesco non si comporterà “bene” si andrà a scavare nel suo passato. Agenzie di stampa e telegiornali, poi, parlavano di un pastore che – testuale – “non ha mai approvato l’eccessiva rigidità della Chiesa soprattutto in materia di sessualita”. Intervistato dalla Stampa, il vaticanista del quotidiano argentino Clarín, Sergio Rubin, diceva che Papa Francesco “farà una distinzione molto netta fra il potere religioso e quello temporale. Se uno stato vorrà legalizzare i matrimoni tra persone dello stesso sesso, sono sicuro che non contrasterà questa decisione”. In generale ieri era tutto un darsi di gomito tra chi, insofferente alla durezza di Ratzinger su certi temi, pensa di avere oggi un Papa più “morbido” e più “aperto”. Viene da chiedersi se Rubin e gli altri abbiano letto, per esempio, la lettera che il cardinal Bergoglio scrisse ai quattro monasteri carmelitani di Buenos Aires in occasione del voto al Senato della Repubblica argentina sulla proposta di legge intesa a legalizzare il matrimonio e le adozioni omosessuali (poi approvata il 15 luglio 2010): “Il popolo argentino dovrà affrontare nelle prossime settimane una situazione il cui esito può seriamente ferire la famiglia. Si tratta del disegno di legge che permetterà il matrimonio a persone dello stesso sesso. E’ in gioco qui l’identità e la sopravvivenza della famiglia: padre, madre e figli. E’ in gioco la vita di molti bambini che saranno discriminati in anticipo e privati della loro maturazione umana che Dio ha voluto avvenga con un padre e con una madre. E’ in gioco il rifiuto totale della legge di Dio, incisa anche nei nostri cuori”. Bergoglio continuava parlando di “invidia del Demonio che cerca astutamente di distruggere l’immagine di Dio, cioè l’uomo e la donna che ricevono il comando di crescere, moltiplicarsi e dominare la terra”. E a proposito di “non contrastare” la decisione dei paesi che vogliono legalizzare i matrimoni gay, chiedeva di pregare affinché i senatori non votino a favore di questa legge, ma “secondo ciò che la legge naturale e la legge di Dio indicano loro”. Bergoglio si è anche più volte scontrato con il governo del suo paese – anche in tribunale – per contrastare leggi troppo permissive sull’aborto e rivendicare il diritto dei cattolici a opporsi con l’obiezione di coscienza a questa pratica, così come all’eutanasia occulta di fatto praticata negli ospedali.

Un Papa che non negozia niente

Se dunque sui cosiddetti principi non negoziabili è pressoché impossibile trovare ammiccamenti al mondo, da dove viene questa idea di un Papa non conservatore e in rottura con il precedente pontificato? Secondo lo studioso cattolico Massimo Introvigne, direttore del Centro studi sulle nuove religioni, ci sono tre ragioni che alimentano questo equivoco: “La prima sono le informazioni sul Conclave del 2005, non verificate in quanto coperte da segreto pontificio, secondo cui Bergoglio sarebbe stato ‘usato’ da Martini per bloccare la candidatura di Ratzinger”. Questo darebbe al nuovo Papa la patente di progressista, “anche se è curioso – continua Introvigne – che gli stessi sostenitori di questa tesi siano anche quelli che raccontano come il cardinale argentino chiese di non essere più votato per la stima che aveva di Ratzinger”. Ci sono poi certe sue dichiarazioni fatte in passato contro le banche, il signoraggio internazionale e in favore dei poveri. Basta questo per dipingerlo come un prelato di sinistra? “Sono affermazioni che vanno contestualizzate nel luogo e nel periodo in cui sono state fatte, e cioè gli anni della crisi economica che ha messo in ginocchio l’Argentina, quando la moneta non valeva più niente e la gente moriva di fame per le strade: è comprensibile che Bergoglio criticasse duramente un sistema che stava distruggendo il suo paese”. Lo stesso dicasi per il suo ecumenismo, con aperture ai pentecostali che talvolta hanno fatto storcere il naso ai conservatori, ma che – spiega Introvigne – “sono sempre state fatte in concerto con Roma”. Infine, c’è chi sottolinea un approccio poco rigido ai dettami liturgici: l’omelia a braccio nella sua prima messa, l’altare “mobile” nella Cappella Sistina, la benedizione urbi et orbi non in retto tono sono visti da qualcuno come strappi a una tradizione consolidata: “Ci sono sacerdoti che dicono la messa in latino e sono progressisti – conclude Introvigne – aspetterei a giudicare il Papa da questo aspetto: non sempre la liturgia va di pari passo con la dottrina”. Chi si aspetta dunque un Papa mite, che non darà troppo fastidio al mondo, dovrà ricredersi: da cardinale Bergoglio ha parlato di “chiesa perseguitata in occidente tramite il metodo della diffamazione e della calunnia”, e di libertà religiosa in pericolo laddove il cristianesimo viene insultato. Difficile che Papa Francesco resti a guardare.

Piero Vietti 

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