Il Papa, Scola e la corsa dei 28 italiani

17/02/2013 
Scola con Benedetto XVI

SCOLA CON BENEDETTO XVI

Ieri l'ultimo segno della stima di Ratzinger per l'arcivescovo di Milano. Ma l'esito del conclave resta apertissimo

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

Benedetto XVI riceve per l'ultima volta la visita di un gruppo di vescovi italiani, stringe le mani al cardinale al «papabile» Angelo Scola, dice che la Lombardia «deve essere il cuore credente dell'Europa». E aggiunge: «Questa responsabilità significa che dovete diventare una luce per tutti». Sono parole impegnative quelle che pronuncia il Pontefice incontrando l'arcivescovo di Milano e altri dodici vescovi lombardi, tra i quali anche il cardinale Dionigi Tettamanzi, in veste di amministratore apostolico di Vigevano. È lo stesso Scola, intervistato da Radio Vaticana, a raccontare dell'udienza, durata oltre un'ora, con «un tasso di commozione abbastanza marcato tra noi» e con il Papa «che tra tutti era il più sereno».

«A un certo momento, pensando alla Lombardia e alla sua centralità – racconta l'arcivescovo di Milano – il Papa ha detto che la Lombardia deve essere il cuore credente dell’Europa». «Noi abbiamo ricordato alla fine – aggiunge il cardinale – che sentiamo la responsabilità di essere stati gli ultimi ricevuti nella visita ad Limina, e lui ci ha detto: “Questa responsabilità significa che dovete diventare una luce per tutti”. Speriamo di essere capaci».
Ratzinger e l'arcivescovo di Milano si conoscono da oltre quarant'anni. Il Papa, dopo essersi recato in visita a Venezia, dove Scola era patriarca, con una decisione inedita ha voluto trasferirlo nella diocesi ambrosiana, la più grande d'Europa e tra le più importanti del mondo. Nell'ultimo anno la collaborazione si è ulteriormente intensificata.

Scola, 71 anni, è il «papabile» italiano più in vista è più conosciuto a livello internazionale. I cardinali elettori del Belpaese, al prossimo conclave, saranno in totale 28. Di questi, ben 19 sono curiali (13 tutt'oggi in carica, 6 emeriti). I rimanenti 9 sono arcivescovi residenziali: 7 alla guida di diocesi, due emeriti (tra questi Severino Poletto, già arcivescovo di Torino, e lo stesso Tettamanzi). La presenza italiana sotto il pontificato di Benedetto XVI è sensibilmente aumentata, dato che all'ultimo conclave i porporati originari del nostro Paese erano 20, contro gli attuali 28. Molto significativa, come ha fatto notare il quotidiano «Avvenire», è anche la proporzione tra curiali e residenziali. Nel 2005 su 20 italiani votanti solo 9 erano curiali. Oggi su 28 sono ben 19.

La pattuglia italiana avrà dunque un peso importante nell'elezione. Ma come già accaduto negli ultimi conclavi, questi porporati non rappresentano un «partito» o una «cordata»: ci sono quelli più vicini al Segretario di Stato Tarcisio Bertone, ci sono curiali di varie provenienze e orientamento, ci sono residenziali con formazioni e curricula diversissimi.

Tra loro, cinque sono considerati «papabili», anche l'elenco non esclude gli altri. Oltre a Scola, ci sono l'arcivescovo di Genova Bagnasco e il «ministro della cultura» Gianfranco Ravasi, segnalato come «papabile» già al momento della sua chiamata in Curia dal vaticanista americano John Allen. Ai loro nomi si potrebbero aggiungere quello dell'arciprete di San Pietro, Angelo Comastri e quello dell'arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori.

«Romano lo volemo, o almanco italiano», gridava la folla nella Città Eterna, nell'aprile 1378, chiedendo a gran voce che il conclave mettesse fine alla serie dei Papi francesi. Dopo i pontificati del polacco Wojtyla e del tedesco Ratzinger, la cattedra del vescovo di Roma tornerà all'Italia? Difficile dirlo. Diversi porporati stranieri considerano la vicenda vatileaks uno scandalo molto italiano. E proprio per questo potrebbero continuare a scegliere altrove.

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