Vescovi irlandesi in campo contro le “nozze” gay

 06-12-2014 

di Massimo Introvigne

 

Nel prossimo mese di maggio l'Irlanda andrà alle urne per un referendum sul «matrimonio» omosessuale. I sondaggi non sono incoraggianti: il 76% degli irlandesi si preparerebbe a votare a favore del «matrimonio» gay. I sondaggisti spesso sbagliano, ma il dato – seppure ipotetico – richiede un'analisi sociologica, peraltro già in corso da parte di diversi studiosi. Ne emergono due elementi di fondo. Il primo è che l'Irlanda, un tempo la nazione più cattolica d'Europa, ha conosciuto negli ultimi vent'anni una rapidissima secolarizzazione a causa soprattutto del clamore che ha circondato le vicende dei preti pedofili. Trent'anni fa a Dublino andava a Messa più della metà della popolazione. Oggi le statistiche di Dublino sono molto vicine a quelle di Milano, con meno di un quinto dei battezzati che frequenta la Messa domenicale.

Purtroppo casi orrendi  di pedofilia tra il clero irlandese ci sono stati davvero, come Benedetto XVI ha ricordato nella sua «Lettera ai cattolici d'Irlanda» del 2010. Ma è anche vero che campagne di stampa senza precedenti hanno amplificato le statistiche, accusato innocenti e dato l'impressione agli irlandesi che il clero locale si riduca a una banda di pedofili, così che oggi molti intervistati dichiarano che voteranno sì al «matrimonio» omosessuale per punire la Chiesa. Senza essere complottisti, diventa difficile non chiedersi a chi hanno davvero giovato certe campagne di stampa urlate sulla pedofilia.

Il secondo elemento che emerge è la sapiente propaganda delle lobby favorevoli al «matrimonio» gay, che è stata alimentata principalmente dai soliti «casi pietosi» di conviventi omosessuali abbandonati dal compagno o dalla compagna e lasciati in bolletta dopo anni di convivenza. La risposta dei difensori del matrimonio naturale è stata sia debole, sia frenata da norme e giurisprudenza che puniscono e imbavagliano le opinioni bollate come omofobia.

La battaglia sembra dunque già persa, ma le cose possono sempre cambiare e i cattolici credono anche nei miracoli. Il 4 dicembre è scesa in campo la Conferenza Episcopale Irlandese, con un coraggioso documento intitolato «Il significato del matrimonio». Il testo spiega che il matrimonio è la singola istituzione più importante per una società, che «il matrimonio è solo la relazione unica e complementare tra un uomo e una donna», e che solo nell'ambito di questo matrimonio possono essere adeguatamente allevati ed educati i figli.

Molto opportunamente il documento mostra che la relazione finale del Sinodo non insegna nulla di diverso, e che anche Papa Francesco ha più volte ribadito questi punti, qualunque cosa cerchino di far dire al Papa i giornali.

Il testo dei vescovi irlandesi tratta poi tre punti importanti. Il primo riafferma che il no al «matrimonio» fra persone dello stesso sesso non si fonda solo su argomenti di morale cattolica – che i non cattolici e i non credenti possono ovviamente non condividere – ma anche su argomenti «razionali», basati su «fatti biologici», che tutti dovrebbero accogliere in nome del bene comune.

Il secondo punto spiega che, comunque sia formulata la legge irlandese, alla fine un «matrimonio» non potrà che includere anche le adozioni. E le adozioni da parte di coppie omosessuali violano il diritto di ogni bambino a crescere con un papà è una mamma. È un diritto che Papa Francesco ha riaffermato – i vescovi irlandesi lo ricordano – il 16 aprile 2014 nel suo discorso all'Ufficio Internazionale Cattolico per l'Infanzia ma che anche i non cattolici e i non credenti possono riconoscere sulla base della ragione e dell'esperienza.

Il terzo punto è che, riservando il matrimonio e istituzioni – comunque si chiamino – analoghe al matrimonio alla sola unione stabile di un uomo e di una donna, non si violano i diritti delle persone omosessuali e non si nega loro il rispetto in quanto persone richiesto dal «Catechismo della Chiesa Cattolica», dal Magistero e dalla retta ragione. Neppure – e i vescovi sanno quanto pesa questo punto nella campagna elettorale irlandese – si esclude che «chi si è impegnato in una relazione debba essere protetto quando la relazione cessa perché il partner muore o lo abbandona». Questo però «non è un problema che riguarda soltanto i conviventi dello stesso sesso» e che può essere ovviamente risolto con provvedimenti diversi dal matrimonio.

Da ultimo, i vescovi invitano i cattolici a non limitarsi alla testimonianza silenziosa ma a scendere in campo per difendere la famiglia minacciata e aggredita da tutte le parti.

Missione impossibile, se si crede ai sondaggi? In realtà i sondaggi sono volubili e possono sempre cambiare. Lo dimostra l'Italia. Un sondaggio diffuso dalla Lorien alla fine di novembre mostra che è in atto una virata dell’opinione pubblica sui temi della famiglia. Questo dato è di straordinaria rilevanza. Se non si chiede genericamente se l'intervistato è a favore del DDL Scalfarotto (che pochissimi conoscono) o di una legge contro l’omofobia, ma la domanda è se si è favore di una legge che punisca come reato penale opinioni ritenute da un giudice discriminanti nei confronti degli omosessuali, si scopre che il 65% degli italiani è contrario. E che il 70% è contrario all’adozione da parte di una coppia omosessuale del figlio biologico di uno dei componenti della coppia e addirittura il 76% è contrario alle adozioni omosessuali di bambini estranei alla coppia, conseguenze inevitabili del riconoscimento delle unioni tra omosessuali come matrimoni o simil-matrimoni. Su questi punti l’opinione pubblica italiana sta davvero mutando parere. E questo avviene grazie alle Sentinelle in piedi, a Sì alla famiglia, al fatto che alcuni parlamentari un po' tirati per la collottola da questo giornale e da pochi altri si stanno facendo sentire, e anche qualche vescovo, a partire dal cardinale Bagnasco. Basta poco, ma il poco è molto. Vale anche per l'Irlanda. Sentinelle irlandesi, in piedi!

 

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