Il quarto segreto di Fatima… (seconda parte)

IL ‘QUARTO’ SEGRETO DI FATIMA… di Antonio Socci

E LE RIVELAZIONI ALLA MISTICA … Maria Valtorta

 (Storia, politica e profezia…)

                                                                                di Guido Landolina

  (Il presente è il secondo di due articoli dell’autore pubblicati nei mesi di febbraio e marzo 2007 sulla Rivista ‘Il Segno del Soprannaturale’ delle Edizioni Segno)

 

Nella prima puntata di questa nostra escursione nelle rivelazioni della Madonna a Fatima, avevamo illustrato succintamente i contenuti delle prime due parti della rivelazione e successivamente quelli della terza parte.  Abbiamo analizzato – alla luce di quanto emerge dal libro-inchiesta di Antonio Socci – le  ragioni che dovettero impedire alla Gerarchie ecclesiastiche di accondiscendere alla principale richiesta di Dio: salvare i peccatori stabilendo la devozione al Suo Cuore Immacolato con una Consacrazione a Lei della Russia fatta in forma solenne dal Santo Padre in unione con tutti i Vescovi del mondo.

Oltre però a non aver ottemperato alle richieste precise della Madonna, non venne neanche divulgata la terza parte del segreto, quella della visione che concerneva un Papa ucciso da soldati con il contorno di una città distrutta e assassinio di Vescovi, Sacerdoti, religiosi e civili.

La Madonna, in apparizioni successive alla veggente, le aveva fatto intuire che questa parte avrebbe dovuto essere fatta conoscere a partire dal 1960.  Ci potremmo chiedere perché proprio da quella data. Allora era forse impossibile capirlo ma oggi sappiamo che é proprio da quell’epoca che lo stato della Fede fra i cristiani  avrebbe cominciato a ruzzolare sempre più verso il basso: conoscere il futuro che poteva verificarsi avrebbe potuto fermare quella discesa. In realtà la terza parte della visione – come abbiamo già detto – sarebbe stata ufficialmente divulgata solo nel 2000 e per espressa volontà di Giovanni Paolo II.

 

Mons. Capovilla e il Segreto su due fogli separati…

 Ma ritornando a Fatima, riguardo all’adempimento finale  della profezia  con l’attentato a Giovanni Paolo II nel 1981, Socci[1] osserva che secondo una lettera di Suor Lucia del 1982, quindi successiva a tale attentato, la veggente ebbe a scrivere che «Se non constatiamo ancora la consumazione completa finale di questa profezia, vediamo che vi siamo incamminati a poco a poco a larghi passi… E non diciamo che é Dio che così ci castiga: al contrario sono gli uomini che da se stessi si preparano il castigo. Dio prenurosamente ci avverte e chiama al buon cammino, rispettando la libertà che ci ha dato; perciò gli uomini sono responsabili».

Se si fosse veramente pensato che l’attentato al Pontefice fosse stato l’avveramento conclusivo della visione profetica, da considerarsi così esaurita, perché aspettare ancora venti anni per dire che si trattava ormai di acqua passata? Per la preoccupazione che non fosse ancora interamente adempiuta e che forse  la rivelazione – con la visione di quell’Angelo che gridava ‘Penitenza!Penitenza!Penitenza!’ con la spada di fiamme pronta ad incendiare il mondo – applicata ad un futuro avrebbe potuto spaventare troppo? Non fu forse il panico provocato a Ninive dalla predicazione del profeta Giona –  che invitava alla Penitenza perché in caso contrario Dio avrebbe distrutto la città con tutti i suoi abitanti  quello che indusse re e popolo a cambiare ‘registro’, così da indurre Dio a risparmiarli avendo essi aderito alla sua volontà? Oppure, ancora, non si poteva prestar fede alle dichiarazioni ‘profetiche’ di tre ragazzini analfabeti?

