Due mesi con un Papa: “Dalla fine del mondo”

11/05/2013 
il sorriso di Papa Francesco

 

IL SORRISO DI PAPA FRANCESCO

 

Che cosa è cambiato e che cosa cambierà con il pontificato di Francesco

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

A due mesi dall'elezione di Francesco quale primo bilancio si può trarre? Che Papa è stato in queste prime settimane Jorge Mario Bergoglio?
 

Simpatia e confessioni

Innanzitutto è innegabile l'ondata di simpatia nei confronti del nuovo Papa: le presenze agli Angelus e alle udienze rimangono molto alte, con un boom di richieste alla Prefettura della Casa Pontificia. Bergoglio sembra voler puntare molto su questo contatto con la folla, dato che dedica la maggior parte del tempo proprio nel passare tra i fedeli assiepati sulla piazza San Pietro, a partire dai più lontani, fermandosi molto spesso e scendendo dalla papamobile per salutare. All'udienza di mercoledì scorso ha dedicato quasi un'ora e mezza a questo contatto personale con i fedeli. Nonostante l'indubbia fatica fisica che ciò comporta, Francesco mostra di considerare tale vicinanza un elemento insostituibile del suo ministero di vescovo «con il popolo». C'è chi guarda con un certo scetticismo e in qualche caso persino fastidio a questa «luna di miele» con le folle, attendendo il momento in cui agli «osanna» si sostituiranno i «crucifige», magari in seguito a qualche presa di posizione forte sui temi della morale sessuale. Ma sarebbe un errore catalogare quanto sta accadendo soltanto come un effetto novità amplificato dai media. Fin dai primi giorni dopo l'elezione di Francesco, i suoi accenni e i suoi accenti sul tema della misericordia («Il messaggio di Gesù è la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore», affermò alla messa nella parrocchia di Sant'Anna domenica 17 marzo) hanno mosso qualcosa di ben più profondo di un'ondata di simpatia, dato che molte persone si sono riaccostare alle confessione anche dopo decenni di lontananza dalla Chiesa citando esplicitamente le parole del Papa. Un dato confermato non soltanto da sporadiche interviste giornalistiche ma anche da una più sistematica ricerca promossa dal sociologo Massimo Introvigne.

Il caso Santa Marta

Papa Francesco dopo l'elezione ha confermato collaboratori e capi dicastero curiali «donec aliter provideatur», cioè «fino a quando non si provveda altrimenti», tenendosi dunque le mani libere per effettuare cambiamenti quando e come riterrà necessario. Con alcune decisioni prese fin dall'inizio del suo pontificato Francesco – che è rimasto semplicemente se stesso continuando a mantenere lo stile del suo episcopato a Buenos Aires – ha contribuito a modificare protocolli consolidati e al tempo stesso ha offerto un segnale nella direzione della sobrietà e della semplicità, che i fedeli hanno riconosciuto e apprezzato. E che qualcuno, probabilmente punto nel vivo, ha subito bollato come «pauperismo» perché mette in discussione un certo uso del denaro e una certa ostentazione di segni e monili ecclesiastici. Decisamente innovativa è la scelta di rimanere ad abitare nella Casa Santa Marta, la residenza dove hanno alloggiato i cardinali durante il conclave. In questo caso non si è trattato di una questione di «sobrietà» (l'appartamento privato del Papa nel palazzo apostolico non è certo una reggia) quanto piuttosto di una decisione provocata dal senso di «isolamento» che Francesco ha avvertito visitando per la prima volta quella che doveva essere la sua casa. Rimanendo a Santa Marta, Bergoglio ha depotenziato «l'Appartamento», inteso come corona e filtro di collaboratori attorno a lui. Senza contare che Santa Marta, oltre a permettergli un contatto maggiore con le persone, è anche occasione di incontri e scambi fraterni con gli ospiti, come nel caso del patriarca ecumenico Bartolomeo I, con il quale il Papa si è intrattenuto a lungo e informalmente in più occasioni condividendo con lui lo stesso tetto. O come è avvenuto due giorni fa quando Francesco è andato ad attendere alla porta di Santa Marta l'arrivo del nuovo Papa copto Tawadros II.

