Immigrazione, meglio non farsi illusioni

 16-09-2014 

di Alfredo Mantovano

 

Al termine dell’estate sono mutati gli elementi chiave della emergenza sbarchi? Proviamo a vedere.

È stata sbandierata come un successo italiano la prospettiva di superare Mare Nostrum con Frontex plus. Fin da subito sono però emerse riserve scontate: Frontex è l’agenzia europea di controllo delle frontiere; esiste per rendere difficile, se non impossibile, superare le frontiere medesime, incluse quelle marine. Non ha mai dato ottima prova di sé, grazie al suo funzionamento farraginoso e a mezzi quasi mai adeguati.Mare Nostrum è una operazione italiana di soccorso in mare, concretizzatasi nell’avanzamento della linea delle nostre unità nel Mediterraneo, con la raccolta dei migranti in prossimità delle acque territoriali della Libia. Presupposti, forme e obiettivi sono differenti, se non divergenti. 

In che modo il potenziamento di Frontex – da cui l’aggiunta del “plus” – sostituirebbe Mare nostrum? Il bluff è venuto fuori quando si è appreso: a) che i mezzi che Frontex porrebbe a disposizione sono due aerei, un elicottero, due motonavi e due imbarcazioni leggere, al costo mensile di 2,3 milioni di euro; a fronte delle cinque navi, quattro aerei e quasi mille uomini impiegati da quasi un anno dalla nostra Marina militare, al costo mensile di nove milioni di euro; b) non è detto che quei mezzi saranno effettivamente disponibili, non essendo ancora definiti l’entità del trasferimento finanziario dalla Commissione Ue a Frontex e la volontà degli Stati membri di cooperare; c) nel presunto accordo fra Italia e Commissione Ue non vi è un solo cenno a un ruolo diverso che Frontex sarebbe chiamata a svolgere. E poi, immaginiamo che si trovino i soldi che Triton – è il nome della missione di Frontex plus – parta; quale beneficio avrebbero le sorti in mare dei migranti e l’Italia dal posizionamento dei mezzi aeronavali di Frontex dietro i nostri?

La furbizia italiana di non identificare larga parte dei migranti per consentire il loro esodo oltre i confini nazionali non poteva non avere vita corta. L’Ue e qualche Stato europeo hanno levato la voce e hanno detto basta; risultato: da qualche giorno le identificazioni sono ricominciate. In applicazione della Convenzione di Dublino sui rifugiati, l’Italia ha ripreso a rispettare l’obbligo di trattenere nei propri confini coloro che la raggiungono come primo Stato di destinazione; e quindi, di curarli, mantenerli e ospitarli fino alla definizione della domanda di asilo, senza sperare che vadano altrove. 

Le persone che perdono la vita in mare crescono di numero. Contro le intenzioni, sotto Mare Nostrumsi è registrato – e si registra – il maggior numero di vittime. Ne abbiamo parlato più volte: la distanza inferiore da coprire e l’affidamento sulle navi italiane hanno indotto gli scafisti a far salire i migranti su imbarcazioni sempre più precarie, pronte a rovesciarsi alla prima difficoltà di attraversamento. È intollerabile il silenzio o lo spazio limitato che quest’aspetto ha sui media e fra larga parte delle istituzioni interessate; è intollerabile che si sia stabilito un rapporto inversamente proporzionale fra il gran numero di morti in mare e il minore rilievo che essi hanno.

Si andrà avanti con l’illusione di qualche segnalazione in più da Triton, ammesso che si avvii, mantenendo in piedi l’intera baracca di Mare nostrum? Le urgenze sono politiche e giuridiche, e chiamano in causa:

a. la modifica della Convenzione di Dublino. La realtà è oggi radicalmente diversa dal momento in cui quell’atto fu firmato: non sarebbe uno scandalo se, previa rinegoziazione,  le norme si adeguassero al cambiamento, concordando un’equa ripartizione degli oneri fra i 28 Stati dell’Unione;

b. la provvista di adeguate risorse finanziarie, che sostenga la costruzione di un omogeneo sistema di asilo per i rifugiati ed eviti che il peso ricada in prevalenza sull’Italia;

c. una presenza in sicurezza sul territorio libico per verificare lì chi ha titolo alla protezione umanitaria, e per condurlo quindi in Europa senza che si affidi agli scafisti, e chi invece va rispedito indietro. Follia, viste le condizioni della Libia di oggi? Non è stato più folle far saltare nel 2011 il precario equilibrio libico per ottenere l’anarchia terroristico-criminale attuale? Alcuni Stati europei più di altri – la Francia, per non fare nomi – non sentono il dovere di riparare nei fatti il danno provocato? 

La principale novità dell’estate è la nuova Commissione Ue. Al cui interno, come è noto, l’Italia ha espresso il rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune e la Grecia ha espresso il Commissario per l’immigrazione; per la prima volta vi è tale ruolo all’interno della Commissione, e c’è da sperare da un lato che ciò non sia avvenuto all’insegna di funzioni da far svolgere ai componenti aggiuntivi fino ad arrivare a quota 28 (tanti commissari quanti sono oggi gli Stati dell’Ue), dall’altro che la sensibilità “mediterranea” del nuovo Commissario costituisca un elemento in più. I nodi da sciogliere sono però quelli – sostanziali – appena ricordati; ipotizzare miglioramenti a seguito del presunto potenziamento di Frontex equivale a coltivare illusioni. Sempre più pesantemente mortali.

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