Chaput: “Giovanni Paolo II e Francesco, due sorprese di Dio”

30/04/2014  
 

 
Mons. Chaput con Papa Bergoglio

(©LaPresse)

(©LAPRESSE) MONS. CHAPUT CON PAPA BERGOGLIO

Intervista all’Arcivescovo di Philadelphia, di origini native americane, su Wojtyla: “Ha realizzato così tanto che spesso ci dimentichiamo la portata del suo impatto”

FRANCESCO SEMPRINI
NEW YORK

Charles Joseph Chaput è il nono e attuale arcivescovo di Philadelphia. È un Frate cappuccino conosciuto per la sua ortodossia. Membro della tribù dei “Prairie Band Potawatomi”, è il secondo nativo americano a ricevere l’ordinazione episcopale negli Stati Uniti e il primo Arcivescovo nativo americano. Conosceva bene Giovanni Paolo II e con lui ha condiviso uno dei momenti più importanti del pontificato.

In quali aspetti era diverso il pontificato di Giovanni Paolo II dagli altri? Da dove prende “forza” la sua canonizzazione?

“Giovanni Paolo II ha realizzato così tanto nei quasi ventisette anni che spesso ci dimentichiamo la portata complessiva del suo impatto. La maggior parte di noi ricorda il grande numero di visite pastorali a paesi in tutto il mondo. Ma Wojtyla è stato anche il papa scrittore e pensatore più prolifico che la Chiesa ha visto in molti secoli. La sua apertura alla comunità ebraica e il suo riconoscimento dello stato di Israele hanno trasformato le relazioni cattolico-ebraiche. È stato infaticabile nel suo impegno per avvicinare la Chiesa ortodossa e i cristiani protestanti. Con la sua sicurezza e il vigore missionario ha rinnovato l’identità cattolica. Ha appoggiato le comunità di rinnovamento cattoliche e i nuovi movimenti dinamici, ‘versando vino nuovo in otri nuovi’, per così dire. Ha rafforzato la vita intellettuale e morale della Chiesa con un’enorme mole di insegnamenti, libri, discorsi e documenti su tanti temi, dalla bioetica alla scienza, passando per la sessualità umana e la giustizia economica. Ha dedicato tutta la vita da sacerdote e vescovo alla difesa della dignità della persona umana e alla santità della vita umana dal concepimento fino alla morte naturale. Questo lo ha dimostrato con il suo impegno implacabile per i diritti dei senza-tetto, i poveri, i lavoratori e le lavoratrici, i malati e i nascituri.”

Lei era alla Giornata mondiale della Gioventù del 1993 a Denver, uno dei momenti più importanti. Cosa ricorda?

“Ricordo il suo incredibile dinamismo e senso d’umorismo. C’era un’enorme folla, ma non l’ha stancato. Al contrario: tutta quella gente lo ha riempito di energia e sembrava che i ragazzi lo rendessero più giovane con la loro presenza. I giovani intuivano che Giovanni Paolo li amava e gli rispondevano con entusiasmo.”

Possiamo dire che ha inventato le nuove generazioni, nel senso che ha riportato i giovani alla fede cattolica dopo tanti anni?

“Giovanni Paolo ha dimostrato che i giovani crescono meglio quando sono amati e sfidati in maniera incoraggiante. Anche quando è diventato un vecchio che lottava con la sua malattia, la gente si radunava attorno a lui. Giovanni Paolo II ha dato loro speranza ed è per questo che era così efficace nel cambiare e nobilitare le giovani vite”.

Lei è il primo arcivescovo di origine nativa americana: quanto è stata importante la visita fatta da Wojtyla alle tribù native indossando anche simboli di quella stessa comunità? Giovanni Paolo II ha avuto il coraggio di denunciare il genocidio dei nativi : che cosa ha significato per la comunità e il mondo in generale?

“Per i nativi americani, le parole e i gesti di Giovanni Paolo – che si identificava con l’esperienza nativa americana – erano elettrizzanti. Naturalmente stava solo illustrando un fatto evangelico: cioè quando Gesù Cristo è venuto a salvare tutti i popoli e le culture, e dunque la Chiesa esiste per includere persone di tutte le lingue, colori e origini. Giovanni Paolo ha reso universale il messaggio cristiano in maniera radicale ma autenticamente cattolica. Intendo ‘radicale’ nel senso originale della parola, riportando la Chiesa alle sue origini”.

Qual è il legame tra san Giovanni Paolo II e Papa Francesco?

“Entrambi sono state sorprese mandate da Dio. Nessuno se li aspettava. E nella stessa maniera in cui papa Francesco sottolinea l’importanza della misericordia, così Giovanni Paolo II ha fato della misericordia uno dei punti focali del suo pontificato, prima con la sua enciclica ‘Dives in Misericordia’ e poi introducendo la Domenica della Divina Misericordia nella Chiesa universale. È molto appropriato che Francesco abbia canonizzato Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II lo stesso giorno della festa introdotta dal papa polacco”.

Ha qualche ricordo o episodio in particolare che vorrebbe condividere riguardo Giovanni Paolo II?

“Ho dei ricorsi vividi delle visite ‘ad limina’ con Giovanni Paolo II – le visite periodiche che ogni vescovo diocesano deve fare alla Santa Sede – in particolare quella prima del 1988. Ero appena stato ordinato vescovo quando sono arrivato a Roma per offire la mia rendicontazione. Giovanni Paolo II è stato straordinariamente gentile. Ha scherzato un po’ con me e con gli altri vescovi dicendo che ero troppo giovane per essere vescovo anche se sapevamo bene entrambi che io avevo cinque anni più di lui quando è stato nominato vescovo. Era anche molto interessato alla vita della Chiesa statunitense. Ho avuto quattro visite ad limina  con Giovanni Paolo II e ognuna di queste è stata un momento privilegiato, non solo perché era Papa ma per la grande umanità e bontà che ha caratterizzato il suo ministero. Nessuno che lo ha conosciuto potrà mai dimenticarlo”.

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