Corea: una Chiesa di martiri

8/02/2014 

Cristiani coreani

CRISTIANI COREANI

Ieri la firma papale dei decreti per 124 vittime cadute in odium fidei tra il 1791 e il 1888

PAOLO AFFATATO
ROMA

Si allunga l’elenco dei martiri in Corea. Con il decreto firmato ieri, 7 febbraio, Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le cause dei Santi a promulgare, tra gli altri, il decreto per il martirio dei servi di Dio Paolo Yun Ji-chung, laico, e 123 compagni, uccisi in Corea in odium fidei tra il 1791 e il 1888. I visitatori del Museo dei martiri coreani a Seul – struttura ampliata e rimodernata di recente, fino a diventare un moderno museo multimediale – avranno presto un nuovo pezzo di storia del cristianesimo in Corea da conoscere e apprezzare.

Le origini del cattolicesimo coreano si caratterizzano per due fenomeni-chiave: in primis, per il fatto che la fede cristiana fu introdotta nel paese da coreani stessi, alcuni letterati che nel XVII secolo avevano conosciuto l’annuncio cristiano attraverso i libri scritti in lingua cinese dai missionari europei che avevano lavorato in Cina (il primo battesimo venne registrato nel 1784). In secondo luogo, per l’ampia schiera di martiri – oltre 16mila – uccisi in diverse ondate di persecuzione.

È stato il “Centro di ricerca storica” di Honam, presieduto da Andrea Kim Jin-so, a rinvenire e riportare alla luce i particolari storici sugli episodi del martirio, risultati decisivi per il processo di canonizzazione. Secondo la ricostruzione contenuta negli atti, nel 1791 Paul Yun Ji-chung, membro di una famiglia nobile coreana, convertitosi al cristianesimo, alla morte della madre si rifiutò di seppellirla secondo il rito tradizionale o quello confuciano, allora maggioritari nella società. Il suo rifiuto provocò un’indagine ufficiale delle autorità, seguita da una persecuzione su larga scala dei cristiani, chiamata “persecuzione di Sin-hae”. Paul Yun Ji-chung divenne il primo martire coreano proveniente da famiglia di alto grado sociale, e con lui molti altri nobili vennero esiliati o uccisi. Il governo annunciò allora formalmente che il cristianesimo, introdotto nel paese nel 1784, era considerato un “culto malvagio” che distruggeva le relazioni umane e l’ordine morale tradizionale.

La comunità cattolica di Corea sopravvisse nella clandestinità, fino al 1895, quando ottenne libertà di fede, ma in un secolo subì altre quattro grandi persecuzioni: quella di Shinyu nel 1801; di Gyhae, nel 1839; la persecuzione di Byung-o nel 1846 e quella di Byung-In nel 1866. Durante questo periodo, stime della Chiesa coreana parlano di circa 16mila cristiani uccisi.

La lista di martiri coreani già elevati all’onore degli altari include sant’Andrea Kim Taegon (1821-1846), fra i 103 che furono canonizzati nel 1984 a Seul da Giovanni Paolo II, nella prima cerimonia di canonizzazione avvenuta fuori dal Vaticano: evento memorabile per la comunità cattolica coreana.

Nuove ricerche e testimonianze riguardano anche i martiri del XX secolo: le diocesi coreane di Chunchon e Hamhung hanno infatti iniziato la fase diocesana del processo di beatificazione di sacerdoti e religiosi che morirono fra il 1940 e il 1950, mentre portavano avanti un’opera di evangelizzazione nell’aree di Gangwon-do e Hamgyeong-do. La diocesi di Chunchon ha selezionato cinque parroci arrestati dal regime nordcoreano che offrirono la loro vita per proteggere i fedeli. La diocesi di Hamhung ne ha segnalati altri, uccisi a causa della fede. Anche la diocesi di Incheon ha iniziato la fase diocesana del processo di beatificazione di John Song Hae-bung, laico missionario martirizzato durante la Guerra di Corea (1950-1953). Allo stesso periodo appartengono 36 membri dell’Ordine di San Benedetto di Wagwan, servi di Dio, che morirono nelle prigioni dei campi di lavoro e di detenzione fra il 1949 e il 1952, mentre davano assistenza spirituale ai prigionieri: per loro la congregazione benedettina ha annunciato l’apertura del processo di beatificazione.

Tra pochi giorni l’arcivescovo di Seul, Andrew Yeom Soo-jung, sarà creato cardinale da Papa Francesco. Il prossimo porporato coreano è legato anche per la propria storia personale alle vicende di testimonianza e persecuzione che segnano l’inizio del cristianesimo nel suo Paese, avendo un trisavolo e alcuni altri antenati proprio nel gruppo dei primi martiri. L’arcivescovo di Seul ha definito all’Agenzia Fides «un messaggio di speranza per tutti i paesi in Asia» la notizia di una prossima visita apostolica in Corea del Sud di Papa Francesco, che secondo quanto affermato dal direttore della Sala stampa Vaticana padre Federico Lombardi «è allo studio e potrebbe verificarsi in occasione della dell’Asian Youth Day” (l’incontro dei giovani cattolici asiatici, in programma a Daejeon dal 10 al 17 agosto 2014).

 
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