La partecipazione piena, attiva e consapevole alla santa Messa

I CINQUE PRECETTTI GENERALI DELLA CHIESA
 
PRIMO PRECETTO: PARTECIPERAI ALLA SANTA MESSA TUTTE LE DOMENICHE 
E LE FESTE COMANDATE
 
 
 
LA PARTECIPAZIONE PIENA, ATTIVA E CONSAPEVOLE ALLA SANTA MESSA
****
LE FESTE COMANDATE
 
 
Nell'articolo precedente abbiamo ricordato le forme (ordinaria e straordinaria) di celebrazione della santa Messa nel rito latino. Dobbiamo ora occuparci di specificare a quali condizioni la partecipazione alla santa Messa è fruttuosa, ovvero non si limita a un semplice formale adempimento di un obbligo ma reca copiosi frutti di santificazione nell’anima, cosa che corrisponde in pieno alle intenzioni di Colui che ha "inventato" questo autentico prodigio per la nostra santificazione.
Prima di occuparci di questa partecipazione, che dal Concilio Vaticano II è stata definita “piena, attiva e consapevole”, dobbiamo specificare quali sono le altre “feste comandate” oltre le domeniche, onde puntualizzare l’esatta determinazione dell’obbligo canonico. Nell’attuale calendario e disciplina della Chiesa, le feste di precetto sono le seguenti: il primo Gennaio, solennità di Maria Santissima Madre di Dio (purtroppo non di rado dimenticata a causa delle “para-liturgie mondane” del 31 Dicembre…); l’Epifania del Signore (6 Gennaio); la solennità dell’Assunzione (15 Agosto); la solennità di Ognissanti (1 Novembre); le solennità dell’Immacolata (8 Dicembre) e del Natale (25 Dicembre).
Vediamo ora alcune indicazioni per una fruttuosa partecipazione al santo Sacrificio della santa Messa. E' anzitutto sommamente raccomandabile non solo arrivare puntuali, ma possibilmente qualche minuto prima, per avere il tempo di raccogliersi e prepararsi "distaccandosi" (almeno nel cuore e nei pensieri) dalla routine e dal vortice delle occupazioni (e spesso preoccupazioni) della vita quotidiana. In Chiesa va osservato un degno contegno esteriore, che significa abbigliamento adeguato e dignitoso, compostezza nei gesti e nella postura, osservanza delle norme liturgiche circa la posizione da tenere nei singoli momenti della santa Messa: in piedi, in ginocchio, o seduti. Non bisogna tacciare frettolosamente queste indicazioni di "fariseismo" o "mera esteriorità", perché, come abbiamo già avuto modo di rilevare in altra sede, l'antropologia cattolica rispetta l'unità essenziale e sostanziale tra corpo e anima, per cui, ordinariamente, l'esteriore manifesta l'interiore e, a volte, lo aiuta e lo plasma. Se la liturgia mi dice di stare in ginocchio durante la consacrazione, è perché vuole che io adori il mistero del Verbo che discende sull'altare per la mistica immolazione. Questa posizione dovrebbe esprimere l'atteggiamento interiore di somma ed estrema riverenza, ma qualora questa fosse impedita da pensieri  e distrazioni, la postura esteriore aiuta l'anima a rientrare in sé, raccogliersi e rendersi conto di quello che accade. Similmente lo stare seduti durante la liturgia della parola serve a favorire la concentrazione nell'ascolto, che deve essere accogliente e riverente, di Dio che ci parla e della voce del suo ministro che spiega, attualizza e spezza la Parola proclamata e così via. Abbiamo detto che anche l'abbigliamento deve essere adeguato e dignitoso, ovvero osservare i canoni anzitutto della decenza e poi anche della modestia e di una sobria eleganza. Chi di noi, se dovesse essere ricevuto dal Presidente della Repubblica, ci andrebbe in ciabatte e shorts? Quale donna oserebbe presentarsi davanti al Papa sbracciata, scollata o sgambata? Pensiamo sempre, chiosando le parole che nostro Signore disse paragonandosi a Salomone, che ben più del Papa e del Presidente della Repubblica c'è dinanzi a noi nelle nostre Chiese! E come sarebbe estrema scortesia (per non dire maleducazione o cafonaggine) arrivare in ritardo ad un appuntamento col Presidente del Consiglio, non si vede come mai con tanta leggerezza le porte delle nostre chiese continuino, fastidiosamente, ad aprirsi e chiudersi fino alla liturgia offertoriale. (e, talora, anche oltre). Possibile che nostro Signore non meriti nemmeno un po' di buona educazione e bon ton?

