«Gesù», «Tutto/tutti»: le parole più frequenti di Francesco

30/10/2013 

 

 

Papa Francesco (LAPresse/Ap Photo)

IN PIAZZA SAN PIETRO

 

Il settimanale «Vita. Non profit magazine» sta per pubblicare una ricerca sulle espressioni più usate dal Papa. Vatican Insider ne anticipa i contenuti

ANDREA TORNIELLI
CITTÀ DEL VATICANO

La ricerca sulle parole del Papa sarà in edicola fra una settimana, mercoledì 6 novembre: il settimanale non profit «Vita» ha realizzato una ricerca sulle espressioni usate con più frequenza da Francesco, dal momento dell'elezione fino allo scorso 10 ottobre.

«Le parole di Papa Francesco – scrive il direttore Giuseppe Frangi – hanno questa caratteristica: fanno corpo con il personaggio. Dicono tanto, quasi tutto di lui. Ne scolpiscono la figura, agli occhi del mondo, non solo di chi crede. Anche la statistica lo conferma: abbiamo raccolto i discorsi pronunciati dal papa sino al 10 ottobre, separandoli anche in diversi contenitori per tipologie – le udienze, gli angelus, le prediche i discorsi nei viaggi – e abbiamo iniziato ad azionare i contatori. Ogni volta ne emergeva una conferma coerente. Il papa è quel che dice. Qualche risultato sintetico rende l’idea. "Gesù" a parte, il termine più ricorrente è "tutto/ tutti"».

Sulle 106mila parole pronunciate dal Papa fino a quella data, esclusi i testi solo scritti come messaggi o l’Enciclica a quattro mani, sono 963 le ricorrenze. Cioè una ogni 110 parole. «Tutto – tutti» più che una visione delle cose, è un presupposto di ogni altra parola, è la chiave che Bergoglio usa per abbattere i recinti e per aprire le porte.

Anche nelle omelie di Santa Marta la frequenza di «tutto – tutti» è confermata: 316 ricorrenze.

Un altro aspetto che emerge dalla ricerca riguarda la frequenza dei punti di domanda, che diventano «dei significanti pregni di significato, né più né meno di una parola». Francesco procede sempre per domande. «Incalza con domande – scrive "Vita" – se stesso e chi lo ascolta… I punti interrogativi sono 614, prediche di Santa Marta escluse».

«Camminare» e «andare» sono altre parole con una frequenza di ricorrenze altissima (rispettivamente 217 e 252), in particolare nei discorsi delle udienze, quando il Papa fa catechesi: quindi «sono verbi – osserva il direttore di "Vita" – che diventano una chiave di lettura dei testi biblici. Il cristianesimo di Papa Francesco è essenzialmente un camminare, un andare. È, come detto, un moto a luogo». Subito dopo si trovano i verbi che sono conseguenza logica di quei primi due: «uscire», «seguire». L’“andare” di papa Francesco – osserva Frangi – «non è un percorso interiore, ma è un “andare” concreto, in particolare verso quelle zone del vivere che sono rimaste ai margini, le “periferie dell’esistenza”, gli “scarti” altre parole che vengono usate con un’incisività che richiama la carne di chi le ha subite».

C’è poi molto «vedere», «guardare», «ascoltare» e «sentire». La ricerca di «Vita», che sarà corredata da molte tabelle con le ricorrenze e le statistiche, analizza anche le parole-no, dedicate agli atteggiamenti dai quali Papa Francesco mette in guardia. «Chiacchiere», «lamento» hanno un’incidenza statistica significativa, con 42 e 37 ricorrenze.

Tra le novità più significative che emergono dalla ricerca di «Vita» c'è anche la tendenza del Papa a creare neologismi. Nell'intervista con padre Spadaro pubblicata su «La Civiltà Cattolica» Francesco ha detto: «E la preghiera è sempre per me una preghiera “memoriosa”, piena di memoria». «È un neologismo – scrive il direttore Frangi – che dice bene di che pasta sia fatta la preghiera: memoria di una storia, di benefici avuti, ma soprattutto del fatto che "io posso dimenticarmi del Signore, ma so che lui non si dimentica mai di me. Ma soprattutto so che il Signore ha memoria di me"».

Parlando ai ginecologi cattolici, il 20 settembre, il Papa non ha inventato un vero e proprio neologismo ma ha fatto ricorso ad una straordinaria definizione caduta in disuso: «Un tempo, alle donne che aiutavano nel parto le chiamavamo “comadre”’: è come una madre con l’altra, con la vera madre, no? Anche voi siete “comadri” e “compadri”». Per non parlare del verbo spagnolo «primerea», usato per meglio rendere il fatto che Dio viene prima, anticipa ogni azione umana. «Il neologismo – conclude Frangi – è sintomo di due cose. Primo, che per lui la creatività è una componente trascinante nell’azione missionaria e pastorale. Secondo, che l’affacciarsi di Dio nella realtà segue modalità che a volte non hanno un riscontro in parole adeguate. È un sommovimento che sommuovendo la vita finisce per forza con il sommuovere anche la lingua». 

 
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