E’ noto peraltro che Giovanni XXIII avesse personalmente dubbi quanto meno sulla autenticità integrale della profezia di Fatima e molti si chiedono quanto i suoi dubbi possano avere successivamente condizionato e legato le mani ai papi successivi ed allo stesso Papa Giovanni Paolo II. Se veniva però messa in dubbio in tutto o in parte l’autenticità della rivelazione ed in particolare della terza parte come mai beatificare – per di più dopo sessant’anni e ‘a mente fredda’ – i due pastorelli Giacinta e Francisco? Bisogna convenire che sono domande legittime, non ‘dietrologiche’ ma di semplice buon senso.

Dichiarazioni[2] molto recenti su testimonianze rese da Mons. Capovilla, all’epoca Segretario di Giovanni XXIII, nonché quelle di altri eminenti prelati come il Card. Ottaviani, hanno però ora portato molti a ritenere che la terza parte del segreto fosse stata scritta su due ‘fogli’ separati: sul primo la descrizione della rivelazione nei termini resi pubblici nel 2000, sul secondo la spiegazione della Madonna rimasta ‘secretata’. Il sospetto – anzi più che un sospetto pare si tratti qui della conclusione meditata che sembra emergere nella parte finale della indagine di Antonio Socci – è che il Vaticano nel 2000 abbia detto la verità, presentando la descrizione della visione di suor Lucia come la visione della terza parte del segreto, ma che la verità non l’abbia però detta tutta, avendo taciuto sulla successiva spiegazione della Madonna. I tre segreti sarebbero in tal caso… quattro, come argutamente titola l’opera di Socci.

Il Gesù valtortiano e le sue rivelazioni sul prossimo futuro della Chiesa e dell’Umanità.

 I lettori, specie quelli di ‘formazione’ valtortiana, si saranno a questo punto veramente chiesti cosa c’entri – con questi nostri discorsi  e col titolo di questi due articoli – il riferimento alle rivelazioni di Maria Valtorta.

Quanto ho fin qui spiegato mi è servito a preparare e rendere più comprensibile l’interpretazione di una rivelazione fatta dalla Madonna a Maria Valtorta, rivelazione che ritengo collegata al terzo o, se preferite, al … ‘quarto’ segreto di Fatima. E’ contenuta in un’opera del Centro Editoriale Valtortiano  uscita alle stampe solo da pochi mesi (Quadernetti) – e che anzi approfitto per segnalare ai non informati – contenenti una ulteriore serie molto interessante di visioni e rivelazioni alla mistica che non erano state inserite nelle tre raccolte precedenti dei ‘Quaderni’.

La Madonna, parlandole il 4 luglio 1953 sul futuro di Roma[3], le dice che la città è la sede del Papato, e il Papa (che nel 1953 era Pio XII) avrebbe avuto tanto e sempre più a soffrire, questo Papa, e i futuri, per le forze infernali che si sarebbero scagliate sempre di più contro la S. Chiesa e i suoi rappresentanti e ministri. A riguardo di questo futuro, la Madonna (fate qui d’ora in avanti bene attenzione a date e numeri di capitoli perché sono costretto ad obbligarvi ad una sorta di ‘slalom’) ricorda alla mistica un ‘dettato’ che le era stato dato il 20.11.43, con riferimento ad una antica profezia di Isaia in relazione al Cap. 23, v. 18.

Si trattava del dettato – le ricorda ancora la Madonna – che venne ‘suggellato’ dal Signore quando il 24.3.46 disse alla mistica di distruggerne il testo per evitare il rischio di diffusioni imprudenti. Incuriosito – poiché sono un appassionato studioso dell’Opera valtortiana – ho fatto una piccola ricerca ed ho appurato (nei tre volumi conosciuti come ‘Quaderni’ che contengono la maggior parte dei dettati e visioni della Valtorta, ad eccezione delle visioni e dettati riportati nei suoi dieci volumi sulla vita evangelica di Gesù)  che di questo dettato attinente ad un commento del Cap. 23 di Isaia non vi era effettivamente traccia.

