Quando Ratzinger elogiò il teologo della Liberazione Gutierrez

28/03/2014 
Il "padre" della Teologia della liberazione, Gutiérrez

(©REUTERS) IL "PADRE" DELLA TEOLOGIA DELLA LIBERAZIONE, GUTIÉRREZ

Intervento del gesuita argentino Scannone a un convegno sulle “radici di Papa Francesco” organizzato da Civiltà Cattolica e Pontificia Università gregoriana

IACOPO SCARAMUZZI
CITTÀ DEL VATICANO

Nel lontano 1996, in un incontro con i vertici dell’episcopato latino-americano in Germania, l’allora cardinale Joseph Ratzinger ebbe parole di elogio nei confronti di Gustavo Gutierrez, il teologo peruviano che coniò il concetto di “teologia della liberazione”. L’episodio è stato raccontato dal gesuita argentino Juan Carlos Scannone, principale fautore della “teologia del popolo” ("teologia del pueblo"), nonché, a suo tempo, professore di Jorge Mario Bergoglio, nel corso di un convegno alla Pontificia Università gregoriana dedicato a “Le radici di Papa Francesco” a un anno dall’inizio del pontificato.

Da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger criticò la Teologia della Liberazione per le sue derive marxiste. “Le istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede del 1984 e del 1986, ben intese, aiutarono a prevenire le posizioni estreme, non seguite dalla maggior parte dei teologi della Liberazione”, ha raccontato Scannone, che dalle ultime settimane si è trasferito a Roma per risiedere nella sede del quindicinale dei gesuiti La Civiltà Cattolica.

Giovanni Paolo II, nel suo messaggio del 9 aprile 1986 ai vescovi del Brasile, “le dette il riconoscimento ecclesiale non solo come ‘opportuna, ma (come) utile e necessaria’, così come ‘una nuova tappa’ della riflessione teologico-sociale della Chiesa”. Poi, “nel settembre del 1996, i vertici del Celam (la Conferenza degli Episcopati dell’America Latina, ndr.), con la partecipazione dell’autorità della Congregazione per la Dottrina della Fede (tra di loro il Cardinale Ratzinger e monsignor Bertone), si riunirono a Schoenstatt (Germania) insieme a un gruppo relativamente piccolo di teologi ed esperti latino-americani, per riflettere sul ‘futuro della teologia in America Latina’, invitati a sviluppare quattro temi, ossia: la Teologia della Liberazione, la dottrina sociale della Chiesa, il comunitarismo e il tema della teologia e della cultura. Io, che partecipai a quell’incontro, domandai agli organizzatori perché erano stati scelti questi temi. La risposta fu che li consideravano i più rilevanti (o tra i più rilevanti) per la teologia latino-americana del terzo millennio. Il primo dei temi fu svolto niente meno che da Gustavo Gutierrez (…). Va detto che veniva riconosciuto un ruolo decisivo per il futuro teologico dell’America latina tanto alla corrente principale della Teologia della Liberazione quanto alla corrente argentina. Posso testimoniare che, dopo la brillante esposizione di Gutierrez, Ratzinger elogiò esplicitamente il suo cristocentrismo e il suo senso della gratuità. Non è vero che si opponeva a Gutierrez o alla teologia di Gutierrez”.

Joseph Ratzinger, effettivamente, non sanzionò mai Gutierrez, mentre sanzionò altri teologi della liberazione, come Leonardo Boff o Tissa Balasuriya. Gustavo Gutierrez, ricevuto da papa Francesco a inizio settembre, ha scritto il libro “Dalla parte dei poveri. Teologia della liberazione, teologia della Chiesa”, pubblicato di recente dalle edizioni Messaggero-Emi, con il cardinale Gerhard Ludwig Mueller, attuale prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. L’Osservatore Romano ne ha pubblicato alcuni brani.

Nel suo lungo intervento, padre Scannone ha esposto la storia e il significato della “teologia argentina del popolo”, sottolineandone la “specificità” nel quadro della Teologia della Liberazione sub-continentale e ricordando che “in questo momento attuale il suo studio interessa in modo particolare per il suo influsso tanto sull’approccio teologico e pastorale di papa Francesco quanto per la sua 'guia de ruta"' (mappa stradale), l’esortazione apostolica "Evangelii Gaudium”.

