Il viaggio del Papa ai confini del Califfato

27/11/2014  
Istanbul

ISTANBUL

Francesco parte per la Turchia: il primo giorno sarà dedicato alle autorità politiche e ai leader islamici. Poi l'abbraccio con Bartolomeo, nuova tappa verso l'unità

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

Francesco parte fra poche ore per il suo sesto viaggio internazionale, diretto ad Ankara e Istanbul. È la quarta volta che un Papa visita la Turchia, dopo i viaggi di Paolo VI (1967), Giovanni Paolo II (1979), Benedetto XVI (2006). Otto anni fa, quando Papa Ratzinger giunse nel paese, non si erano ancora del tutto sopiti gli echi delle polemiche per il discorso di Ratisbona: Benedetto disse parole di grande amicizia verso l'islam, ma soprattutto compì un gesto significativo in mondovisione, fermandosi a pregare accanto al muftì all'interno della Moschea Blu di Istanbul. Oggi a caratterizzare la visita papale è piuttosto l'emergenza rappresentata dall'autoproclamato Califfato, che perseguita e uccide gli appartenenti alle minoranze religiose, in primo luogo cristiani e yazidi, ma non solo. È un conflitto tragico, sorto all'interno della guerra in Siria, che ha visto prevalere forze fondamentaliste e terroriste, fino a pochi mesi fa finanziate da chi sperava di usarle per abbattere il regime di Assad. Francesco arriva dunque ai confini di questa guerra, in un paese che potrebbe giocare un ruolo maggiore e più attivo per favorire soluzioni praticabili.

La condanna dell'uso strumentale della religione, dell'abuso del nome di Dio per giustificare massacri dei terroristi, saranno centrali nella prima giornata del viaggio. Francesco ha già detto che esiste il diritto di intervenire per fermare l'ingiusto aggressore, ma ha al tempo stesso ricordato che ciò non può avvenire scavalcando le istituzioni internazionali. La Turchia, che si trova ad affrontare l'emergenza dei profughi, e attraverso le cui frontiere nei mesi scorsi sono passati molti dei mercenari che dall'Europa arrivano in Siria per combattere con l'Isis, sarà probabilmente invitata a giocare un ruolo maggiore, seguendo la sua vocazione di «ponte» tra due continenti, tra Occidente e Oriente.

A segnare la prima tappa della visita, quella nella capitale Ankara, saranno anche i temi di politica interna. Il presidente Erdogan, che riceverà Papa Francesco all'interno del faraonico palazzo di nuova costruzione, è il leader del partito islamico conservatore, al potere da dodici anni. La Turchia continua a guardare all'Europa e al possibile ingresso nella Ue, ma negli ultimi anni si sono verificati degli irrigidimenti sulla libertà religiosa e sulla libertà di espressione. I pari diritti di tutte le minoranze religiose, effettivi e non soltanto sulla carta, sono un obiettivo fondamentale.

Il culmine della visita, e la sua vera ragione, è però l'abbraccio ecumenico con Bartolomeo, che avviene a pochi mesi di distanza da quello di Gerusalemme del maggio scorso. Il rapporto personale tra Francesco e Bartolomeo. Il vescovo di Roma, successore dell'apostolo Pietro, e quello di Costantinopoli, successore dell'apostolo Andrea, sono sempre più vicini. Il Papa parteciperà sabato pomeriggio alla preghiera ecumenica nella chiesa di San Giorgio al Phanar, sede del patriarcato. E vi tornerà domenica mattina, per assistere alla Divina liturgia nella festa di sant'Andrea. Terrà due discorsi. E firmerà insieme a Bartolomeo una dichiarazione congiunta.

Negli incontri e nelle parole dei due leader religiosi è evidente la tensione all'unità, intesa non come il frutto di strategie umane, ma piuttosto come un dono da riconoscere. «La visita del vescovo di Roma al patriarcato ecumenico e il nuovo incontro tra il patriarca Bartolomeo e la mia persona – ha detto Francesco il 24 ottobre scorso – saranno segni del profondo legame che unisce le sedi di Roma e di Costantinopoli, e del desiderio di superare, nell'amore e nella verità, gli ostacoli che ancora ci separano». Ogni passo verso l'unità è un segno significativo non soltanto per le Chiese cristiane, ma per il mondo intero e per la pace.

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