Lunedì 29 settembre 2014: Festa dei Ss. Arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele

Dai Quaderni di Maria Valtorta, 19 ottobre 1947.

   Dopo essere stata tutto ieri con la visione della zona romana che dalla basilica di S. Paolo va verso la campagna che va verso sud rispetto a Roma, zona sulla quale vidi cader delle rose il 5 maggio u.s. 1, avendo alla mia sinistra la Via Appia, una delle poche località di Roma che ricordo bene per averla vista nella mia unica sosta di 3 giorni a Roma nel 1920 (ottobre) andando a visitare la tomba di S. Paolo 2, e a destra il Tevere che va verso il mare – e non so perché per tutto un giorno io debba aver avuto presente questa zona di campagna romana – come viene la notte viene anche Maria Ss. a bearmi… E fin qui nulla di così straordinario da farmi scrivere queste parole.

   Ma dopo che mi ero saturata della gioia di veder Maria, ecco apparire l‘arcangelo S. Michele, sempre così imponentemente direi quasi paurosamente bello, con la sua spada lampeggiante nella destra. E qui cessa la visione per me sola e diviene comunicazione universale.

    L‘Arcangelo, indicando Maria Ss. tutta bella nella sua umiltà verginale – non si può descrivere la sua grazia di eterna Fanciulla… – grida: 'Opponete l‘arme che è 'Maria‘ al gran Serpente che avanza!'. Che voce potente! Scrolla l‘atmosfera come il rumore di un fulmine armonico. Maria Ss. china la testa guardando con infinita pietà la Terra… E l‘Arcangelo grida tre volte il potente grido. È molto severo e imperioso l‘Arcangelo difensore… Dopo il terzo grido e una pausa che lo segue, si prostra davanti a Maria venerandola dicendo: 'Tu sola difesa! Tu sola vittoriosa! Tu sola speranza di salute contro il satanico veleno. Madre di Colui che non ha uguali, io ti saluto, mia Regina'.

   È ancora prostrato quando, portando seco una luce rispetto alla quale il fulgore di S. Michele è tenue, scende volando ratto dai Cieli sulla Terra l‘Arcangelo S. Gabriele. Tiene fra le mani un turibolo d‘oro fumante di incensi. Biondeggia e biancheggia nei capelli e nelle vesti del suo aspetto, spirituale anche se, per essere visibile alla mia umanità, lo appesantisce con aspetto umano. La sua figura sprigiona luce, la gioiosa luce del Paradiso. Cantando – perché la voce di S. Gabriele è un canto soavissimo, indescrivibile – vola intorno a Maria incensandola col suo incenso, dicendo: 'Ave Maria! Regina degli Angeli, salute degli uomini, amore di Dio Uno e Trino! Dopo Dio, chi come te, Maria? Salve, Regina gloriosissima in Cielo, medicina a tutte le malattie che uccidono gli spiriti e spengono Fede, Speranza, Carità negli uomini. Ave, Maria!' .

  Che notte beata! Resto lungarnente contemplando la Vergine gloriosa e i due splendenti e così diversi Arcangeli, sinché un placido sonno (dopo tante notti di spasimi acuti) mi prende e dura sino a mattina quando mi ridesto, e tutto mi ritorna fresco alla mente, e il cuore è colmo della gioia come quando vedevo.

   Però, alla mia interna gioia spirituale si mescola un pensiero angoscioso, le parole di S. Michele: 'Opponete l‘arme che è 'Maria‘ al gran Serpente che avanza'. Parole che si ricollegano a molte altre… E che mi fanno paura per la Chiesa di Roma e per noi, poveri e così deboli cristiani del 20° secolo. 

   Per dare un riferimento il più possibile esatto sulla località nella quale, alta fra cielo e terra, vedevo svolgersi la visione della venerazione angelica alla B. V. Maria, dirò che la tomba di Cecilia Metella era alle mie spalle, ossia dietro me, alla sinistra (io volgevo le spalle a Roma), a nord-est del luogo, mentre alla mia destra vedevo andare, pigro verso il mare, il Tevere.

   Oggi è il terzo giorno che, dopo aver pregato la B. V. delle 3 Fontane, ho avuto la grazia fisica che imploravo.