Il Gesuita argentino ha ricordato a grandi linee il definirsi della teologia della liberazione, che ha avuto tra i suoi “pionieri” i teologi Lucio Vera, Juan Luis Segundo nonché lo stesso Gutierrez, e tra gli appuntamenti pubblici nei quali venne messa a fuoco la “opzione preferenziale per i poveri” gli incontri dell’episcopato latino americano di Medellin (1968) e Puebla (1979), sottolineando poi la specificità argentina, anche da un punto di vista storico e politico: “Il contesto politico argentino di quel tempo includeva il governo militare di Ongania (una dittatura, non però crudele come quella successiva di Videla), la proscrizione del peronismo dopo la sua caduta del 1955, la repressione del movimento operaio peronista, l’emergere della futura guerriglia e un fenomeno nuovo – probabilmente dovuto alle circostanze citate – ossia che non pochi intellettuali, docenti e studianti universitari progressisti appoggiavano il peronismo come resistenza popolare ai militari e movimento di protesta sociale, fatto che non si era verificato durante gli periodi di presidenza di Peron”, ha spiegato. Padre Scannone ha messo in luce tanto il concetto di “popolo” nella teologia del popolo quanto quello di “religione del popolo”, sottolineando, per esempio, che “sono i poveri che, almeno di fatto in America latina, conservarono come strutturante la propria vita e la propria convivenza la cultura propria del popolo, e i cui interessi coincidono con un progetto storico di giustizia e di pace”.

E ancora, “sono gli ultimi che preservano meglio la cultura comune e i suoi valori e simboli religiosi, che di per sé tendono a essere condivisi da tutti, potendo essere nei nostri Paesi il germe – anche per i non poveri – di una conversione ai poveri per la liberazione loro e, così, di tutti. Pertanto, la religione del popolo – se autenticamente evangelizzato – lungi dall’essere considerata un oppio, non solo ha un potenziale evangelizzatore, ma anche di liberazione umana, come del resto lo ha mostrato e continua a mostrarlo la lettura popolare della Bibbia”.

La due-giorni su “Le radici di Papa Francesco” è iniziata ieri sera, alla sede della Civiltà Cattolica, con una celebrazione presieduta dal cardinale Beniamino Stella, prefetto della Congregazione del Clero. “Per capire davvero una persona, dobbiamo conoscere le sue radici”, ha detto da parte sua padre Antonio Spadaro, direttore del quindicinale dei Gesuiti. Sempre ieri sera Guzmán Carriquiry, segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina e amico di lunga data di Jorge Mario Bergoglio, ha tenuto una "lectio" introduttiva. Da quando è stato eletto vescovo di Roma, ha spiegato l’intellettuale uruguayano ai microfoni della Radio Vaticana, “il senso spirituale e questa grande capacità di discernimento, l’arte di governo, l’impostazione pastorale sono le stesse nel vescovo Bergoglio e in papa Francesco. Forse la grazia di stato l’ha ringiovanito, l’ha ringiovanito! Gli ha permesso di esprimere molto più apertamente un senso di cordialità, di affezione verso la gente, verso il proprio popolo che a Buenos Aires soprattutto si manifestava nei grandi incontri nei santuari, durante le grandi feste patronali. L’ha reso ancora più serenamente libero e determinato nel suo ministero. È certamente un padre imprevedibile. Conoscendolo bene come Arcivescovo di Buenos Aires, ci richiede ancora a tutti di essere aperti, accoglienti alle sorprese di Dio oltre i nostri schemi, le nostre sicurezze anche quelle pastorali, ecclesiastiche e spirituali”.

Nella giornata di oggi, oltre a Scannone e al saluto introduttivo del rettore della Gregoriana, padre Francois-Xavier Dumortier, intervengono padre Carlos Maria Galli, il gesuita argentino Miguel Yanez e – in una tavola rotonda pomeridiana – monsignor Jorge Patron Wong, monsignopr Bruno Forte, padre Antonio Grande e Stella Morra. Conclude il gesuita Dariusz Kowalczyk, decano della facoltà di teologia dell’ateneo. Presente nel pubblico, tra gli altri, il cardinale Walter Kasper.

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