Caro Giordano, ma che Papa hai visto?

 01-12-2014 

di Luigi Santambrogio

 

Ah ecco, ci pareva strano che nell’edizione domenicale di Libero, il quotidiano fondato da Vittorio Feltri e diretto da Maurizio Belpietro, mancasse il solito attacco a Papa Francesco. Ieri è toccato a Mario Giordano, première griffe del quotidiano belpietrista e cattolico doc. Certo, l’occasione era ghiotta: la preghiera di Bergoglio nella Moschea Blu di Istambul, insieme al gran muftì, senza scarpe e con le mani giunte rivolto verso La Mecca.

Giordano, che nella sua vita professionale ne ha certamente visti di tutti i colori (grillino ante litteram: da Grillo parlante nel Pinocchio di Gad Lerner a monello rompiballe e fustigatore degli stravizi della Casta per conto di casa Mediaset), pare invece non sopportare questa scandalosa visione: un Papa in preghiera in una moschea, mentre «l’imam recita i versetti del Corano». Ma ancor più raccapricciante è che nella location musulmana la faccia da padrone il Corano, «lo stesso che, poco distante da lì, gli islamici usano per eccitare le folle a squartare i cristiani, a impalarli e crocefiggerli». 

Ecco che allora la preghiera, meglio l' “adorazione silenziosa”, in quel luogo dove per Giordano normalmente i tagliagole dell’islam si danno appuntamento per raccontare ad Allah quanti infedeli hanno fatto fuori, diventa insopportabile gesto sacrilego nei confronti dei martiri cristiani trucidati dai killer dell’Isis e di resa incondizionata a «chi vuole piantare la bandiera del Califfato in piazza San Pietro». E non importa che Papa Francesco abbia recitato le sue preci in silenzio, dunque che nessuno possa sapere che cosa abbia detto e a chi. Tutti tranne lui, super Mario, certissimo che l’invocazione di Francesco, come quella del gran muftì che gli stava accanto, era diretta solo ad Allah. Mah, Giordano deve averlo letto nel pensiero papale o colto al volo qualche sua giaculatoria a mezza bocca attraverso il labiale.

Via, non scherziamo: non si può sempre fare la caricatura di chi ci sta antipatico perché ci piace vincere facile e demolire un fantasma costa meno fatica che discutere su cose reali. Nella valle del Giordano, Francesco è battezzato e bacchettato senza tanti complimenti. Con tanto di lezione ex cathedra sulla solita storia dei due islam, uno cattivo e l’altro buono. Il primo esiste e si vede, il secondo, invece, è un’invenzione del primo per turlupinare le anime belle e anche un  po’ imbecilli dell’Occidente. Può essere, ma se vogliamo arruolare Papa Francesco tra amici del giaguaro islamico, allora mettiamoci pure anche san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Ma lui, ci ricorda il feroce Mario, «in moschea si fermò in raccoglimento, ma non giunse le mani in preghiera». Dopo la traduzione del labiale, eccoci all’interpretazione del linguaggio corporale.

Certo, nel suo lungo pezzo l’opinionista di Libero scrive molte cose giuste e condivisibili, come il fatto che nel mondo islamico pochissimi hanno avuto il coraggio di condannare il Califfato e invitato alla mobilitazione contro i crimini delI’Isis. Che colpiscono anche gli stessi musulmani, almeno quelli che non si piegano alla versione politica del Corano degli sgherri di al Baghdadi. E allora, perché è così difficile vedere nel gesto del Papa in moschea la volontà di separare chi usa la religione e invoca Dio per ammazzare i nemici da chi, invece, sinceramente crede nell’esistenza di un Signore che sta sopra tutti gli uomini? No, per Giordano tutto questo è messinscena, retorica del dialogo a una direzione, incenso e mirra donati gentilmente in omaggio agli allocchi prima di decapitarli.

E così scorda (o lo fa apposta) che nella giornata precedente il Pontefice aveva condannato le persecuzioni dei cristiani e il terrorismo islamico, chiedendo ai musulmani il coraggio di denunciare i tagliagola: «In qualità di capi religiosi, abbiamo l’obbligo di denunciare tutte le violazioni della dignità e dei diritti umani. La vita umana, dono di Dio Creatore, possiede un carattere sacro. Pertanto, la violenza che cerca una giustificazione religiosa merita la più forte condanna, perché l’Onnipotente è Dio della vita e della pace». Do you remember mister Mario? Dimenticanza mica da poco per uno che ha fatto della caccia a furbetti e manipolatori la sua missione professionale.

