La cancrena di una certa chiesa

 di Guido Scatizzi

“Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro del comunismo”, così, in chiave chiaramente ironica, aveva il suo incipit Das Kapital.

Guardando alla condizione in cui vertono i cristiani (e le loro coscienze) oggi, verrebbe, tristemente, da parafrasare: “Uno spettro si aggira per la Chiesa: lo spettro del buonismo”. Sopraggiunge infatti un grande senso di sconforto e quasi di rabbia nel vedere il modus vivendi o meglio il modus credendi di molti sedicenti cattolici contemporanei. La gran parte sembra essere in balìa di questo mostro, un mostro che distrugge la Fede, addormenta la Ragione e insipidisce il grande messaggio del Vangelo: l’essere buoni a tutti i costi. Mi spiego.

Discutendo, più o meno animatamente, di contenuti, istanze e richiami del nostro Credo con amici, atei e credenti (e tra questi alcuni sacerdoti!), ho sentito comunemente dire: l’importante è far del bene, il monito più eloquente dei Vangeli è “porgi l’atra guancia” etc. etc. Quale morte questi signori decretano per la Verità. In che razza di prigione fatta di individualismo e relativismo sono finiti. Povera Chiesa…

Eppure sarebbe così semplice (senza essere stati licenziati in teologia) interpretare il ben noto versetto evangelico: il Messia stesso, poco dopo aver pronunziato tale precetto, ci fornisce la chiave Vera di lettura dello stesso, con il suo comportamento: «Il sommo sacerdote dunque interrogò Gesù intorno ai suoi discepoli e alla sua dottrina. Gesù gli rispose: “Io ho parlato apertamente al mondo; ho sempre insegnato nelle sinagoghe e nel tempio, dove tutti i Giudei si radunano; e non ho detto nulla in segreto” (…) Ma appena detto questo, una delle guardie che gli stava vicino dette uno schiaffo a Gesù (…) Gesù gli rispose: “Se ho parlato male, dimostra il male che ho detto; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?”» (Gv. 18, 19-20 22-23).

Il Cristo invoca forse un’ulteriore percossa al servo di Anna? No. Piuttosto ci insegna che il suo monito ci ricordava di non reagire con violenza alla violenza subita, di non ricorrere dunque mai alla vendetta: usiamo invece la ragione (dimostra il male che ho detto) che se fondata su verità non potrà che condurci a Lui, Via-Verità-Vita.

Il Cristianesimo non è una filosofia, tanto meno uno sciocco e poco chiaro moralismo, come buona parte dei fedeli nostrani vuole darci a bere. A costoro chiedo: dove avete riposto il coraggio? Dove la testimonianza del Giusto, oltre ogni conveniente compromesso? La testa di San Giovanni Battista è rotolata invano? Le sassate di Santo Stefano nulla hanno comunicato? La grata di San Lorenzo e la pira di Giovanna d’Arco quale insegnamento hanno fornito? Avrebbero forse dovuto rinnegare il loro Credo? Per voi forse sì. Perché per voi la Fede è un bel vassoio di frutta sempre fresca: oggi una mela, domani una pera, il giorno successivo una pesca magari. L’importante è che valga quello che piace lì, sul momento, a livello individuale. Sì. È questo che pensate. La Professione è una cosa individuale, privata, singola: dunque perché il crocefisso nelle aule dove si educa la persona? Ognuno lo appenda a casa propria su una bella parete, da spolverare ogni tanto, se la donna di servizio se lo rammenta.

Credete di essere liberi, ma invece non siete altro che i più incatenati dei prigionieri. Eh già, perché siete legati a doppio filo al temporale, alla vostra elevatissima coscienza, alla circostanza. E, mi dispiace per voi, i tempi trascorrono, le coscienze si spengono e le circostanze passano.

«Se perseverate nella mia parola, siete veramente miei discepoli; conoscete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv. 8, 31-32)

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