Madre Elvira e la famiglia dei risorti

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La storia della Comunità Cenacolo, che libera dalla schiavitù delle droghe e fa risorgere corpi e anime dalla disperazione

Roma,  (Zenit.orgAntonio Gaspari | 55 hits

Si può risorgere dall’inferno della dipendenza alle droghe? Possono la preghiera e l’amore curare corpo e anime disperate? Come fa a credere nella preghiera uno che è schiavo delle droghe e che prova rancore verso il Creatore? E come si fa a convincere chi è schiavo della tossicodipendenza a offrire le proprie sofferenza per la salvezza delle anime? Chi è in grado di sciogliere cuori induriti, ridare il sorriso a genitori disperati, ristabilire relazioni di amore con chi ha tradito fino all’inverosimile?

 
A queste e ad altre domande hanno risposto Suor Elvira e la Comunità Cenacolo, testimoniando con parole e azioni come sofferenza e servizio sono le strade su cui cammina la Misericordia di Dio, che libera e risuscita a vita nuova anche coloro che vivono nel buio più profondo tra freddo e disperazione. Rita Agnese Petrozzi, più conosciuta come Madre Elvira è una che si considera la più povera tra i poveri.

Nel libro L’abbraccio (ed. San Paolo), Elvira racconta di aver frequentato la scuola fino alla terza elementare, ma la sua università è stata, fin da piccola, la sofferenza vissuta cristianamente e il servizio alle persone che gli stavano accanto. Una donna appassionata che per 28 anni ha fatto la cuoca e le pulizie, una donna – dice lei – “appassionata della scopa e delle pentole, del fratello povero e della cappella”, una che crede nel vero, nel buono e nel bello che il Signore ha messo nel cuore di ogni uomo.

Si definisce come una donna di azione e non di tavolino, una donna che prega in ginocchio e che corre con i poveri, con i ciechi, con i sordi,con i muti e gli storpi. La carità è la sua vita. Una donna che ancora oggi a 77 anni ogni giorno si stupisce, si meraviglia nel contemplare le opere di Dio. Nata in una famiglia numerosa e poverissima, ha spiegato: “Sono ricca perché sin da bambina i sacrifici mi hanno insegnato a donarmi e a servire, a sorridere e superare le difficoltà senza fare il ‘broncio’ senza poter dire ‘non ce la faccio’ contenta di trovarsi ancora alla scuola di vita del servizio”.

“Tutto quello che ho imparato nella vita l’ho imparato servendo”, ha ribadito. La sua famiglia nell’immediato dopoguerra si è trasferita da Sora, in provincia di Frosinone, fino a Alessandria, in Piemonte. Fin da piccola ha avuto poco cibo, ma sempre condiviso. Diceva la mamma: “Ricordati Rita, che le bocche sono tutte sorelle. Tu non puoi mettere in bocca qualcosa senza farne dono alle altre”. Adesso Elvira dice di aver capito che la povertà, se vissuta con coscienza, “è libertà”, perché ti permette di capire che le persone vengono prima delle cose, prima della ricchezza, prima delle ambizioni…

“Con la povertà si sperimenta che la vita vale più delle cose”, ed ha aggiunto “sono contenta di essermi alzata da tavola sempre con tanta fame, perché tutto questo mi ha educato al sacrificio”. Quando in famiglia crescevano le difficoltà suor Elvira sentiva sua madre che diceva “Santa croce di Dio, non ci abbandonare!”, così ha cominciato ad amare la Croce ed ha trovato la forza nella Croce. “Ho capito – ha sostenuto – quanto sia importante nella vita imparare a vivere e amare la Croce per vivere bene tutto il resto”. A 19 anni ha lasciato la famiglia con sofferenza, ma l’amore verso Gesù, il figlio del falegname di Nazareth è stato così forte che l’8 marzo del 1956 è entrata in convento nelle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret a Borgaro Torinese.

In quel convento Rita Agnese è diventata suor Elvira. Per 28 anni ha svolto vari servizi, gli riusciva piuttosto bene fare la cuoca, ed era felice di far sta bene gli altri. All’inizio degli anni ‘80 gli è si acceso un fuoco nel cuore. Soffriva nel vedere tanti giovani disperati ed in preda agli effetti di droghe, vagare per le strade per le piazze. Li vedeva tristi e morti nel cuore, senza prospettive. Cominciò a pregare intensamente per la loro salvezza, ed ha iniziato a chiedere ai superiori di far qualcosa per quei ragazzi. All’inizio non è stata compresa, poi un giorno gli hanno detto “va bene, vedi cosa puoi fare”.

In mezzo a tante difficoltà ma con l’intercessione di Maria e l’assistenza continua della Misericordia di Dio, il 16 luglio 1983 a Saluzzo, Madre Elvira ha fondato la Comunità Cenacolo. Da allora  ha liberato migliaia di ragazzi che erano vittime della tossicodipendenza e della disperazione, ha fatto riconciliare famiglie, ha convertito cuori induriti, ha visto crescere vocazioni in persone che erano destinate a vivere e morire  miseramente.

Oggi sono sessanta le case di accoglienza della Comunità Cenacolo presenti in 18 Paesi nel mondo. Nel 2009 la Comunità Cenacolo è stata riconosciuta dal Pontificio Consiglio dei Laici come Associazione Privata Internazionale di Fedeli di Diritto Pontificio. All’interno della Comunità è sorta anche la famiglia religiosa femminile delle Suore Missionarie della Risurrezione.

Nell’introduzione al libro la Comunità Cenacolo ha scritto: “Siamo una comunità di poveri, di peccatori, di gente fragile e ferita, di persone un tempo morte e oggi risorte, che desidera attraverso queste povere ma vere parole, testimoniarvi, con infinita gratitudine, l’immensa Misericordia di Dio per Noi. Pregate per noi. Grazie!”.

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