Albania, i Gesuiti: il Papa risanerà le ferite di una Chiesa in crescita

17/09/2014 

 

Tirana

TIRANA

Imperatori sulla visita di Francesco nel Paese più musulmano d’Europa (Turchia a parte): aiuterà la memoria del martirio in prospettiva islamo-cristiana di Fausti

STEFANO FEMMINIS
ROMA

All'alba del 4 marzo 1946, nel cielo di Scutari risuonarono ripetuti colpi di fucile. Otto uomini si accasciarono lungo il muro del cimitero cattolico. Fra loro, due gesuiti: Daniel Dajani, rettore del locale Seminario pontificio, e Giovanni Fausti, viceprovinciale della Compagnia di Gesù in Albania. Agli occhi del neonato regime comunista di Enver Hoxha, i religiosi erano intollerabili simboli della presenza "straniera" nel Paese balcanico, testimoni di una fede cristiana che doveva essere sradicata, benché presente qui fin dal IV secolo.

La storia, pur attraverso indicibili sofferenze, ha dato torto a Hoxha e i Gesuiti, da più di vent'anni, sono di nuovo a Scutari e a Tirana, su esplicita richiesta di Giovanni Paolo II. Non molto lontano da quel muro, hanno aperto nel 1998 un grande Seminario che serve le sette diocesi del Paese, più gli albanesi di Kosovo e Montenegro. A esso si aggiunge un collegio in grado di accogliere fino a seicento alunni. Nella capitale, invece, si è sviluppata una parrocchia molto estesa, con attività sociali soprattutto in periferia.

Con una presenza così radicata, i Gesuiti – che in Albania sono ancora perlopiù di origine italiana – godono di un punto di osservazione privilegiato sulla realtà sociale e religiosa del paese che si prepara domenica ad accogliere un Papa per la seconda volta nella sua storia, 21 anni dopo la visita di Wojtyla.

Il quadro tracciato da Mario Imperatori, gesuita ticinese a Scutari dal 2000, preside dell'Istituto di Filosofia e Teologia annesso al Seminario, è più che mai fatto di luci e ombre: «In questi due decenni c'è stata una grande mobilità non solo verso l'estero, ma anche all'interno, con un forte aumento della popolazione urbana (Tirana è passata da 200mila a oltre 800mila abitanti), mentre le montagne si stanno spopolando. L'economia è migliorata ma non è certo solida. Se è vero che l'agricoltura permette almeno di non morire di fame, altri settori, come l'edilizia, hanno basi molto fragili e in generale il divario tra ricchi e poveri è enormemente cresciuto. E sul versante politico, nonostante gli indubbi progressi nella legislazione, fatica ad affermarsi lo Stato di diritto a causa dell'effetto negativo combinato di una mentalità clanico-familiare e di un passato in cui l'unico attore economico-sociale era lo Stato-Partito».

Tuttavia non pesa solo il passato; anche il presente porta con sé grandi sfide, sociali e pastorali. Lo sottolinea Zef Bisha, 41 anni, l'unico sacerdote gesuita di nazionalità albanese: «Entrare in contatto con l’Occidente ha modificato usi e costumi degli albanesi, globalizzando la vita di tante persone. La Chiesa si trova ad affrontare questi cambiamenti accompagnando la gente nel trovare la propria identità in una società “liquida”».

Nelle settimane successive alla comunicazione del programma papale, c'è chi ha registrato voci di un certo malcontento a Scutari, la “capitale cattolica” del Paese, che non sarà visitata da Francesco. Voci a cui si sono aggiunte quelle di chi teme strumentalizzazioni politiche dell'incontro delle autorità con il Papa. Ma padre Imperatori minimizza: «Certamente al nord molti avrebbero gradito un passaggio del Pontefice, ma per i cattolici si tratta comunque di un momento di grazia, che li onora». Gli fa eco padre Bisha, che vive a Tirana ed è direttamente coinvolto nei preparativi: «Anche se il Santo Padre viene per un solo giorno, la sua visita risanerà le ferite e aprirà lo sguardo a una Chiesa semplice che vuole crescere».

L'Albania è anche il Paese più musulmano d'Europa (se non si considera la Turchia), e proprio su questo aspetto insiste Imperatori: «Dal mio punto di vista questo è l'aspetto più importante del viaggio di papa Francesco a Tirana. Potrà essere l'occasione per sottolineare il particolare pluralismo religioso albanese, ora riconosciuto anche nella legislazione da un Paese che nel 1976 introdusse l'ateismo di Stato nella Costituzione. Questo pluralismo è favorito dalla presenza, accanto a un islam sunnita di tradizione turca, anche di un islam di ispirazione sufi, quello dei bektashiani. L'esperienza albanese è interessante perché ha permesso di circoscrivere l'influsso dell'islam saudita e wahabita, e si spera che oggi possa isolare gli elementi fondamentalisti più pericolosamente diffusi in altre zone dei Balcani, per esempio in Kosovo. In questo contesto la visita del Papa aiuterà certamente anche a fare memoria del fatto che padre Fausti ha esplicitamente vissuto il suo martirio in prospettiva islamo-cristiana, come attestano i suoi diari».

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