Peraltro in un altro brano dei Quaderni, la mistica faceva un accenno a tale dettato affermando di aver a suo tempo obbedito e di aver distrutto volentieri quella tremenda rivelazione, pur conservandone esattamente nella mente l’angosciosa memoria. Non sapremo mai cosa le venne rivelato, e del resto anche per altre rivelazioni fatte alla mistica – come Dio ordinava talvolta anche ai profeti del Vecchio Testamento – il Signore le richiese di ‘sigillarle’ nel suo cuore.

Consultando allora nella Bibbia il Libro del profeta Isaia ho appurato che il Cap. 23 v.18 consiste in un vaticinio contro Tiro, fiorente città a quell’epoca la più importante e ricca della Fenicia. Una città dedita alla spensieratezza e alle baldorie che tuttavia sarebbe stata distrutta a causa di un decreto di Dio per umiliarne l’orgoglio di ogni grandezza ed ‘abbassare’ i personaggi che si ritenevano ‘illustri’. Il particolare interessante è che il Vaticinio citato dalla Madonna valtortiana si riferiva più precisamente al versetto 18 dal quale emerge  che la città di Tiro, rimasta nella distruzione per settanta anni, si sarebbe ripresa perché sarebbe stata nuovamente ‘visitata’ dal Signore. Gli abitanti l’avrebbero a questo punto ricostruita, ricreando condizioni di prosperità e ricchezza che tuttavia essi – avendo riconosciuto nelle rovine precedenti la Giustizia di Dio – questa volta avrebbero consacrato al Signore usandole a beneficio degli ‘Adoratori’ di Dio.

Questo particolare aspetto del vaticinio dovrebbe essere quello che – probabilmente – servì al Gesù della mistica da spunto allegorico per darle – nel 1943 – quella rivelazione misteriosa sulla Roma del futuro, se non anche sul futuro dell’Umanità, rivelazione che poi il Signore nel 1946 le ingiunse di distruggere.

Sono convinto che vi sia un nesso fra Tiro e Roma perché la Madonna – pur senza menzionare i contenuti di quel dettato segreto del 1943 – dice chiaramente che vi è un collegamento fra il versetto 18 (ricostruzione della città con consacrazione da parte degli abitanti pentiti delle nuove ricchezze al Signore) e quanto – e qui lo deduco io dal contesto complessivo – potrebbe avvenire nella Roma del futuro in quella che la Madonna della rivelazione valtortiana definisce ‘un’ora di prevalenza infernale, ossia anticristiana’. Ma il fatto ancor più curioso che non vi ho ancora detto è che nei ‘Quaderni del 1943’-  alla data del 20.11.43, dove avevo provato a vedere se per caso vi fosse traccia di quel dettato distrutto – non ho trovato il relativo al commento del v. 18 del Cap. 23 sulla distruzione di Tiro, ma in compenso ne ho trovato un altro –  sempre un vaticinio di Isaia – e, attenzione, riportante la stessa data relativo non al Cap. 23 ma al Cap. 22 v.11-14-18.

Sulle prime ho pensato ad un errore tipografico che indicava nei ‘Quaderni’ il Cap. 22 anziché il Cap. 23 menzionato invece dalla Madonna nei ‘Quadernetti’, oppure che l’errore tipografico fosse stato fatto nel citare nei ‘Quadernetti’ il Cap. 23 al posto del 22.  Dopo tredici anni di studi approfonditi dell’enciclopedica Opera valtortiana,  stampata e ristampata e diffusa nel mondo ormai da mezzo secolo, ho però imparato che non vi sono errori, nemmeno tipografici. Mi sono però reso conto che quello attinente al commento del Cap. 22 di Isaia dei ‘Quaderni’ era un dettato diverso, immediatamente anteriore a quello del Cap. 23 ma dello stesso giorno, facente parte di un intero ciclo didattico del Signore su un certo numero di Capitoli delle profezie di Isaia, lezioni dalle quali mancava però quella distrutta attinente appunto il versetto 18 del Cap. 23 citato dalla Madonna nei ‘Quadernetti’. Gesù, del resto, non di rado dava alla mistica due dettati nello stesso giorno.  E’ stato dunque distrutto il secondo dettato, secondo per ordine cronologico, ma è rimasto nei ‘Quaderni del 1943’ il precedente per il quale non vi erano ragioni di ‘secretazione’. E cosa dice il precedente? Apparentemente niente di troppo drammatico, ma comunque qualcosa che  mi ha fatto pensare a Fatima.