Predicazione semplice 

Un'altra novità del pontificato è rappresentata dalle brevi omelie (mai più di dieci minuti) che Francesco tiene nel corso della messa mattutina celebrata nella cappella della Casa Santa Marta, concelebrata con prelati di passaggio o da esponenti della Curia, in presenza di gruppi di dipendenti vaticani e di altri ospiti. Le sintesi offerte dalla Radio Vaticana sono diventate un appuntamento quotidiano. Il Papa prepara queste omelie ogni mattina, dopo essersi alzato alle 4.30 ed aver pregato e meditato sulle Scritture del giorno per quasi due ore. Le sue parole sono semplici, comprensibili. Più volte ha già parlato della malattia dell'autoreferenzialità e del carrierismo nella Chiesa – temi questi molto cari a Benedetto XVI, approfonditi in occasione di concistori e ordinazioni episcopali, anche se spesso le sue parole sono state lasciate cadere proprio da quanti erano attorno a lui – come pure ha invitato i cristiani a uscire, a dirigersi verso le «periferie geografiche ed esistenziali», a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo. Le trascrizioni integrali di queste omelie a braccio non vengono diffuse (si tratta di messe private) né vengono trasmesse via radio. Ma un'idea sul loro stile non è difficile farsela ascoltando le prediche pubbliche di Francesco, che spesso lascia da parte il testo scritto per improvvisare: come quando ha chiesto ai nuovi preti di Roma di essere «mediatori» e non «intermediari», o quando ha citato la nonna e i suoi preziosi insegnamenti, o ancora quando ha detto, citando San Francesco d'Assisi: «Annunciate il Vangelo, se necessario anche con la parola», lasciando intendere quanto l'annuncio e la testimonianza debbano essere trasmessi con la vita.

Nelle congregazioni generali precedenti il conclave dai cardinali è venuta la richiesta di una riforma della Curia come pure di una maggiore collegialità e condivisione di alcune scelte riguardanti il governo della Chiesa. Papa Francesco il 13 aprile, a un mese esatto dall'elezione, ha nominato un consiglio di otto cardinali ai quali è stata affidato lo studio di una riforma della Costituzione «Pastor Bonus», che regola la Curia romana e le sue strutture. Il consiglio, composto da otto porporati – sette dei quali non curiali, ma arcivescovi nei cinque Continenti – è incaricato anche di consigliare in forma permanente il Papa nel governo della Chiesa. La riforma della Curia sarà dunque studiata da porporati che non ne fanno parte. Ogni previsione al momento è fuori luogo: si sa soltanto che questo organismo – pensato per servire il Papa e non per governare centralmente la Chiesa cattolica – deve essere semplificato, snellito, reso più consono alle esigenze del tempo presente, meno burocratico. Il Papa ha già incontrato tanti cardinali e tanti esponenti della Curia (oltre alle udienze di cui viene data notizia ne esistono altrettante, il pomeriggio a Santa Marta, che rimangono riservate) e ha soprattutto ascoltato. In più di un caso, chi è stato ricevuto, appena uscito a ritenuto di dover raccontare il dialogo avvenuto. Ma spesso si è trattato dei propri «desiderata», non delle indicazioni del Pontefice. Di certo è già cambiato il rapporto tra il Papa e i capi dicastero, che prima dovevano attendere anche otto mesi prima di ottenere un'udienza: sarà più diretto, immediato e costante.
 
L'identikit del futuro Papa secondo Bergoglio Padre Angel Strada, fondatore del Movimento Internazionale Schoenstatt, dopo l'elezione ha raccontato a Evangelina Himitian, autrice del libro «Francisco, el Papa de la gente» una sua conversazione privata con Bergoglio avvenuta tre giorni prima della sua partenza per il conclave. Parlando del profilo necessario del nuovo Papa, l'arcivescovo di Buenos Aires aveva detto che, secondo lui, «per primo deve essere un uomo di preghiera, profondamente unito a Dio. In secondo luogo deve essere profondamente convinto che Gesù è il Signore della storia. In terzo luogo deve essere un buon vescovo, capace di accogliere, tenero con le persone e capace anche di creare comunione. Infine deve essere capace di riformare la Curia». I cardinali, in meno di ventiquattr'ore, lo scorso 13 marzo sembrano averlo trovato. 

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