“Con questo papa Romero presto beato”

3/06/2013 
Una manifestazione per Romero

UNA MANIFESTAZIONE PER ROMERO

Con un pontefice latino americano il processo di beatificazione del vescovo salvadoregno ucciso nel 1980 potrebbe avere un’accelerazione

GIACOMO GALEAZZI
CITTA' DEL VATICANO

"Francesco ci stupisce e ci stupirà sempre più. Romero è il simbolo della Chiesa che papa Bergoglio vuole proiettata nelle periferie geografiche ed esistenziali. Dalla fine del mondo al centro del mondo", afferma a "Vatican Insider" il cardinale di Curia, Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, diplomatico di lungo corso e arciprete emerito della basilica papale di San Paolo fuori le mura.

Ora che sul Soglio di Pietro siede il primo Pontefice latinoamericano della storia, attorno alla beatificazione del vescovo salvadoregno l'attenzione è massima, come dimostra anche la copertina che gli ha appena dedicato l'inserto femminile dell'Osservatore Romano. "Vi è indubbiamente una particolare sensibilità verso la figura di Romero – evidenzia il cardinale Montezemolo-.Nel suo percorso di martire emergono evidenti aspetti di santità. Romero si è esposto e sacrificato per la fede e ciò ne fa un modello per i credenti in qualunque parte del mondo. Un modo di testimoniare la missione di pastore che ha forti tratti di vicinanza con il Pontefice venuto dalla "fine del mondo" e che esorta la Chiesa ad uscire da se stessa per andare incontro all'umanità sofferente a costo di qualunque sacrificio personale". 

A confermare la prevalenza di un orientamento positivo alla beatificazione di Romero è l'ex ministro degli Esteri della Santa Sede, Achille Silvestrini:"Francesco ha alle spalle una lunga esperienza in Argentina e sa bene quanta dedizione pastorale sia necessaria in realtà fortemente disagiate nella quale il vescovo si trova spesso a dover bilanciare per equità e senso di giustizia le lacune e le mancanza delle istituzioni civili". Dunque, sottolinea Silvestrini a "Vatican Insider", "tra il magistero di papa Bergoglio e la testimonianza di fede offerta da Romero fino all'estremo sacrificio vi è un "idem sentire" favorito dalla comune provenienza da una Chiesa come quella latinoamericana che ha sofferto e soffre ancora per mantenere la sua fedeltà al messaggio di Cristo". Perciò avrebbe un "profondo significato" che fosse proprio Francesco ad elevare agli onori degli altari Romero, sostiene il porporato.

Anche Bergoglio (all'epoca superiore dei gesuiti in Argentina) come Romero ha operato sul campo a favore della popolazione ed è stato argine alla barbarie durante la stagione tragica delle dittature militari condividendo l'insegnamento del teologo gesuita Rutilio Grande. A confermare l'interesse crescente per il paradigma-Romero è lo spazio dedicato alla postulazione della causa di beatificazione dai mass media della Santa Sede (soprattutto Radio Vaticana ed Osservatore Romano). Nell'ultimo numero dell'inserto femminile dell'Osservatore romano pubblicato sabato "Donne, Chiesa, mondo", c'è un segno di questa rinnovata fiducia: il disegno di copertina fatto da Isabella Ducrot raffigura un volto maschile, quello di Oscar Romero, il vescovo ucciso mentre diceva messa a San Salvador il 24 marzo 1980 e del quale è in corso il processo di beatificazione.

"Il ritratto di Romero è un omaggio alle sue parole" in onore "della maternità, del ruolo delle donne come madri", scrive Lucetta Scaraffia, firma del quotidiano della Santa Sede. "Il nostro vuol essere un omaggio a chi considerava così alto il dono della vita da scrivere che la donna 'con la semplicità del martirio materno, concepisce nel suo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa crescere e accudisce con affetto. E' dare la vita. E' martirio".

"Sono parole vicine a quelle che pronuncia spesso Papa Francesco nelle sue omelie quotidiane, con cui ricorda con simpatia e ammirazione le nonne e le mamme che trasmettono la vita e insieme la fede ai loro figli e nipoti", prosegue Scaraffia. "Certo, questa glorificazione del ruolo materno, oggi, è in controtendenza con la cultura dominante, che propone alle donne altri modelli: vamp che suscitano passioni erotiche, oppure supermanager in carriera, e considera il ruolo materno una gabbia mortificante. Ne siamo consapevoli, e ben felici, in questo, di andare controcorrente, rivendicando l'importanza e anche la felicità della maternità".

L'arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente del pontificio consiglio per la Famiglia e postulatore della causa di beatificazione del vescovo salvadoreno che si è sbloccata dopo l'elezione di Papa Bergoglio, ricorda un passaggio dell'omelia che l'arcivescovo monsignor Romero tenne – era maggio del 1977 – al funerale di un suo prete assassinato: "Non tutti, dice il concilio Vaticano II, avranno l'onore di dare il loro sangue fisico, di essere uccisi per la fede, però Dio chiede a tutti coloro che credono in lui lo spirito del martirio, cioè tutti dobbiamo essere disposti a morire per la nostra fede, anche se il Signore non ci concede questo onore; noi, sì, siamo disponibili, in modo che, quando arriva la nostra ora di render conto, possiamo dire "Signore, io ero disposto a dare la mia vita per te. E l'ho data". Perché dare la vita non significa solo essere uccisi; dare la vita, avere spirito di martirio è dare nel dovere, nel silenzio, nella preghiera, nel compimento onesto del dovere; in quel silenzio della vita quotidiana; dare la vita a poco a poco? Sì, Come la dà una madre, che senza timore, con la semplicità del martirio materno, concepisce nel suo seno un figlio, lo dà alla luce, lo allatta, lo fa crescere e accudisce con affetto. E' dare la vita. E' martirio".

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