Si tratta infatti di un commento del Gesù valtortiano – sempre quello che le parlava nel 1943 – che, come fatto dalla Madonna in quel dettato sopra citato dei Quadernetti relativo alla città di Tiro, profetizza il futuro della Chiesa degli anni a venire ma collegandolo per analogia a quanto –  nei versetti 11-14-18 del Cap. 22 – Isaia profetizzò per Gerusalemme.

Premetto, per chi non fosse pratico di queste cose, che non poche profezie dell’Antico Testamento sono ‘ripetitive’ e figura di avvenimenti futuri destinati a verificarsi nuovamente nel corso della Storia nel momento in cui si realizzassero condizioni politiche, spirituali e sociali analoghe a quelle che avevano portato all’avveramento della prima profezia. Inoltre il nome di ‘Gerusalemme’ – per i cristiani – può essere ‘figura’ della ‘nuova città’ di Dio, Roma, in quanto sede del Papato e può persino indicare – a seconda dei contesti in cui la parola viene usata – anche la Chiesa, in senso gerarchico, ma anche l’universalità dei cristiani, nonché la ‘Gerusalemme celeste’, cioé il Paradiso, la Città di Dio per eccellenza.

 Nel capitolo 22 di Isaia (vissuto nel secolo VIII a.C.) è dunque contenuto un vaticinio contro Gerusalemme così come ‘l’oracolo’ del successivo Cap. 23 sarebbe stato diretto contro Tiro. Dio minaccia una tremenda punizione nei confronti della città di Gerusalemme e dei suoi abitanti. Anche qui viene descritta la situazione di un popolo che si è allontanato completamente da Dio, in piena baldoria e tripudio di valori effimeri e decadenti, un popolo che si dà spensierato alla bella vita, un popolo che anziché preoccuparsi delle minacce divine e dedicarsi alla Penitenza, ‘non rivolge lo sguardo a Dio’ – il quale sta conseguentemente preparando loro questo futuroe continua volutamente ad ignorarlo, anzi ad irriderlo, allontanando così da se stesso la possibilità del Perdono da parte di Dio.

Nell’Antico Testamento Dio punisce spesso gli allontanamenti dalla fede del suo popolo destando ‘prìncipi’ di altri popoli che lo asserviranno e ne distruggeranno la città, come pare essere il caso di questa profezia di Isaia. Vi si prospetta l’assedio, con gli abitanti impegnati a demolire case per rafforzare con le pietre le mura e a scavarsi una sorta di lago, una ‘piscina’, per contenere l’acqua necessaria alla popolazione per poter sopravvivere durante l’assedio. La  profezia poi continua quando Dio invita il Profeta a recarsi da Sebnà (sconosciuto ma identificabile forse come un potente personaggio che deve aver abusato della sua posizione a corte) per comunicargli che Dio lo strapperà dalla sua carica e lo spazzerà via facendolo ruzzolare come una palla…

Ebbene, come commento a tale profezia di Isaia, ecco quanto (i grassetti sono miei) Gesù dice alla nostra mistica[4]:

20-11-43 Isaia Cap.22 v.11-14-18

 Dice Gesù:

