Genova infangata

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Un’allerta meteo che non arriva, la pioggia che cresce d’intensità e poi di colpo il buio. Genova è stata ferita un’altra volta e deve riemergere al più presto dall’abisso in cui si trova per non rimanere bloccata nel pantano. Fango e detriti hanno travolto tutto ciò che hanno incontrato durante il loro percorso, la gente è disperata e non sente vicini né le autorità locali né lo Stato. Arianna Fazzi è un ragazza genovese di 29 anni con una laurea in Scienze della comunicazione e una specialistica in “Management sportivo e attività motorie”, ma come molti suoi coetanei non è riuscita, per ora, a fare dei suoi studi un’occupazione che le consentisse di vivere. Ha sempre trovato il modo di cavarsela e così da due anni lavora al “Bel caffè”, nel quartiere Brignole, grazie a un contratto di apprendistato; tra un anno – pensava – potrò ottenere un lavoro a tempo indeterminato.

alluvione_genova_2014 (4)Adesso però ogni aspettativa è sepolta dalle macerie. Negli occhi e nella mente ancora riverbera la paura: “Sabato mattina, una volta che la saracinesca del bar uscita dai cardini per il fango è stata forzata, mi si è aperto davanti uno scenario apocalittico che non immaginavo: le pareti, le sedie interamente ricoperte da una fanghiglia grigiastra, miasmi insopportabili; le bottiglie rotte a formare una lastra di cocci pericolosi anche solo a passarci accanto e il luccichio dell’acqua a rendere tutto spettrale. Per non parlare del danno economico: quando siamo scesi nel sotterraneo ci siamo resi conto che 5 motori frigo del valore di 3/4.000 euro ciascuno erano letteralmente da buttare. Finito il sopralluogo abbiamo richiuso tutto per la paura degli sciacalli, sempre pronti a derubarci”. Trentamila euro circa di danni per una piccola azienda sono un colpo terribile; ed è insopportabile sapere che in due anni è la seconda volta che accade.

La gente di Genova “borbotta” ma non molla: sono stati organizzati veri e propri turni di lavoro tra i proprietari delle attività e semplici volontaridefiniti “gli angeli” che da giorni si armano di pale e di un’incredibile forza aiutando chi ha più bisogno. Come se non bastasse un lungo blackout ha alimentato la rabbia dei residenti e contribuito a rendere difficile il lavoro lasciando totalmente isolati interi quartieri. Arianna con un velo di amarezza racconta che il lavoro vero, quello duro, è stato fatto per intero dai cittadini e dai volontari. “I vigili del fuoco hanno dato la priorità allo svuotamento delle cantine e l’esercito si è visto soltanto ieri, dopo che il suo arrivo era stato annunciato da diversi giorni”. Il “Bel caffè” è chiuso, come anche un negozio di moto che si era appena risollevato dall’alluvione del 2011; nella stessa situazione si trova un’officina meccanica gestita da un padre e un figlio che ora si ritrovano senza più un lavoro. Arianna racconta di aver abbracciato Marco, il figlio del proprietario, il quale le ha detto che, da quando sono aperti, hanno subito ben 5 alluvioni. Si tratta nel 90% di casi di gente normale che stenta ad arrivare alla fine del mese e che è stremata, dopo l’ennesima tragedia.

 

Arianna è forte ma al tempo stesso preoccupata e lo si capisce da come parla:” Sono sicura che ci rialzeremo ed anche in fretta, come abbiamo fatto nel ’70, nel ’90 e nel 2011 e posso ritenermi fortunata perché mentre la mia attività potrà riprendere a breve, molta gente dovrà ricominciare da capo col rischio che non ce la farà a risollevarsi. Siamo in uno stato totale di abbandono”. A non funzionare in città è stato tutto il sistema, dall’allerta meteo fino ai ritardi negli interventi. “Invece di parlare ogni volta di fatto straordinario – conclude sconsolata Arianna – si dovrebbe andare a guardare lo stato di salute in cui i nostri fiumi sono tenuti; è tutta l’estate che si parla del Bisagno, talmente intasato dai detriti in alcuni periodi dell’anno che rischia continuamente di esondare”.

La rabbia nelle strade del capoluogo ligure è palpabile e sotto accusa finisce il sindaco Marco Doria: “Vai a casa!”, gli urla un negoziante -. La gente è inferocita, delusa, stremata: “Se fossi stato il sindaco – gli dice un altro – mi sarei incatenato a Roma. Hai paura? Verrà anche il momento che voi politici prenderete unoschiaffo”. E stavolta non si parla solo per metafora…

 

0:01, 14 ottobre 2014
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