 

Durante la santa Messa, oltre che essere sempre attenti e presenti ai vari momenti del rito, evitando di chiacchierare, ridere, distrarsi o girovagare con la testa e con gli occhi, bisogna partecipare attivamente alle preghiere da dire e recitare: le risposte date al sacerdote, il Confiteor e il Gloria, il Sanctus, le acclamazioni varie e, dove eseguiti, partecipare ai canti liturgici. Ovviamente il massimo del raccoglimento e della partecipazione interiore spetta (checché ne pensi più di qualcuno) alla seconda parte della Messa, dove la presenza di Dio si fa vera, reale e sostanziale. Se poi si è nelle condizioni di poter prendere parte alla santa comunione, si badi di curare anche la preparazione prossima a questo momento, per il quale mi permetto qualche consiglio di natura prettamente personale, imparato dalle tradizioni delle nostre nonne. All'Agnus Dei è bene (anche se non più prescritto nel Novus Ordo) mettersi in ginocchio e, prima di alzarsi per mettersi in fila, recitare l'atto di dolore, per purificare la nostra anima anche dalle più piccole macchie e da eventuali distrazioni o piccole irriverenze compiute durante la sacra liturgia. Durante il tempo in cui si sta in fila è quanto mai opportuno risvegliare il desiderio e la consapevolezza di Chi è Colui che si sta per ricevere, moltiplicando brevi comunioni spirituali del tipo: "Gesù ti amo, nel mio cuore ti bramo", oppure: "Gesù amore, vieni nel mio cuore". Questo per meglio risvegliare la nostra mente ed eccitare i nostri affetti nel preparare una degna accoglienza al Re dei re. Ribadisco in questa sede che, pur essendo fino ad oggi consentito dall'attuale disciplina ecclesiale – anche se in via di indulto – ricevere la sacra particola in mano, questa prassi appare molto pericolosa e poco consona ad esprimere l'adorazione dovuta a Colui che riceviamo, per cui è preferibile e consigliabile attenersi alla tradizione millenaria della Chiesa di ricevere l'Ostia direttamente in bocca e – se e ove possibile – in ginocchio. Dopo la Comunione è bene inginocchiarsi e raccogliersi per un primo immediato ringraziamento al Signore, che è bene si protragga per almeno quindici minuti (tale è il tempo medio che impiega il nostro organismo ad assimilare la sacra particola, causando il venir meno della presenza reale di Gesù). E' quanto mai esecrabile la prassi di "scappare" via subito dopo la benedizione senza neanche fermarsi per il canto finale, così come, quando si è ricevuta la santa comunione, omettere il doveroso ringraziamento per il tempo appena indicato. Vorrei concludere con una parola sul segno di pace nel rito romano. Questo gesto ha carattere meramente simbolico e non deve diventare occasione di distrazione proprio prima della comunione. Basta scambiare la pace col vicino senza esagerare nel voltarsi o andare a cercare chissà chi. A parer di chi scrive, vivendo così la santa Messa, si ha la possibilità di trarne copiosi frutti anche nella nuova forma, che – effettivamente – se mal compresa (o mal vissuta) potrebbe ingenerare o favorire qualche dissipazione o distrazione. Spetta all'ars celebrandi del sacerdote, ma anche all'actuosa participatio dei fedeli, fare in modo di vivere in maniera sacra, santa e dignitosa anche questa nuova forma di celebrazione della santa Messa, conservandone integra e intatta, l'intrinseca, immutabile e infallibile forza  e potenza santificatrice.
 
 
Postato  da 
     
Precedente LA SANTA COMUNIONE IN MANO? NO, ASSOLUTAMENTE NO!!! Successivo Andamento lento: andiamo verso una Chiesa con tre pontefici, due “emeriti” e uno eletto? Quello del “Papa Emerito” è un istituto che al momento non esiste