 Troppe volte non ‘rivolgete gli sguardi’ a Colui che è la vostra Provvidenza. Mettete le frange, spesso inutili, ad una cosa, e poi dite: ‘Questa cosa l’abbiamo fatta noi’. No. Non ne siete gli autori, anzi spesso ne siete i distruttori perché neutralizzate i frutti che da un’opera  vengono, quando non distruggete l’opera stessa con le vostre mani e le vostre menti distruttrici. Dio vi dà tanto, vi dà tutto quanto vi è utile e necessario per la carne ed il sangue, e per la mente e lo spirito. Voi a questo tutto, specie a quel tutto che è volto alla mente e allo spirito, scavate un ‘lago’. Oh! Sì! Un lago. Ma è lago in cui le acque limpide di Dio stagnano e si corrompono perché messe al contatto di tante altre cose e scoperte a tutte le invasioni. Così del sapere, moltiplicato a dismisura, ma non elevato verso Dio, avete fatto un pericolo per voi, così della religione che avete voluto infronzolire di tante inutilità, analizzare con lente umana, profanare volendola spiegare senza riferimento a Dio, avvilire rendendola formula e non forma di vita. E’ sempre lo stesso rimprovero che vi devo fare. Vi siete creduti pari o superiori a Dio. E siete caduti in opere non da figli di Dio ma unicamente da animali ragionevoli, i superragionevoli della terra, ma umanamente ragionevoli. Ed  è già molto quando siete ragionevoli e vi rispettate al punto di dirvi: ‘Vediamo di agire pensando al domani’. Il più delle volte pensate unicamente all’oggi e a fare dell’oggi una baldoria per la vostra carne superamata da voi. Neppure quando siete fra i tormenti di un castigo uscite da questa vostra euforia malsana. Ma anzi tanto più volete godere e vivere da bruti solo intenti a saziare fame e senso. E fra un godimento e l’altro irridete Dio nel quale più non credete, salvo poi imprecarlo o implorarlo nel momento che soffrite. E perché? Cosa vi attendete? Non è così che si ottiene aiuto da Dio. Io sono per chi è onesto e fedele. Anche se debole lo perdono e soccorro. Non sono per gli schernitori e i rinnegatori che sanno prendersi la loro parte e dare ai miei figli solo dolore e tormento. E tu, primo fra i miei figli[1] fortifica il tuo cuore appoggiando la bocca alla mistica fonte del mio petto squarciato. Come sei il mio araldo, e più che araldo il mio Vicario sulla terra, colui che rappresenta l’Agnello, e dell’Agnello hai cuore e parola, così sarai novello Cristo nel dolore e nella sorte. Quanto dolore è già nel calice che si avvicina! E non ti giova l’averne già tanto bevuto e l’esser vissuto da giusto! Non ti giova perché il dolore lo riempie sempre più quanto tu ne bevi, perché esso dolore è distillato e munto dalla Forza a noi nemica, la quale non potendo mordere il Cristo morde le carni delle sue creature. E quale creatura più creatura mia di te, che sei mite e giusto, che sei evangelico come il mio Giovanni? Come il Prediletto, affissati nel Cielo fino a farti rapire dall’ardore della contemplazione, perché l’ora del dolore è sempre più vicina ed hai bisogno di essere saturo di contemplazione per poter subire la passione senza piegare. Rimani ‘Luce del mondo’ in mia vece, anche se le tenebre ti monteranno addosso per schiacciarti. Anche cadendo tieni alzata la mia Croce che è Luce. Anche morendo fa udire la Voce che parla dal Cielo attraverso te, mio Servo esemplare. Hai pianto e non è giovato che tu conoscessi il segreto di Fatima. Le tue cure al mondo si sono rivolte contro di te come quelle che si usano ad un ossesso. Ma non importa. Mia Madre è con te ed Io con Lei. Noi siamo presso le grandi ‘voci’ e le piccole ‘voci’ che parlano in nome mio e che consumano se stessi perché la Voce del Cristo suoni ancora in questa terra brulicante di demoni. Siate benedetti, grandi e piccoli portatori della Parola. Noi vinceremo contro Satana. Io ve lo dico. E nell’ora della vittoria la mia stessa Luce sarà la vostra luce che vi farà splendenti come nuovi soli».