Chiaro che al nostro Giordano in versione Fallaci, dialogo e trattative sono solo fumisterie levantine, che Papa Francesco se davvero non ci fa (ma lui ha forti dubbi ) allora ci è. Così, bisogna che qualcuno spieghi a Sua Santità come va il mondo, come i capi turchi lo stiano prendendo per i sacri fondelli e che se proprio insiste nel voler dialogare con l’islam, almeno ascolti chi sa come fare. Giordano si offre gratuitamente come consulente della Segreteria di Stato vaticana perché il Papa deve sapere che «per costruire i ponti ci vogliono due cose. Primo: bisogna che dall’altra parte non ci sia chi ti vuol sgozzare o annientare, altrimenti è un auto- gol. Secondo: bisogna che i pilastri siano saldi, tutti e due. E il dubbio è proprio questo: il pilastro dell’islam è saldo, quello dei non credenti pure. Ma il pilastro cattolico? È incerto. Barcollante. Sradicato». Giordano non lo dice, ma pare ovvio che a far “barcollare” il pilastro cattolico sia anche ciò che è avvenuto nella Moschea Blu di Istanbul, incontri «che avvicinano i tempi in cui rivolgersi alla Mecca non sarà più un gesto distensivo. Ma un comando del padrone islamico».

Alla fine, anche questa domenica Libero ha sistemato a dovere il Pontefice e lisciato comme il faut il pelo ai suoi lettori più intransigenti che quando sentono islam mettono mano alla scimitarra. C’è poco da ridere, il tema è serio ma non è arzigogolando sui disagi psico-politici e birignao da opinion maker col sopracciò leghista, che si contribuisce a fare chiarezza. Del resto, due giorni fa lo stesso Libero raccontava tutta un’altra storia sulla visita del Pontefice in Turchia. Titolo di apertura: “Francesco rovina la festa a Erdogan.  Il pontefice non si fa imbrigliare dal protocollo e ricorda ad Ankara: rispettate la Chiesa e gli ebrei”. Nel pezzo, Caterina Maniaci scrive: «Francesco arriva, distribuisce saluti e sorrisi, saluta amichevolmente i soldati, rende omaggio al mausoleo di Ataturk, elogia la Turchia in quanto Paese che sa accogliere le migliaia e migliaia di disperati in fuga dagli orrori della Siria e dell’Iraq, soprattutto i cristiani oggetto di un vero e proprio genocidio, “sono due milioni a fuggire”, scandisce Francesco. E poi spiega che i cristiani e gli yazidi, ma non solo, «hanno patito e tuttora soffrono violenze disumane a causa della loro identità religiosa. Sono stati cacciati con forza dalle loro case, hanno dovuto abbandonare ogni cosa per salvare la propria vita e non rinnegare la fede. La violenza ha colpito anche edifici sacri, monumenti, simboli religiosi e il patrimonio culturale, quasi a voler cancellare ogni traccia, ogni memoria dell’altro». E ancora: «secondo Bergoglio, «è fondamentale che i cittadini musulmani, ebrei e cristiani, tanto nelle disposizioni di legge, quanto nella loro effettiva attuazione, godano dei medesimi diritti e rispettino i medesimi doveri»… 

Allora, qual è il vero Francesco: questo che ci consegna la cronaca di Maniaci o quello dell’interpretazione sdegnata e arrembante di Giordano che lo vuole connivente con il nemico? Già, i fatti separati dalle opinoni, ma per un giornale come Libero tutto idee e commenti, questa regola non è certo il massimo. Vabbè, ciascuno fa e scrive quel che gli pare e piace (soprattutto al direttore). Ma non è questo il punto. Le tesi precotte possono anche apparire affascinanti o divertenti, ma nella loro fregola di spiegare il mondo con due palle e un soldo, rischiano di prendere grossi granchi e mollare dolorosi calci alla realtà. Che è sempre un tantino un po’ più complicata di quello che ci raccontano i maître à penser, anche della destra. Comunque, il bravo opinionista dovrebbe leggere almeno il giornale su cui scrive, tenere conto anche del lavoro dei colleghi prima di rifilare demagogia antipapale a buon mercato. Intendiamoci: noi della Bussola abbiamo sovente sottolineato certe ambiguità (Scalfari insegna) e “furbetti” silenzi che in diverse occasioni Papa Francesco ha in qualche modo autorizzato o incoraggiato. Ma un conto è la critica costruttiva, altro è la demolizione fine a se stessa. Caro Giordano, stavolta il tuo Grillo di Geova assomiglia troppo a quello di un certo Beppe da Genova. Peccato.

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