“Ti ho tanto amata che ho persino accontentato i tuoi capricci…”

Maria Valtorta, I Quaderni del 1943, ed. CEV.

 

                            

12 giugno 1943.

 

Dice Gesù:

«Molti, se molti leggessero quello che ti dètto, troverebbero che delle espressioni sono un po’ forti, quasi impossibili alla loro vista umana. Il Padre[1] se ne stupirà meno perché, come mio servo, sa che nulla è impossibile a Dio, anche certe forme di condotta verso le anime che non sarebbero seguite dagli uomini che misurano le cose e le applicano secondo una falsariga e un modello creato da loro. Cioè sempre imperfetti.

Quando Io dico[2]: “Ti ho tanto amata che ho persino accontentato i tuoi capricci…”, dico una frase che farebbe sgranare gli occhi a molti e farebbe applicare critiche irrispettose a Me e giudizi poco piacevoli a te. Eppure è così, e questo avvenne per una mia vista giustissima.

Quando Io ti volli per Me, povera Maria, eri così umana e l’umanità che avevi avuto intorno a te era ancor più umana di te stessa e ti aveva sempre più appesantita, di modo che eri proprio una piccola selvaggia. Se Io allora ti avessi chiesto quello che ti ho chiesto dopo, e specie quello che voglio da te, ora per ora, adesso, tu saresti fuggita spaventata.

Ma Gesù non fa mai paura. Gesù coi suoi figli cari è un padre di un’amorevolezza perfetta; di una amorevolezza divina, perché se Gesù fu uomo e dell’uomo conobbe i sentimenti, Egli è sempre stato ed è Dio, e perciò nei sentimenti raggiunge la perfezione di Dio.

Allora Io per avvicinarti e perché tu ti avvicinassi senza timore e con sempre più amore, ho seguito la regola in uso fra gli uomini per conquistare i bimbi scontrosi. Ti ho offerto e donato tutto quanto desideravi. Erano inezie alle volte, delle altre erano cose grandi. Ebbene: il tuo Gesù te le ha date.

Qualche volta sognavi ad occhi aperti e davi per certo il sogno. Un uomo ti avrebbe smentita facendoti passare per pazza e insincera. Io, Dio, ho mutato i tuoi sogni in certezze per non avvilirti al cospetto del mondo.  In tal modo ho ottenuto che tu ti affezionassi talmente a Me da giungere a quello che sei ora: una cosa sperduta in Me, inscindibile da Me.

Tu, essere finito e imperfetto, non esisti più con le tue limitazioni e imperfezioni umane, perché sei assorbita, e da te stessa ti sei fatta assorbire, da Me. Vedi Me in ogni cosa piacevole, spiacevole, lieta, triste, che ti accada. Agisci guardando il mio Viso. Sei affascinata del mio Viso. Potrei guidarti con lo sguardo. Con anche meno: il battito del mio Cuore, del mio Amore, ti guida. Vivi del mio amore. Vivi nel mio amore. Vivi per il mio amore.

Quando hai una gioia mi corri incontro ridendo a dirmi grazie. Quando hai un bisogno tendi la tua mano chiedendolo. Quando hai un dolore mi vieni sul Cuore per piangere. Sei talmente convinta che Io sono il tuo Tutto, che prendi decisioni, che hai confidenze che alla corta vista umana potrebbero parere imprudenze e pazzie. Ma tu sai che Io sono il tuo Tutto. Un Tutto‑Dio e che posso tutto, e ti fidi.

È proprio questa confidenza assoluta che mi spinge a compiere per te continui piccoli miracoli, perché è la confidenza di chi mi ama quella che apre il mio Cuore di Dio per farne scendere torrenti di grazie.

Sei mia perché Io ti ho saputo prendere, perché ho saputo fare della tua povera umanità avvilita un capolavoro della Misericordia. Sei mia, la mia piccola Mia. Eri di tante cose. Vivevi per le sollecitudini umane. Soffrivi, morivi nella carne e nell’anima perché sei un’anima che il mondo non sazia e non sapevi trovare la via. Adesso sei mia, solo mia. E anche sulla croce sei felice perché hai chi ti ama come vuoi tu. Hai Me, tuo Dio e tuo Sposo, tuo Gesù.»

«Quando un’anima giunge ad essere così mia, l’amore le tiene posto di Legge e di Comandamenti. Divini l’una e gli altri, ma che fanno ancora sentire la loro presenza. Sono come le bardature messe alla vostra animalità perché non si impenni e vada nei precipizi.

Ma l’Amore non ha peso. Non è una briglia che esercita coercizioni. È una forza che vi conduce liberandovi anche dalla vostra umanità. Quando un’anima ama realmente, l’Amore le tiene luogo di tutto. È come un piccolo bimbo nelle braccia della sua mamma che lo nutre, lo veste, lo addormenta, lo lava, lo porta a spasso o lo mette nella cuna per suo bene. L’Amore è la mistica nutrice che alleva le anime destinate al Cielo.

Se per un miracolo speciale, voluto per 3/4 dalla vostra volontà ‑ perché senza la vostra volontà certi miracoli non possono, non devono accadere ‑ e per un quarto dalla mia benignità, tutte le anime divenissero viventi solo per lo spirito, ossia tutte degne del Cielo, Io direi per la terra la parola “Fine” per potervi portare tutti al Cielo prima che un nuovo fermento di umanità corrompesse di nuovo qualcuno dei più deboli fra di voi. Ma disgraziatamente questo non accadrà mai. Anzi sempre più spiritualità e amore muoiono sulla terra.

Per questo le anime che sanno vivere nella spiritualità e nell’amore devono toccare i vertici dello spirito, della carità a del sacrificio – perché il sacrificio non manca mai in questa trinità di cose necessarie per essere miei discepoli veri ‑ e riparare per le altre che hanno sterilito spirito e amore nei loro cuori.

Riparare, consolare, soffrire. Saranno le vittime quelle che salveranno il mondo.»



[1] Padre Migliorini.

[2] Nel dettato del 4 giugno 1943.

 

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