 Giovanni XXIII e i profeti di sventura

  Il Gesù valtortiano del ‘1943’, parla apparentemente ad un Papa che potrebbe anche essere il Pio XII di quell’epoca ma sembra anche spingere – nello stile profetico – lo sguardo nella profondità del futuro, parlando ad un Papa del futuro in una società futura che – come quella della Gerusalemme di Isaia dal quale questo dettato prende spunto – avrebbe ‘ballato’ spensierata, irridendo Dio. Una società che avrebbe ancor più profanato la Religione distorcendola con una teologia moderna e falsa. Egli parlava ad un Papa mite, evangelico, che verrà schiacciato dalle Tenebre, cioè dalla Forze del Male. Un Papa che sarebbe stato novello Cristo, non solo nel dolore ma anche nella sorte. Un papa che anche cadendo viene invitato a tenere alto lo stendardo della sua Croce, e che anche morendo dovrà essere capace di fare sentire la Voce di Dio. Questa non mi sembra propriamente la raffigurazione di un Papa che se ne muore ‘tranquillo’ – si fa per dire – nel proprio letto, ma quella in un campo di battaglia come quella iconografica di un alfiere portabandiera che – colpito – cade da cavallo ma – morendo con gli occhi al cielo – si sforza di tenere alta l’asta del vessillo. Quindi non una papa che ‘cade come morto’, ma un papa ucciso, e non in senso figurato, anche perché Gesù gli dice che lui, Martire, avrebbe dovuto subire la Passione di Cristo la quale consistette nella morte effettiva, per di più gloriosa..

 Non un Papa che ‘cade’ e si rialza, ma un papa che viene ucciso. Un Papa riferito al passato, come anche qui qualcuno preferirebbe voler dire, oppure rivolto al futuro, visto che viene fatto chiaro riferimento alla Gerusalemme di Isaia assediata da soldati nemici e distrutta, come quella del Papa della profezia di Fatima? Un papa – e questo è il tocco finale – che come spiega Gesù quasi a futura memoria – avrà conosciuto la terribile profezia del Segreto di Fatima, ma al quale questa conoscenza non avrà potuto portare alcun aiuto. Un papa dunque che pur conoscendo il futuro non potrà sottrarvisi e lo accetterà. Profezia? Allegoria? Realtà? Possiamo noi non considerarci una società che ‘canta e balla’ e irride Dio?

 Dobbiamo magari pensare di Fatima come Giovanni XXIII che – come scrive A. Socci[2]‘inaugurò  solennemente il Concilio Vaticano II, nell’ottobre 1962, con un discorso rimasto celebre per le sue infelici ironie sui bambini di Fatima: «A Noi sembra di dover dissentire da codesti profeti di sventura, che annunciano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo»? E come mai invece un altro Papa, Giovanni Paolo II, quello del ‘Totus tuus, Maria’ e delle invocazioni corali del ‘Santo subito’, devoto alla Madonna di Fatima, ha voluto invece celebrare nel 2000 – con una cerimonia di estrema solennità in mondovisione – la beatificazione di codesti ‘infausti profetelli’?

 No, non voglio essere considerato anch’io ‘profeta di sventura’ e mi auguro – anzi sono sicuro – che non incomba la fine del mondo, ma forse quella che gli esperti di apocalittica, anche di altre religioni, chiamano ‘fine dei tempi’, una fase che concluderebbe un’era e ne aprirebbe un’altra.

 

 

 


[1] E’ il Papa, come appare dalle parole che seguono

[2] A. Socci: Op. cit., pag. 207

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