Isis, Vaticano: basta guerre, c’è il rischio di abituarsi alle violenze

4/10/2014 

Un corteo a favore dell'Isis

(©La Presse)

(©LA PRESSE) UN CORTEO A FAVORE DELL'ISIS

E’ quanto si legge in una nota diffusa a conclusione del vertice dei nunzi apostolici del Medio Oriente. "Ma le armi non sono l'uinca risposta". Parolin: “La comunità internazionale non può rimanere neutrale”

MAURO PIANTA
ROMA

Le violenze e gli abusi di alcuni estremisti del cosiddetto Stato Islamico non possono lasciare indifferenti. Il rischio maggiore è proprio quello di abituarsi alle violenze. E' quanto si legge nel comunicato conclusivo dell'incontro dei nunzi apostolici del Medio Oriente, voluto da Papa Francesco, per riflettere sulla drammatica situazione nella regione. La nota lo afferma chiaramente parlando di una "situazione di violenza alla quale c'e' il rischio di abituarsi, dandola quasi per scontata come oggetto di cronaca quotidiana",  violenza che invece "deve cessare". C'e' "l'urgenza di porre fine alle guerre in atto che hanno gia' provocato numerosissime vittime".  “Dopo aver esaminato la drammatica situazione umanitaria, della quale soffrono le conseguenze tra gli altri i numerosissimi sfollati e rifugiati in altri Paesi, (i partecipanti all'incontro, ndr)  hanno sottolineato l'imperiosa necessita' che sia garantita a tutti, senza discriminazioni, la doverosa assistenza umanitaria".

"Grave preoccupazione – si legge nel documento – desta l'operato di alcuni gruppi estremisti, in particolare del cosiddetto 'Stato islamico', le cui violenze e abusi non possono lasciare indifferenti. Non si puo' tacere, ne' la comunita' internazionale puo' rimanere inerte, di fronte al massacro di persone soltanto a causa della loro appartenenza religiosa ed etnica, di fronte alla decapitazione e crocifissione di essere umani nelle piazze pubbliche, di fronte all'esodo di migliaia di persone, alla distruzione dei luoghi di culto".

I partecipanti all'incontro hanno ribadito che "e' lecito fermare l'aggressore ingiusto, sempre nel rispetto del diritto internazionale". Tuttavia "non si puo' affidare la risoluzione del problema alla sola risposta militare, ma esso va affrontato piu' approfonditamente a partire dalle cause che ne sono all'origine e vengono sfruttate dall'ideologia fondamentalista. Un ruolo importante dovrebbero svolgerlo i leader religiosi, cristiani e musulmani, collaborando per favorire il dialogo e l'educazione alla reciproca comprensione, e denunciando chiaramente la strumentalizzazione della religione per giustificare la violenza".

Di fronte al "dramma di tante persone che sono state costrette a lasciare le loro case in maniera brutale" i partecipanti hanno ribadito "la necessita' che sia riconosciuto il diritto dei cristiani e degli altri gruppi etnici e religiosi a rimanere nelle loro terre di origine e, qualora siano stati costretti ad emigrare, il diritto di ritornare in condizioni adeguate di sicurezza, avendo la possibilita' di vivere e di lavorare in liberta' e con prospettive per il futuro". E cio' "richiede nelle circostanze attuali l'impegno sia dei Governi interessati che della comunita' internazionale. Sono in gioco principi fondamentali come il valore della vita, la dignita' umana, la liberta' religiosa, e la convivenza pacifica e armoniosa tra le persone e tra i popoli".

"Non ci si può rassegnare  -conclude il documento – a pensare il Medio Oriente senza i cristiani, che da duemila anni vi confessano il nome di Gesù. Essi vogliono continuare a contribuire al bene della società, inseriti quali cittadini a pieno titolo nella vita sociale, culturale e religiosa delle nazioni a cui appartengono".

E durante la messa nella Cappella Paolina con i nunzi del Medio Oriente il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, aveva detto: «La Chiesa non può rimanere in silenzio di fronte alle persecuzioni sofferte dai suoi figli e la comunità internazionale non può rimanere neutrale tra gli aggrediti e l'aggressore».

Nell'omelia, il porporato ha esortato la comunità cristiana, la Chiesa, «alla preghiera costante e fiduciosa e a porre in atto tutte quelle iniziative concrete che servano a sensibilizzare i Governi e l'opinione pubblica». «Nulla va tralasciato di quanto è possibile fare per alleviare le condizioni dei nostri fratelli nella prova e per fermare i violenti», ha sottolineato.

«I cristiani perseguitati e tutti coloro che soffrono ingiustamente – ha aggiunto il card. Parolin – devono poter riconoscere nella Chiesa l'istituzione che li difende, che prega ed agisce per loro, che non teme di affermare la verità, divenendo parola per chi non ha voce, difesa e sostegno di chi è abbandonato, profugo, discriminato».

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