Dal Libro di azaria: Domenica 16a dopo Pentecoste, 29 settembre 1946

Dice Azaria:

   « Il Signore, che ti ha ammaestrato dalla tua fanciullezza e del Quale tu ricordi aver ricevuto soltanto amore, mi dice di considerare con te unicamente l'Epistola, per la tua debolezza e per non ripetere ciò che è ricordo di dolore. Tu e Dio avete parlato. Egli ti ordina di tenere per te soltanto ciò che ti ha detto. Ubbidiamo. Nell'introito dovrei sfiorare l'argomento. Ma ormai tutto è detto. Tu sei convinta della bontà e misericordia di Dio. Egli sa i tuoi bisogni. Nulla più c'è da dire che non sia superfluo e penoso alla tua debolezza.

   Ma l'Apostolo è conforto ascoltarlo. Egli ti si rivolge con una parola di paterno maestro: "Io vi esorto a non perdervi d'animo per le tribolazioni che io soffro per voi e che sono la vostra gloria".

   Ecco, il tuo spirito dica alle tue membra, alla tua carne, ai tuoi organi consumati e languenti in sofferenza di morte: "Io vi esorto a non tremare per ciò che io soffro e che voi di riflesso soffrite. Perché questo mio soffrire che è anche il vostro soffrire, è la cagione della vostra gloria".

   Di che brilleranno un giorno, il giorno eterno, i corpi dei santi? Delle sofferenze patite per la giustizia, per essersi affaticati per essa, per coltivarla in sé stessi, per darla ad altri, per essere stati perseguitati per questo lavoro.

   "Quelli che insegnarono a molti la giustizia brilleranno come stelle per tutta l'eternità" dice Daniele.

   E la Sapienza: "I giusti brilleranno, correranno come scintille per un canneto, e giudicheranno le nazioni, domineranno i popoli, e il Signore regnerà in essi per l'eternità".

   E che promette il Verbo nelle beatitudini? Gloria e luce, e appagamento e pace a quelli che piansero e soffrirono per fedeltà alla giustizia.

   Or dunque, posto che siete e corpo e anima – ed anzi la pesante legge della carne tende a predominare finché siete nell'esilio – ecco che proprio quelle carni che furono macerate per volere dello spirito eroico e sopportarono tribolazione per riflesso al gran patire dello spirito, avranno gloria

nell'eternità. Perciò giusto è far dire dal tuo spirito alla tua carne: "Non perderti d'animo a causa delle mie tribolazioni che io soffro anche per te, corpo mio, e che saranno la tua gloria futura ed eterna".

   E Paolo insegna cosa fare per ottenere il sopranaturale aiuto a corroborazione della creatura che è spirito e carne. "A questo fine piego il ginocchio dinanzi al Padre del Signor Nostro Gesù Cristo … Perché vi conceda… mediante lo Spirito di lui potentemente corroborati in modo che Cristo abiti per

la fede in voi… e voi, radicati e fondati nella carità, possiate con tutti i santi comprendere… ciò che supera ogni scienza, ossia la carità di Cristo, perché siate ripieni di tutta la pienezza di Dio".

   Dio è Carità. Chi ha carità ha in sé Dio. Gesù Ss., te l'ho detto, è il compendio della Carità dei Tre Divini. Perciò chi ha in sé Cristo è ripieno della pienezza di Dio.

   Nell'antica Legge, nel tempo antico, gli ebrei avevano il Padre che empiva della sua gloria il Tempio, e lo Spirito che dentro per dentro empiva di sé qualche creatura. Ma nel Tempo Nuovo, nell'era di Cristo, i cristiani hanno non già la Prima o la Terza Persona. Ma hanno la completezza di Dio Uno e Trino in Gesù Cristo Signore Ss. Lo hanno per la Grazia e per i Sacramenti e specie per il Sacramento d'Amore nel quale col Corpo, Sangue, Anima e Divinità del Verbo Incarnato, sono il Padre e il Paraclito inscindibili dalla Divinità della Seconda Persona per la sublime Unità dei tre Dei che sono Un sol Dio11. A questa invisibile, ma sensibile e attiva Presenza, a questo Infinito che si costringe in una minuscola parte del tutto: in un uomo credente – e da questa carcere, dove soltanto l'amore lo costringe, opera e trasforma, poiché tutto Egli può fare, anche ciò che è al di sopra di tutto quanto l'uomo può domandare e fare e pensare, e desiderare, e di una nullità può fare una grandezza perché non la nullità, ma chi l'abita, opera con i suoi mezzi infiniti – vada la gloria che gli è dovuta e vada la fiducia di chi si sa sorretto da un Forte, guidato da un Sapiente, che pari non ha. E in questa fiducia trovi pace il tuo spirito e forza il tuo corpo per la lotta gloriosa che raggiunge la Vita attraverso la preparazione del dolore e della morte.

    Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo ».

 

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